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Le donne presenti in piazza a Colonia durante il Capodanno sono le vere e uniche responsabili delle aggressioni nei loro confronti. La loro colpa è quella di aver indossato abiti occidentali, provocanti dunque – quando a essere considerati troppo provocanti sono anche i cappotti – e soprattutto si erano avvolte nel profumo, istigando così gli ”innocenti” uomini alle aggressioni nei loro confronti. Ad affermare ciò ci ha pensato Sami Abu-Yusuf, l’imam salafita di Colonia che, intervistato da una emittente russa, ha parlato degli uomini molestatori (descritti come arabi o nordafricani) come vere vittime, e delle donne che hanno subito violenza come adescatrici. Alla luce di queste dichiarazioni ci si chiede se sia davvero possibile una integrazione vera, una convivenza reale fra l’ala più radicale dell’islam e l’occidente, soprattutto per quanto riguarda il trattamento riservato alle donne.
Secondo l’Imam le donne che hanno subito le violenze a Colonia hanno provocato gli uomini, dunque le aggressioni nei loro confronti nella notte di Capodanno sono state inevitabili, giuste, ma soprattutto non se ne può fare una colpa agli uomini. Secondo l’imam le donne indossavano abiti occidentali, erano dunque mezze svestite, e addosso avevano profumi inebrianti che istigavano alla molestia.
La colpa della violenza nei confronti delle donne è dunque solo delle donne. Ecco che di fronte a dichiarazioni del genere si è portati a pensare che decenni di lotta per l’emancipazione femminile siano andati dritti dritti giù con lo sciacquone. In Occidente le donne hanno imparato l’importanza di rispettare se stesse e hanno lottato per ribellarsi al patriarcato e alla sottomissione in cui vivevano rispetto agli uomini. Nel mondo arabo la cultura imperante è maschile e maschilista, e nonostante nella società civile islamica ci siano degli esempi di persone che si ribellano a uno status quo inaccettabile, sono purtroppo ancora troppo poche le ”illuminate” col velo che riescono a uscire dal giogo degli uomini e ad affermare i propri diritti.
Qualcuno ricorderà, ad esempio, le molestie sessuali ai danni delle donne da parte delle forze dell’ordine egiziane (furono coinvolti agenti di polizia, della Sicurezza nazionale e dell’esercito) durante la primavera araba. La violenza sessuale in quel caso serviva per scoraggiare le attività dei dissidenti ed è risultata particolarmente efficace in una società in cui l’onore, in particolare quello delle donne, è cosa di famiglia e le cui conseguenze ricadono su genitori, mariti e fratelli (maschi).Tra le vittime degli abusi sessuali però non c’erano solo le donne, ma anche studenti e uomini facenti parte di organizzazioni non governative.
In Occidente quindi, la convinzione che la cultura islamica sia profondamente nemica delle donne è molto diffusa perché ci sono elementi storici ineluttabili che lo provano. Ma bisogna ricordare che – ad esempio – proprio in Germania durante gli anni ’80, una parte del movimento femminista si schierò contro l’ebraismo, considerata anch’essa una religione che giustifica il patriarcato e la violenza contro le donne, oltre che la pedofilia. Negli anni passati le femministe hanno in qualche modo messo in riga i maschi occidentali (anche se la violenza sulle donne anche in occidente è ancora ben diffusa e poco punita), mentre ora si trovano a dover gestire questa nuova ondata di radicalismo misogino, proveniente stavolta dal mondo arabo. La sfida per il futuro è più che mai aperta.
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