Un peschereccio è stato soccorso al largo della Libia in un tentativo disperato di salvare alcuni profughi. E’ stata la stessa Marina Militare a comunicare la notizia attraverso un tweet, facendo riferimento ad almeno 40 morti. L’imbarcazione trasportava circa 400 persone e i migranti, che si trovavano nella stiva, sarebbero morti per soffocamento. Altre giornate di sbarchi e di tragedie nel Mediterraneo dove continuano senza sosta gli arrivi di migranti dalle coste africane. L’ennesimo naufragio si sarebbe svolto al largo della Libia nel pomeriggio di martedì 12 agosto: circa 50 persone sono state salvate dalla Marina Militare mentre erano aggrappate a un gommone semi affondato.
Raggiunti dai militari italiani, i superstiti hanno raccontato che erano circa un centinaio le persone a bordo e sono partite le ricerche dei dispersi, al momento senza alcun successo. Per gli uomini e le donne impegnati nelle operazioni di soccorso sono giorni senza tregua con oltre 1700 persone tratte in salvo: a Messina sono giunte nei giorni scorsi 350 persone, 490 ad Augusta, 453 a Ragusa, dove la Polizia ha fermato i quattro presunti scafisti. Non è solo l’Italia a vivere momenti drammatici: anche le coste delle isole greche del Dodecaneso stanno assistendo a un’ondata di sbarchi senza precedenti.
Le autorità italiane continuano ad assistere le persone giunte sulle coste siciliane. Al momento stanno arrivando a Pozzallo altri 232 migranti, ma i numeri sono in crescita e spesso si contano decine di morti nelle acque del Mediterraneo. Il 5 agosto scorso un barcone con centinaia di persone si è capovolto al largo della Libia: 400 i migranti salvati e 26 i corpi recuperati dai soccorritori, ma si teme un’altra ecatombe. Secondo i sopravvissuti, erano 650 i passeggeri; circa 200 persone mancherebbero all’appello.
I racconti delle sevizie
La Polizia di Stato ha fermato i quattro presunti scafisti dell’ultimo naufragio: si tratta di Lamin Drammeh, 39 anni, originario del Senegal, Baboucarr Manneh, 18 anni, del Gambia, Sulayman Trawally, 19 anni, del Gambia, e Oheikh Tidiane Faye, 41 anni, del Senegal che ora devono rispondere dell’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Fondamentale sono state anche le testimonianze dei sopravvissuti che hanno raccontato le sevizie subite durante la navigazione. Una mamma di due bambini ha testimoniato davanti agli agenti come avessero minacciato di gettarla in mare solo perché chiedeva acqua per i figli.
Altri racconti hanno svelato l’orrore dei barconi dopo il naufragio che ha causato la morte di 26 persone e quella presunta di altre 200: anche in questo caso gli scafisti sono stati arrestati e per loro le accuse sono di omicidio plurimo. I sopravvissuti hanno svelato l’ordine gerarchico che vigeva a bordo. Le persone di etnia africana erano state chiuse nella stiva che si è allagata poco dopo la partenza, ma gli scafisti hanno bloccato loro la via d’uscita. Altri profughi di origine araba sarebbero stati marchiati con i coltelli perché disobbedivano agli ordini, gli uomini picchiati per ogni minimo movimento. I dettagli dei racconti servono anche per le accuse, come ha spiegato la Questura di Ragusa: in base al nuovo testo sull’immigrazione, gli scafisti dovranno rispondere anche dell’aggravante del trattamento inumano e degradante.
Emergenza profughi in Grecia
Scene di disperazione stanno avvenendo in questi giorni anche in Grecia, in particolare sulle coste delle Isole del Dodecaneso, nuova porta dei profughi in arrivo dalla Siria, passando dalla Turchia. Solo nell’ultimo fine settimana, a Kos, Lesbos, Chios, Samos e Agathonisi sono arrivati oltre 1400 profughi che, secondo i dati Unhcr, hanno fatto salire il conteggio degli arrivi a più di 124mila persone in un anno, il 750% in più dell’anno passato. I centri di accoglienza sono al collasso, l’Onu ha definito la situazione “insostenibile” e a Kos si sono verificate anche scontri tra le forze di Polizia e i migranti, senza risposta sui documenti per poter proseguire il viaggio e chiusi nel centro ormai stracolmo. A partecipare al salvataggio c’è stata anche una famiglia italiana, in vacanza con la propria barca a 12 metri a sud di Pserimos, poco distante da Kos. A bordo Carlotta Dazzi, giornalista e istruttrice di vela, che è stata svegliata nel cuore della notte dai lamenti e pianti di bambini provenienti dal mare, come ha raccontato al Corriere della Sera. Con la famiglia, ha aiutato 45 siriani tra cui 11 bambini, a sbarcare sulla spiaggia più vicina.