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Il testo della lettera di Andrea Agnelli ai dipendenti della Juventus

La Juventus è travolta da una vera e propria onda anomala. L’indagine Prisma e le ultime contestazione della Consob, che hanno fatto slittare per ben due volte l’assemblea degli azionisti, hanno portato il consiglio di amministrazione a dimettersi in blocco, compreso il presidente Andrea Agnelli. Proprio l’ormai ex numero uno bianconero ha deciso, dopo il comunicato ufficiale, di mandare anche una mail a tutti i dipendenti della società torinese che, con lui, ha conseguito il record di nove scudetti consecutivi.

Agnelli e Nedved -Nanopress.it

La serata è di quelle storiche per la Juventus e per tutti i tifosi bianconeri. Le dimissioni della dirigenza della Juventus, infatti, e la nomina di Maurizio Scanavino come nuovo direttore generale hanno totalmente stravolto il calcio italiano. A monte c’è l’inchiesta Prisma e a questo punto tutti i supporters bianconeri si chiedono quale possa essere il futuro della società. Intanto, ora è il momento delle spiegazioni e degli addii. E Agnelli ha deciso di scrivere una lettera ai dipendenti.

La lettera di Andrea Agnelli ai dipendenti della Juventus

Agnelli e Nedved -Nanopress.it

Ecco di seguito il testo della lettera che Andrea Agnelli e l’ormai ex cda della Juventus ha inviato ai dipendenti della società bianconera dopo l’annuncio delle sue dimissioni da presidente e di tutto i dirigenti.

“Cari tutti,

Giocare per la Juventus, lavorare per la Juventus; un unico obiettivo: Vincere.

Chi ha il privilegio di indossare la maglia bianconera lo sa. Chi lavora in squadra sa che il lavoro duro batte il talento se il talento non lavora duro. La Juventus è una delle più grandi società al mondo e chi vi lavora o gioca sa che il risultato è figlio del lavoro di tutta la squadra.

Siamo abituati per storia e DNA a vincere. Dal 2010 abbiamo onorato la nostra storia raggiungendo risultati straordinari: lo Stadium, 9 scudetti maschili consecutivi, i primi in Italia ad aver una serie Netflix e Amazon Prime, il J|Medical, 5 scudetti femminili consecutivi a partire dal giorno zero. E ancora, il deal con Volkswagen (pochi lo sanno), le finali di Berlino e Cardiff (i nostri grandi rimpianti), l’accordo con adidas, la Coppa Italia Next Gen, la prima società a rappresentare i club in seno al Comitato Esecutivo UEFA, il J|Museum e tanto altro.

Ore, giorni, notti, mesi e stagioni con l’obiettivo di migliorare sempre in vista di alcuni istanti determinanti. Ognuno di noi sa richiamare alla mente l’attimo prima di scendere in campo: esci dallo spogliatoio e giri a destra, una ventina di scalini in discesa con una grata in mezzo, un’altra decina di scalini in salita e ci sei: “el miedo escénico” e in quell’attimo quando sai di avere tutta la squadra con te l’impossibile diventa fattibile. Bernabeu, Old Trafford, Allianz Arena, Westfallen Stadium, San Siro, Geōrgios Karaiskakīs, Celtic Park, Camp Nou: ovunque siamo stati quando la squadra era compatta non temevamo nessuno.

Quando la squadra non è compatta si presta il fianco agli avversari e questo può essere fatale. In quel momento bisogna avere la lucidità e contenere i danni: stiamo affrontando un momento delicato societariamente e la compattezza è venuta meno. Meglio lasciare tutti insieme dando la possibilità ad una nuova formazione di ribaltare quella partita.

La nostra consapevolezza sarà la loro sfida: essere all’altezza della storia della Juventus.

Io continuerò a immaginare e a lavorare per un calcio migliore, confortato da una frase di Friedrich Nietzsche: ‘And those who were seen dancing were thought to be insane by those who could not hear the music’.

Ricordate, ci riconosceremo ovunque con uno sguardo: Siamo la gente della Juve!

Fino alla fine… Andrea”.

La lettera di Agnelli è un po’ stonata

Belle, per carità, le parole di Agnelli, dense di significato. Stonate, però. La storia, un calcio migliore per cui si continuerà a combattere, come però? Se tutto è stato mandato in frantumi da una scelta che, invece, dimostra quanto i valori siano solo l’ultimo obiettivo da perseguire.

Nove scudetti vinti di fila con i maschietti, cinque con le ragazze, uno stadio che sono stati gli unici a potersi costruire, qui, in Italia, mentre ci sono imprenditori che ci stanno provando da anni. E non c’è solo l’ultima inchiesta giudiziaria, in cui sono indagati, e quindi innocenti fino a prova contraria, a minare nel profondo la tenuta delle fondamenta di una società che è in mano alla famiglia dell’Avvocato, quella della Fiat, da sempre.

Ci sono i casi di Luis Suarez, in cui nessuno ha pagato, quello della ‘ndrangheta in curva, per cui l’ex presidente è stato inibito. C’è la Super Lega con Florentino Perez e il Barcellona. Di situazioni spiacevoli ne sono capitate, anche troppe, far finta di niente, far finta che sia stato qualcun altro a costringerli a dimettersi in gruppo, invece, è sbagliato.

Angel Di Maria – Nanopress.it

Perché c’è anche Cristiano Ronaldo, però, e lui pesa più di tutti, perché c’è una carta segreta in cui, pare, il fenomeno portoghese avrebbe preso 20 milioni di euro anche se se ne fosse andato, ma non registrati a bilancio. Non si parla di bruscolini, si parla di falso in bilancio, appunto, aggiotaggio dato che la società è quotata in borsa. Si parla di una sedia che scotta parecchio, e da cui tutti sono scappati dopo aver approvato un altro bilancio in cui il rosso è di quasi 250 milioni.

Altro che prendere Sergej Milinkovic-Savic alla Lazio per 50 milioni di euro. In casa Juventus, al massimo, ci si poteva permettere il suo compagno di Nazionale Dusan Vlahovic, arrivato a inizio anno dalla Fiorentina per 75 milioni di euro.

L’ultima volta che è successo, poi, era il 2006, e allora la giustizia sportiva aveva colpito come una scure mandando in Serie B, e per la prima volta, quelli che erano a tutti gli effetti i campioni d’Italia in carica. Stavolta non si potranno fregiare neanche di quello, perché è da due anni che non arrivano allo scudetto, e da più di uno che non vincono proprio nulla. E anche là, nessuno è esente da colpe.

Rimangono, è vero, i successi, anche le finali di Champions League perse contro quegli amici con cui si voleva fare una Lega di supereroi, e a invito. Rimane il museo, rimane i record, la storia. Resta anche il rammarico, però, che l’essere juventini non sia bastato, e anche se ci si riconosce con un solo sguardo.

Mariacristina Ponti

Nata nel lontano 1992, nel giorno più bello per nascere, a Cagliari. Dopo la maturità scientifica, volo a Padova e poi a Roma per studiare lettere. Nella Capitale poi rimango anche per il master in giornalismo. Tra stage a profusione, sempre nelle redazioni sportive, anche se il vero amore è sempre stato la politica, ho ancora da ritirare un tesserino da professionista.

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