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Il Texas ha reso obbligatorio un kit per gli studenti in caso di stragi

In Texas tutti i bambini che frequentano la scuola, dall’asilo alla terza media, dovranno avere un kit per il DNA e le impronte digitali da consegnare ai genitori in caso di ulteriori stragi.

Texas – Nanopress

Il fatto che il kit sia stato introdotto e reso obbligatorio in Texas ha scosso tantissimi genitori di studenti. L’assunto di base è questo: qualora dovessero perdere la vita e la loro salma non dovesse essere riconoscibile, con questo modo lo sarebbe comunque. Ecco che quindi madri e padri di bambini stanno cercando di ribellarsi a un sistema che, anziché prevenire le stragi, cerca solo di mettere una pezza dove può.

Texas: reso obbligatorio un kit di riconoscimento dei bambini in caso di strage

Negli ultimi anni ci siamo trovati inermi a leggere notizie di stragi negli USA in cui spesso, ahinoi, a essere coinvolti sono stati proprio i bambini. Possiamo citare un caso che risale al 24 maggio di quest’anno. Il luogo del terrore fu una scuola a Uvalde, in Texas in cui persero la vita 19 bambini e due adulti, di cui una maestra. L’artefice della carneficina fu Salvador Ramos, un giovane 18enne che entrò armato nell’edificio e uscì con 21 persone sulla coscienza. Quella fu è la seconda sparatoria più cruenta avvenuta in una scuola negli States. La prima risale al 2012, quando a Sandy Hook persero la vita ben 26 persone. 

Questi ovviamente sono solo alcuni esempi di quello che è accaduto negli anni e proprio per questo motivo nelle scuole in Texas ogni bambino dovrà avere un kit per il DNA e le impronte digitali da consegnare ai genitori in caso di massacro. L’assunto di base è questo: qualora dovessero perdere la vita e la loro salma non dovesse essere riconoscibile, con questo modo lo sarebbe comunque.

In tutto saranno quattro milioni di bambini a ricevere il kit entro la fine di ottobre: questo comprende un opuscolo di tre pagine intitolato “National Child Identification Program” (letteralmente Programma nazionale di identificazione del bambino). Sulla copertina c’è l’immagine di un’impronta digitale per far comprendere già quale sarà il contenuto delle pagine interne, che dovranno essere usate per i genitori per scrivere tutte le informazioni inerenti al figlio (sesso, dati anagrafici, descrizione fisica) e in più dovranno allegare un campione della saliva, che dovrebbe essere eventualmente usato per ricavare il DNA.
Kit – Nanopress
I quattro milioni di bambini vanno all’asilo, alle elementari e alle medie e questo ci fa rendere conto dell’età che hanno in media. Qualora a qualcuno di loro dovesse succedere qualcosa, l’opuscolo finirebbe nelle mani della polizia, che potrebbe così identificarne il corpo.

Perché è stata introdotta la legge

Il Texas ha approvato già un anno fa circa una legge che prevede che tutte le scuole consegnino agli studenti e alla loro famiglie il kit.
Tutto ha avuto inizio nel 2018, in seguito al massacro della Santa Fe High School. Erano le 7 e mezzo di mattina (ora locale) quando un 17enne, Dimitrios Pagourtzis, entrò nella scuola con indosso un impermeabile sotto cui nascondeva un fucile e una pistola. Da sotto, una maglia con scritto “Born to Kill” (“nato per uccidere”).
Secondo le ricostruzioni, Dimitrios entrò in un’aula in cui era presente anche la sua ex fidanzata, gridò “sorpresa” e iniziò a sparare, colpendo ben venti persone: dieci di queste persero la vita, le altre dieci rimasero ferite. Dopo aver fatto ciò, la sua intenzione, come disse alle forze dell’ordine, era quella di uccidersi, ma alla fine non ci riuscì.
A questa strage è seguita quella di Uvalde succitata e lì si aprì un ulteriore problema: come affermò uno dei medici legali incaricato di eseguire l’autopsia, le identità di alcuni bambini erano praticamente impossibili da individuare, perché i loro volti erano irriconoscibili dato che il killer li aveva colpiti ponendo la pistola a pochi centimetri da loro.
Detto ciò, l’assunto di base è questo: dal momento che il Texas consente a chiunque di circolare con delle armi da fuoco, l’unica cosa che può fare, non potendo impedire che ciò avvenga, è cercare di rendere almeno più facile l’identificazione dei corpi in caso di morti violente.
Ovviamente alcuni genitori di bambini, alla vista del kit, si sono dichiarati sconcertati, perché, come ha dichiarato uno di loro all’Abc13, un’emittente locale: “È come se lo Stato alzasse le mani e dicesse, ‘non possiamo fare niente per le armi, non cambieremo nessuna legge. Dunque, la cosa migliore è darvi la possibilità di identificare i vostri bambini in caso di incidente'”.
Ovviamente nessuno di loro sarebbe obbligato a usare il kit nel caso in cui dovesse accadere qualcosa, ma quello che li ha sconvolti è stato più che altro il punto di partenza. A dimostrazione di ciò, la madre di una bambina texana, intervistata dalla Nbc, ha detto: “Qui si mandano due messaggi: il primo è che il governo non farà niente per risolvere il problema. Il secondo è che noi genitori dovremo parlarne ai nostri figli e spiegare cosa può succedere. Mia figlia ha 7 anni, che cosa le dico?”.
Anche alcuni genitori di bambini morti nella strage di Uvalde si sono dichiarati assolutamente contrari a ciò che sta accadendo, considerando che a detta loro, bisognerebbe prevenire che stragi del genere avvengano ancora in futuro, non permettere che accadano e poi solo dopo trovare il modo per mettere una pezza al problema.
Ad oggi comunque Donna Campbell, la senatrice rappresentante repubblicana che ha firmato la legge, non ha voluto rilasciare alcuna dichiarazione. Staremo a vedere se in futuro emergerà qualche notizia in più al riguardo.
Anna Gaia Cavallo

Mi chiamo Anna Gaia Cavallo, ho 30 anni, sono nata a Salerno e lì ho vissuto fino ai miei 18 anni. Poi il viaggio verso Siena per l'università, la laurea in economia e gestione d'impresa e poi il ritorno nella mia città natale. Qui, dopo un anno di lavoro nel settore economico, ho capito che non era questa la strada giusta per me e ho deciso di seguire quella che era sempre stata la mia più grande passione fin da piccola: la scrittura. A quel punto ho lasciato tutto quello che avevo costruito nei sei anni precedenti e ho intrapreso un altro percorso, quello che mi ha portato a diventare giornalista. Iscritta all'albo dei pubblicisti della Campania dal 2019, dopo aver attraversato diversi mondi, sono approdata sul pianeta Nanopress nel 2022 come editor e qui amo occuparmi di cronaca e attualità, ma quando mi capita di scrivere di musica raggiungo il massimo del piacere.

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