Una banca nei Caraibi, un alleato di Putin e la Media company dell’ex presidente Usa Donald Trump. Sono questi gli elementi al centro delle indagini della procura di New York.
Il tycoon, anche se non è indagato in prima persona, potrebbe comunque subire un altro duro colpo alla sua immagine, ora che è impegnato nella campagna elettorale per la rielezione alla Casa Bianca nel 2024.
Altra inchiesta e altra nuova ipotesi di reato. L’ex presidente statunitense Donald Trump è finito ancora una volta nel mirino della giustizia. Questa volta non in prima persona, bensì attraverso la sua società di social media.
La procura federale di New York ha avviato un’indagine nei confronti della Trump Media, ossia l’azienda proprietaria della piattaforma Truth Social, creata dal tycoon subito dopo essere stato temporaneamente interdetto dai ben più noti Twitter, Facebook e Instagram.
Ora riammesso, era stato sospeso per due anni dopo che sui social aveva inneggiato alla rivolta, sostenendo l’infondata tesi delle elezioni rubate nel 2020. Il 6 gennaio 2021 i suoi sostenitori avevano poi fatto irruzione nel Campidoglio a Washington e anche quel giorno Trump aveva continuato a incitarli, nonostante la spirale di violenza già innescata.
Gli inquirenti stanno indagando sulla possibilità che il network abbia violato le norme sull’antiriciclaggio di denaro accettando un prestito da 8 milioni di dollari. Inoltre il sospetto è che questa somma di denaro possa provenire da entità illecite che hanno legami con la Russia.
L’avvio delle indagini risale allo scorso anno ma è stato reso noto solo ora. A darne conto è stato l’inglese The Guardian, venuto a conoscenza della vicenda grazie a alcune fonti. Inizialmente l’inchiesta si era concentrata sulle operazioni preparatorie che avrebbero poi portato la Trump Media a una potenziale fusione con una società di assegni in bianco chiamata Digital World, a sua volta in precedenza sotto osservazione da parte della SEC, l’ente americano di vigilanza della Borsa.
Dopodiché l’attenzione della procura si è estesa su due prestiti, per un totale di 8 milioni di dollari, concessi alla società di Trump attraverso i Caraibi. La provenienza del prestito è poco chiara. Sembra che dietro i denari si celino delle entità opache controllate in parte da un parete di un alleato del presidente russo Vladimir Putin, secondo quanto riportato dal giornale inglese Guardian.
La prima parte del prestito, proveniente da una banca con sede in Dominica, sarebbe arrivata quando la società era sull’orlo del collasso. Dietro all’istituto di credito caraibico, che tra i clienti annovera anche società dell’industria del porno, ci sarebbe un parente di Aleksandr Smirnov, un uomo alleato di Putin che fino al 2017 ha lavorato nell’ufficio centrale del governo di Mosca.
La fusione delle due società potrebbe inoltre slittare a causa dell’indagine in corso. L’operazione permetterebbe alla Trump Media di ottenere un capitale fino a 1.3 miliardi di dollari oltre alla quotazione in borsa.
Le eventuali responsabilità sono ancora tutte da accertare. Tuttavia questa ulteriore indagine potrebbe offuscare ancora di più l’immagine di Trump, impegnato nella campagna elettorale per le elezioni presidenziali del 2024.
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