Nel 2016, contro ogni pronostico, la Premier League, uno dei campionati più belli del mondo, è stata vinta a sorpresa dal Leicester di Claudio Ranieri, che poi è stato esonerato, è tornato a Roma, e ora allena il Cagliari (in Serie B). Quest’anno, un sogno simile a quello dei The Foxes pareva potesse diventare realtà per l’Arsenal, a cui manca il titolo di campione d’Inghilterra dalla stagione 2003/2004.
Dopo un campionato passato ai vertici della classifica – di fatto sono ancora primi -, gli uomini di Mikel Arteta sono arrivati alla sfida di ieri contro il Manchester City, che insegue ma manco tanto, con soli cinque punti di distanza e con due partite in più disputate, e quindi anche potenzialmente secondi.
Malgrado la scaramanzia del tecnico catalano dei Citizens, Pep Guardiola – con cui Arteta ha iniziato ad allenare, per giunta – che ha sottolineato come i Gunners siano ancora primi in classifica come lo sono stati da quando è iniziata la stagione, dopo la partita di ieri, vinta 4-1 dagli inseguitori e in cui il marziano Erling Haaland ha messo ovviamente la firma, la distanza si è accorciata ulteriormente, arrivando a soli due punti, ma con l’Arsenal che deve giocare ancora solo cinque match fino al 28 maggio, e se dovesse vincerli tutte arriverebbe a 90 punti, mentre il City sette, arrivando a 94.
Certo, non è così scontato che i secondi (al momento) riusciranno a rimanere concentrati e vincenti fino alla fine, considerato che si stanno giocando anche un’entrata in finale di Champions League contro il Real Madrid, e sono già in finale di Fa Cup contro i “cugini” dello United – che comunque è in programma per quando la Premier sarà finita da una settimana, ovvero il 3 giugno -, ma se anche dovessero perdere dei punti per strada (sono concessi ancora o due pareggi o un pareggio e una sconfitta o una sconfitta) gli undici dello spagnolo dovranno macinare solo vittorie, che però mancano dal primo aprile.
È questo il paradosso, o semplicemente la chance sprecata dai londinesi del quartiere di Highbury: mai nessuno che occupava la prima posizione del campionato inglese, e quindi lanciatissimo per vincerlo, infatti, era arrivato a non vincere quattro partite di fila pur rimanendo al timone. È questo il paradosso perché sono stati loro, nei fatti, forse anche prima dello scontro decisivo, a far svanire quel sogno, e anche sul più bello.
Che sia parte della maledizione che raccontava anche il super tifoso dell’Arsenal Nick Hornby in Febbre a 90, che sia come ha detto Miguel Delaney, capo commentatore sportivo dell’Independent, che il loro gioco è stato fatto ultimamente con esitazione e fretta, l’Arsenal sembra ricaduto in una spirale negativa che fa del club uno dei più ricchi e seguiti del mondo del calcio, ma anche uno dei meno vincenti, a differenza del Manchester City che, dal canto suo, potrebbe arrivare a fare il triplete in stagione (mai fatto da una società inglese), ma potrebbe conquistare anche la terza Premier League di fila e la quinta in sei anni (gli unici a essere riusciti a strappargliela sono stati quelli del Liverpool).
Ecco, c’è anche questa considerazione da fare, perché nell’anno in cui il Chelsea, nonostante i milioni spesi, sta andando piuttosto male, i Reds di Jurgen Klopp stanno affrontando una sorta di crisi del settimo anno, il Tottenham non è nella sua versione migliore, i Red Devils sono in fase di assestamento, così come il Newcastle, che però ha appena risalito la china grazie alla nuova proprietà (saudita), questa poteva essere la stagione giusta per l’Arsenal per trionfare, riportando nel quartiere nord di Londra un successo che mancava dall’anno degli invincibili, ovvero la squadra di Arsene Wenger, con Thierry Henry, Patrick Vieira, Robert Pires, ma anche Sol Campbell, Dennis Bergkamp e Cesc Fabregas, che nella stagione 2003-2004 concluse il campionato con un record: quello di non aver mai perso.
E l’allenatore storico dei Gunners, alla vigilia della sconfitta contro i Citizens, aveva spiegato cosa è successo ai giocatori, ovvero che “hanno smesso di fare quello che dovevano fare, nella maniera che li aveva portati a dominare il torneo“, e quindi, in parole più semplici, che a un certo, forse perché sono un team giovane e relativamente inesperto, non sono riusciti a buttare il cuore oltre l’ostacolo, hanno avuto paura di vincere.
Dal team giovane, alla stessa maniera, però, si potrà anche ripartire. In Europa – sono già qualificati in Champions League matematicamente -, e anche in Premier, perché oltre al supporto che ha chiesto anche Arteta dopo la sconfitta, con la speranza di “ritornare a fare quello che abbiamo fatto molto bene fino a qualche tempo fa“, l’anno prossimo il capitano, il norvegese Martin Ødegaard, che ha 25 anni, i due migliori marcatori, Gabriel Martinelli e Bukayo Saka, che insieme ne fanno 42, il portiere titolare, Aaron Ramsdale, che ne ha 24, il futuro è quasi scontato, anche al netto del fatto che di trentenni in rosa sono solo tre e soltanto uno di loro, l’ex capitano Granit Xhaka, gioca titolare.
E quindi magari sì, il sogno è svanito sul più bello – anche diversamente dal Napoli che da outsider è quasi riuscita a portare a casa uno scudetto che i tifosi, a luglio, mentre il ds Cristiano Giuntoli smantellava la squadra, non immaginavamo nemmeno -, ma non è tutto perduto, sia perché ci sono ancora delle partite da giocare, sia perché sono state messe le basi per pensare in grande, e per arrivare a giocarsela, fino alla fine, contro i marziani di Guardiola.
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