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“Non è un’amnistia di massa. Si tratta di responsabilità e di misure di buon senso”. Barack Obama presenta agli Stati Uniti il decreto esecutivo sulla riforma dell’immigrazione che di fatto regolarizza 5 milioni di immigrati illegali, eliminando per loro il rimpatrio forzato con la garanzia di un permesso di soggiorno e di lavoro. Il presidente forza così la mano al Congresso che, dopo la vittoria alle elezioni di midterm, da gennaio sarà in mano ai Repubblicani in entrambe le Camere e si difende dalle accuse di “essersi comportato come un monarca”, piovute proprio dai Repubblicani. “Le misure che sto prendendo non sono solo legali, ma sono le singole azioni che ogni singolo presidente repubblicano e ogni singolo presidente democratico hanno preso nell’ultimo mezzo secolo”, ha ribattuto.
Il decreto presidenziale diventa così la più importante riforma dell’immigrazione degli ultimi 30 anni per gli Stati Uniti. Davanti alla Casa Bianca, mentre Obama parlava in diretta tv, una folla di immigrati ha festeggiato l’annuncio tanto atteso. Sono tante le comunità straniere che vivono da anni nell’ombra negli States, in particolare quella ispanoamericana che ha votato quasi in massa per il presidente democratico.
La decisione riguarda 5 milioni di persone sugli 11 milioni di immigrati irregolari: non è quello che Obama avrebbe voluto con la riforma dell’immigrazione, al centro del suo programma fin dal 2008, ma è stato il massimo che è riuscito a ottenere, con un Congresso che è sempre stato a metà e che ora è tutto Repubblicano.
“Siamo sempre stati e saremo sempre un Paese di immigrati. Anche noi siamo stati stranieri una volta, e ciò che ci rende americani è la nostra adesione a un’ideale comune, quello che tutti siamo creati uguali”, ha ricordato nel corso del suo discorso, snobbato da molte televisioni nonostante il prime time.
A chi lo accusa di aver forzato la mano, Obama risponde a tono. “Per i membri del Congresso che mettono in dubbio la mia autorità di rendere il nostro sistema dell’immigrazione migliore ho una risposta. Varate voi una legge”, ha chiesto riferendosi alle prerogative delle due Camere a maggioranza repubblicana che dovranno dare una risposta a una questione irrisolta da troppo tempo.
Nello specifico, il decreto presidenziale annulla la “deportation”, ossia il rimpatrio forzato nei Paesi di origine, per gli immigrati illegali che vivono da più di cinque anni negli Stati Uniti, o che hanno un figlio nato in USA o che hanno permessi di soggiorno permanenti. Per loro sarà possibile richiedere dalla prossima primavera, un permesso di lavoro di tre anni, a patto che non abbiamo commesso alcun reato: in questo caso, la deportazione sarà solo per chi è autore del crimine e non della famiglia.
Non si tratta di un’estensione della cittadinanza americana, “che è di compenteza del Congresso“, ha ricordato Obama. Gli immigrati che saranno regolarizzati non avranno accesso alla riforma sanitaria dell’Obamacare, al Medicaid per le famiglie più disagiate e ai buoni pasto. Potranno però “uscire dall’ombra”, come ha spiegato lo stesso presidente: sarà quindi possibile avere contratti di lavoro in regola, prendere la patente, avere un conto in banca.
Non un’amnistia, insiste, ma una risposta concreta a una situazione reale perché anche una deportazione di massa “sarebbe impossibile e contraria al nostro spirito”, quello di un Paese che è fatto da immigrati fin dalla sua origine e che in loro trova le risorse e le energie per continuare a crescere. “Bisogna uscire dall’ipocrisia perché l’amnistia è quella che abbiamo oggi, dove milioni di persone che vivono qui non pagano tasse e non rispettano le regole”, ha rincarato.
Replica dura anche per l’attacco arrivato dai Repubblicani che lo accusano di “voler riempire il Paese di persone pericolose e di immigrati”. Saranno aumentati i controlli alle frontiere e chi verrà colto in flagrante mentre entra illegalmente nel Paese sarà deportato immediatamente. Non avranno accesso alla regolamentazione chi si è macchiato di un crimine: chi minaccia la sicurezza nazionale o è sospettato di terrorismo sarà deportato, come i componenti delle gang, tra i primi a rischio espulsione. “Chi avrà i requisiti per soddisfare i criteri del decreto potrà uscire dall’ombra e vivere alla luce del sole in base alla legge. Chi è un criminale sarà deportato”, ha concluso.
E in Italia?
Il decreto di Obama arriva a sanare in parte una situazione che gli Stati Uniti vivono da troppo tempo, con leggi sull’immigrazione di stampo repressivo che non funzionano e che non hanno mai fermato le persone. Lo stesso muro costruito al confine con il Messico non ha fermato immigrati di ogni età e ceto sociale che cercano ogni giorno di arrivare negli States alla ricerca di una vita migliore o per fuggire alla violenza. Eppure, Obama si è preso la responsabilità della vita di 5 milioni di persone, cercando di alleviare le loro difficoltà e di alimentare un discorso costruttivo per il futuro del Paese.
L’immigrazione è una situazione globale e l’Italia è uno delle nazioni che più ne ha a che fare, non solo per la sua storia (siamo anche noi un Paese di migranti, di cui moltissimi proprio negli USA) ma anche per il suo presente. Le coste della Sicilia sono l’approdo per migliaia di persone che arrivano dall’Africa e dal Medio Oriente, che scappano dalla fame e dalle guerre, attraversando deserti e rischiando di non arrivare mai sui “barconi”.
Oltre ai nuovi migranti in arrivo, ci sono quelli che da anni risiedono nel nostro Paese in modo più o meno irregolare, che lavorano spesso in nero e sottopagati (da italiani), che finiscono nelle mani della malavita perché non hanno alternative. “Indesiderati” che fanno marciare la nostra economia, come confermato dall’ultimo rapporto Ocse 2014 sull’immigrazione che vede il lavoro nero degli immigrati con un valore del 10% sull’economia nazionale. Altro mito da sfatare è che “gli immigrati rubano il lavoro agli italiani”: tra il 2007 e il 2012, la disoccupazione fra gli immigrati uomini è cresciuta dal 5,3 al 12,6%. La crisi non fa differenze di razza o religione.
Mentre negli USA si cerca una soluzione, da noi si parla ancora di “invasione”, come ha fatto Matteo Salvini nell’ultima manifestazione a Milano. Si sta ancora parlando di “ius soli temperato” per i figli di immigrati nati in Italia: Matteo Renzi ha proposto la concessione della cittadinanza a chi ha compiuto almeno un ciclo scolastico in Italia, Silvio Berlusconi ha aperto alla proposta, ma il segretario della Lega è pronto ad alzare le barricate pur di non modificare la legge attuale, mentre il M5S deve ancora scegliere da che parte stare. In mezzo migliaia di bambini che sono “cittadini di nessuno”, migliaia di donne e uomini che lavorano per tutti noi e che vogliono solo vivere meglio. Come tutti.
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