Secondo uno studio condotto dai ricercatori dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca non vi sarebbe nessun costo economico nel breve periodo, né in termini di reddito pro-capite né in termini di welfare, nell’accoglienza dei richiedenti asilo. Anzi, l’apertura dei piccoli comuni potrebbe portare un vantaggio in termini di popolazione.
Le problematiche, evidenziano i ricercatori, sono solo quelle legate alla diffidenza della popolazione, che nei comuni con meno di 25mila abitanti ha favorito il consenso elettorale verso i partiti di destra.
Così è stato alle elezioni del 2018, precisano Mariapia Mendola (docente di Economia politica), Sara Giunti e Francesco Campo (assegnisti di ricerca) del Center for european studies (Cefes) del dipartimento di Economia, metodi quantitativi e strategie d’impresa (DEMS) dell’Università di Milano-Bicocca, in collaborazione con ActionAid Italia e openpolis, nell’indagine nazionale sul sistema di accoglienza straordinaria (CAS).
La “crisi dei rifugiati” (intervenuta nel quadriennio 2014-2018) ha coinvolto circa3 milioni di richiedenti asilo, la maggior parte dei quali esuli dal conflitto siriano o da altri contesti di difficoltà sociale ed economica in Nord Africa e Medio Oriente.
150mila: questo il numero di persone che ogni anno avanza richiesta di asilo sul territorio italiano, gran parte dei quali divengono poi beneficiari dei servizi garantiti dalle politiche pubbliche sul sistema di accoglienza.
Il CAS (sistema di centri di accoglienza straordinaria) si rifà, infatti, al piano nazionale di riparto, gestito dalle Prefetture locali. I bandi sono assegnati a privati che ad oggi hanno ospitato circa l’80 percento dei richiedenti.
Gli economisti della Bicocca, basandosi su nove mesi di dati raccolti in 109 CAS d’Italia, hanno elaborato uno studio approfondito sul sistema di ricezione dei rifugiati. L’accoglienza diffusa durante il periodo della “crisi europea dei rifugiati”, dicono gli studiosi, ha avuto effetti causali sia sulla società italiana, sia sulle politiche comunali.
Il dato più rilevante emerso dallo studio è che, essendo l’accoglienza nella maggior parte dei casi “diffusa”, ossia ospita in media circa 25 richiedenti asilo in ogni CAS, l’impatto di breve periodo dell’accoglienza diffusa sul territorio non è economicamente significativo.
Il che significa che non vi sono costi economici locali rilevanti, né in termini di reddito pro-capite né in termini di welfare, favorendo, al contrario, il ripopolamento dei comuni con un più alto tasso di popolazione anziana.
“È una storia nota alla base delle reazioni anti-immigrazione ci sono fattori culturali, ben prima che economici. L’analisi d’impatto del sistema di accoglienza suggerisce che è necessaria una maggiore attenzione alle politiche di inclusione e sensibilizzazione sul territorio, dove il coinvolgimento delle amministrazioni locali è di vitale importanza se si vuole che gli immigrati possano contribuire con le loro capacità e conoscenze alla crescita e allo sviluppo economico di lungo periodo“, ha sottolineato la professoressa Mariapia Mendola.
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