Per risolvere la questione del voto dei fuorisede, oggi costretti a tornare alla residenza per esprimere il suffragio durante elezioni politiche e referendum, il Comitato Voto Dove Vivo presenta un nuovo progetto di legge a firma PD per consentire a 5 milioni di persone di votare dove hanno il domicilio.
Si tratta dell’adozione di un nuovo strumento chiamato voto anticipato presidiato. Ecco di che cosa si tratta, spiegato.
Riuscire a votare nel Comune dove si vive e non per forza in quello dove si ha la residenza. Una istanza partita da collettivi di giovani della società civile e che viene portata avanti da anni. Secondo i dati dell’Istat riguarda quasi 5 milioni di persone, pari circa al 12% dell’elettorato italiano. Sono i cosiddetti fuorisede, ossia chi per studio, lavoro o per motivi di salute ha il domicilio in una città ma risiede in un diverso Comune, ad esempio quello di nascita o dove si trova la famiglia. Ad oggi, al momento delle elezioni politiche e dei referendum, i fuorisede sono quindi costretti a tornare a casa per poter andare alle urne. Questo comporta un dispendio di tempo e denaro, come sottolinea chi si trova in questa situazione.
Lo scenario si ripeterà anche in occasione del prossimo appuntamento elettorale, vale a dire per le elezioni regionali in Lazio, Lombardia e successivamente in Friuli Venezia Giulia, Molise e provincia autonoma di Trento. E quando manca un mese al voto, il Comitato “Voto Dove Vivo” riaccende i fari sulla vicenda, riportando l’attenzione sulla campagna con cui da quattro anni tenta di far approvare una legge per permettere “l’esercizio del diritto di voto in un Comune diverso da quello di residenza, in caso di impedimenti per motivi di studio, lavoro o cura”. È infatti proprio questo il progetto di legge depositato alla Camera e al Senato nel corso di questa nuova legislatura.
“Ripartiamo con la raccolta firme per la petizione. Il nostro obiettivo è far votare i fuorisede alle elezioni europee del prossimo anno”. Così Thomas Osborn, membro del Comitato, ha rilanciato l’iniziativa nel corso di una conferenza stampa tenutasi oggi a Montecitorio.
A sostegno della proposta, come ha sottolineato il promotore del ddl al Senato – il dem Andrea Giorgis – nel corso del suo intervento, c’è “la volontà politica di tutto il Partito democratico”. Infatti scorrendo i nomi, tra i firmatari della PdL spiccano Simona Malpezzi e Debora Serracchiani, rispettivamente capogruppo Pd di Senato e Camera, così come anche quello dell’attuale segretario Enrico Letta e delle due candidate alla guida del partito: le deputate Paola De Micheli e Elly Schlein. Alla Camera la proposta è stata invece promossa da Marianna Madia.
“Abbiamo cercato di trovare una soluzione che rimuovesse gli ostacoli che oggi più di ieri rendono difficile la partecipazione politica”, ha spiegato il senatore Giorgis illustrando lo scopo del ddl. A fargli eco l’altra dem Chiara Gribaudo, che ha sottolineato come nella scorsa tornata elettorale ci siano state delle persone “che non sono state messe nelle condizioni di poter esercitare un diritto costituzionale”. Il riferimento è all’elevata astensione registrata dopo le ultime elezioni politiche.
Rispetto al precedente progetto di legge presentato nel corso della diciottesima legislatura – calendarizzato e poi finito in un nulla di fatto per via della caduta del governo Draghi – la novità è il voto anticipato presidiato, piuttosto che il voto per corrispondenza usato già dagli italiani all’estero. Si tratta di uno strumento che consentirebbe all’elettore domiciliato in un Comune diverso da quello di residenza, di esprimere il voto anticipatamente in un determinato luogo prestabilito, ma poi conteggiare il suffragio come se avesse votato nella circoscrizione di residenza perché è qui che la scheda verrà scrutinata. In questo caso il seggio dovrebbe essere istituito da zero, previa specifica richiesta del cittadino al Comune del domicilio, usando lo Spid.
La diversa strategia del Comitato recepisce così le indicazioni del libro bianco, un testo redatto nella scorsa legislatura da una Commissione di esperti per identificare e ridurre le cause dell’astensionismo involontario, quello cioè causato da impedimenti.
Non solo il Pd, anche il M5S ha presentato un progetto di legge simile sul tema. Più in generale, tutti gli esponenti parlamentari che hanno manifestato interesse verso quest’istanza, però, fanno parte di partiti che si trovano all’opposizione. Essendo quindi in minoranza, per poter sperare di portare avanti l’iniziativa dovranno necessariamente cercare la convergenza con forze politiche in maggioranza. Per il momento non c’è una data per la calendarizzazione del progetto. I promotori sperano di raccogliere un consenso trasversale entro un anno.
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