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Il ministro Angelino Alfano, commentando le condizioni imposte dall’Unione Europea, ha detto chiaramente che una volta per tutte l’Europa si dovrebbe dimostrare aperta e solidale, perché, fino a questo momento, l’Italia ha dovuto affrontare tutto da sola. E da parte del nostro Paese arriva una controproposta rispetto alle condizioni fissate dall’UE. L’Italia vorrebbe che venissero trasferite dal nostro Paese in altri Stati almeno 25.000 persone. Inoltre chiederebbe 250 milioni di euro come contributo europeo per far fronte all’emergenza.
Già nel 2014 la gestione dei migranti è costata 630 milioni di euro e quest’anno si arriverà a superare gli 800 milioni di euro. Il sottosegretario all’Interno, Domenico Manzione, ha sottolineato che tutto dipende dalle risorse che l’Europa ha intenzione di offrire. Sulla cifra di cui inizialmente l’Unione Europea ha parlato ha assicurato che è assolutamente inadeguata.
Dopo l’ennesima tragedia del mare, l’Europa ha deciso di muoversi e varare un piano UE per l’immigrazione che aiuti l’Italia nella gestione di una situazione sempre più difficile. Il nostro Paese si sta facendo carico delle migliaia di disperati che affrontano il viaggio sulle carrette del mare spesso morendo tra le acque del Mediterraneo. L’Alto Rappresentante per la politica Estera, Federica Mogherini, si è mossa in anticipo in vista della riunione con il Consiglio di sicurezza dell’Onu per iniziare manovre distensive e avere l’approvazione dei membri permanenti non europei. Il piano prevede anche una politica anti scafisti con la richiesta di missioni nelle acque libiche allo scopo di trovare e colpire i trafficanti e i barconi “prima che siano usati”. Ci sono però delle clausole su cui l’Italia dovrà cercare di mediare perché il “commissariamento” delle strutture e delle polizie da parte dell’Unione è dietro l’angolo.
Il vertice urgente che si è tenuto dopo la strage nel canale di Sicilia ha portato a una presa di coscienza da parte degli altri Paesi europei che ora non possono più fare finta di nulla come in passato. Da qui la realizzazione di un piano comune per la gestione dell’immigrazione che il Commissario Dimitri Avramopulos ha preparato con un’Agenda per i capi di gabinetto attesa mercoledì al collegio dei Commissari per l’approvazione.
Il piano UE sull’immigrazione
Il piano messo a punto dopo il vertice tra i capi di Stato si articola in quattro punti.
Il primo prevede aiuto ai Paesi di origine e transito dei migranti, in particolare Eritrea e Niger da dove parte la maggior parte delle persone in fuga da dittature, guerre, terrorismo e carestie.
Il secondo punto riguarda il controllo delle frontiere a sud della Libia e nei paesi limitrofi. L’UE riconosce la necessità di aiutare lo sviluppo in Africa e di gestire meglio il flusso all’origine. Nessuno problema in vista, assicurano da Bruxelles: l’Europa, ricordano fonti europee, è già il primo donatore per la cooperazione e lo sviluppo con un bugdet di circa 20 miliardi. Il nodo da sciogliere è capire a chi e dove destinarli nel concreto.
Il terzo punto verte sulla lotta ai trafficanti di esseri umani con missioni di sicurezza e difesa dagli scafisti. Su questo è però necessario il sì del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. In termini diplomatici, si tratta pur sempre di operare in acque di Paesi sovrani e, senza l’assenso, il rischio di trasformare un’azione di sicurezza in una dichiarazione di guerra è dietro l’angolo. Il piano, messo a punto dall’Italia e presentato dalla Gran Bretagna, ha già ricevuto l’ok di Francia, Regno Unito, Spagna e Lituania e, secondo il ministro Paolo Gentiloni, dovrebbe arrivare a breve anche quello degli altri stati europei. La Russia dovrebbe acconsentire e senza mettere di traverso le sanzioni: da qui la mediazione della Mogherini al Palazzo di Vetro iniziata in anticipo per portare a casa tutti i voti necessari.
Il quarto punto è quello più difficile e controverso e riguarda la strategia per la ridistribuzione dei migranti con quote obbligatorie per tutti i Paese Ue e non più su base volontaria. La bozza prevede una suddivisione in base al Pil, alla disoccupazione, al numero di asili già concessi ed è il primo passo per superare il trattato di Dublino che dà al Paese di arrivo l’obbligo della gestione. Per attuarlo e superare l’ostacolo, la Commissione ha invocato per la prima volta l’articolo 78.3 del Trattato di Lisbona che recita: “Qualora uno o più Stati membri debbano affrontare una situazione di emergenza caratterizzata da un afflusso improvviso di cittadini di Paesi terzi, il Consiglio, su proposta della Commissione, può adottare misure temporanee a beneficio dello Stato membro o degli Stati membri interessati”. L’approvazione dal Consiglio è prevista a maggioranza, quindi nessun veto potrà bloccarla, ma poi dovrà passare per il Parlamento di Strasburgo e le cose potrebbero complicarsi vista la grande presenza di euroscettici che guardano a destra.
I punti critici contro l’Italia
Se l’Europa ha deciso finalmente di darsi da fare e “di non lasciare più sola l’Italia”, come dichiarato da Martin Schulz e dallo stesso Jean-Claude Juncker, non lo farà comunque senza nulla in cambio. La stessa Angela Merkel, dopo il vertice del 27 aprile, lo disse chiaro e tondo: sosterremo l’Italia ma tutto deve essere fatto secondo regole europee. Da qui la scelta di mandare su territorio italiano commissioni internazionali per il fotosegnalamente degli immigrati, con creazioni, sempre in Italia, di centri di smistamento dove chi arriva dovrà rimanere fino al termine della procedura.
Europol e funzionari europei di Frontex ed Easo (Ufficio europeo per i richiedenti asilo) lavoreranno a fianco degli uomini italiani per l’identificazione e le indagini sugli scafisti.
Le prime criticità erano arrivate dai tecnici del Viminale che vedevano in questo una sorta di “commissariamento” e che chiedevano certezze sulle future collaborazioni prima di accettare impegni.
Ancora più delicata la questione dei centri di smistamento che l’Italia dovrà garantire e dove i migranti dovranno rimanere fino al termine delle procedure di identificazione o di richieste d’asilo. Dall’UE promettono 60 milioni di euro per le strutture e il mantenimento degli ospiti, soldi che difficilmente basteranno. A questo si aggiunge la circolare del ministro Alfano che già prevede la creazione in ogni Regione di centri di smistamento e senza coordinamento a livello europeo. Il dubbio è che anche stavolta, tocchi all’Italia sobbarcarsi del grosso del lavoro.
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