[didascalia fornitore=”altro”]Marie Terese Mukamitsindo premiata al MoneyGram Award – foto Facebook[/didascalia]
Tra il marasma di news su immigrazione mal digerita, su extracomunitari che delinquono, su porti che si aprono e si chiudono, registriamo anche una storia di immigrazione raccontata da Repubblica che lancia un messaggio positivo. La protagonista è Marie Terese Mukamitsindo, una donna che 22 anni fa scappò dalla guerra civile del Ruanda alla ricerca di fortuna in Italia. Oggi Marie Terese dà lavoro a 159 persone, tra assistenti sociali, psicologi, mediatori culturali, di cui ben 147 italiani, accoglie nei suoi centri 800 richiedenti asilo e ha vinto il MoneyGram Award come imprenditrice immigrata dell’anno.
Non tutto quel che luccica è oro, e probabilmente Marie Terese lo sapeva quando ha iniziato la sua avventura nel 1996 atterrando allo scalo romano di Fiumicino. Con lei i suoi tre figli di 5, 8 e 17 anni. Ma la sua famiglia si era lasciata alle spalle una cruenta guerra civile iniziata nel 1994 in Ruanda. E la voglia di provare a costruire qualcosa in un paese come l’Italia era tanta. I primi tempi sono difficili: Marie Terese e i sui figli finiscono in un centro d’accoglienza improvvisato vicino a Fregene. Racconta Marie Terese: “Dormivamo in un container freddissimo, poggiato a terra. Le docce erano distanti dieci minuti a piedi e l’acqua sempre ghiacciata. Dopo qualche mese mi ragiunse anche il mio quarto figlio.
Ma Marie Terese non aveva il permesso di soggiorno e riceve il foglio di via. Deve lasciare l’Italia. Ricorda la donna: “Oggi la gente è impaurita, impoverita, ostile ai migranti. Un tempo era più accogliente. Quando mi è arrivato quel foglio di via ero a Sezze, in provincia di Latina. Molti cittadini, che avevano imparato a conoscermi, proposero di fare una sottoscrizione e andare in questura per farmi avere i documenti“.
Per due anni resta “invisibile” e senza documenti. Poi nel 1998 ottiene l’asilo. Lavora coma badante, riesce a farsi riconoscere la laurea e si iscrive all’albo degli assistenti sociali. Nel 2001 realizza il suo primo progetto di accoglienza per donne sole con bambini. Poi nel 2004, con l’aiuto dell’Unhcr e della Comunità europea, apre a Sezze la cooperativa Karibu.
Nel 2005 festeggia la cittadinanza italiana: “Oggi tutti i miei figli sono italiani e sarebbe giusto che chiunque nasca e cresca qui lo sia: per questo quella dello ius soli era una riforma necessaria“. Marie Terese è una che ce l’ha fatta. Probabilmente i tempi erano diversi. Probabilmente ha ragione lei, oggi c’è maggiore ostilità. Ma i problemi sono anche aumentati e l’Europa rispetto ad allora è unita e deve lottare insieme. La cooperativa di Marie Terese tra case per minori e centri Sprar ospita oltre 800 migranti, con laboratori di lingua, corsi di cucina e di cucito, perché dice “l’assistenzialismo senza educazione è inutile“. Forse la più grossa verità.
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