L’immunità parlamentare è al centro del dibattito dai tempi di Tangentopoli fino alla campagna elettorale per il referendum sulla riforma delle Costituzione. Nato con l’intento di proteggere gli eletti al Parlamento, l’immunità è diventata il simbolo della casta al potere, l’arma che rende il politico intoccabile e onnipotente, protetto dall’azione della legge che non può arrivare tra gli scranni delle aule parlamentari.
Il tema è tornato al centro del dibattito con la riforma costituzionale e il voto del referendum del 4 dicembre che modifica il Senato ed estende l’immunità dei senatori di oggi ai nuovi senatori di domani (in caso di vittoria del sì). In realtà, l’immunità parlamentare riguarda il ruolo degli eletti, non la persona eletta, entra in gioco solo in determinati casi e non salva un politico a priori: vediamo di cosa di tratta.
Prima di tutto chiariamo cos’è l’immunità . Si definisce immunità un privilegio giuridico che viene riconosciuto ad alcuni soggetti di fronte alla legge. Nel nostro caso, si riferisce ai parlamentari eletti alla Camera e al Senato ed è regolata dall’articolo 68 della Costituzione che recita:
“I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni.
Senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, né può essere arrestato o altrimenti privato della libertà personale, o mantenuto in detenzione, salvo che in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna, ovvero se sia colto nell’atto di commettere un delitto per il quale è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza.
Analoga autorizzazione è richiesta per sottoporre i membri del Parlamento ad intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni e a sequestro di corrispondenza.”
IMMUNITÁ PARLAMENTARE: COME FUNZIONA OGGI
L’articolo della Costituzione spiega bene l’ambito in cui agisce l’immunità parlamentare. A oggi, è garantita a deputati e senatori nella stessa misura: gli eletti di entrambe le Camere godono di uno status particolare ma solo in funzione del ruolo politico che rivestono. L’immunità però non è totale ma riguarda le opinioni e i voti espressi in Aula, cioè il lavoro del parlamentare. Questo significa che tutti gli eletti possono essere perseguiti dalla giustizia per tutti i reati previsti dal nostro ordinamento, con la sola esclusione delle dichiarazioni e le votazioni fatte da parlamentare.
Se un membro del Parlamento è sotto indagine, l’immunità prevede che ci sia un voto da parte dell’Aula a cui appartiene (Camera e Senato) per dare il via libera ogni volta in cui l’autorità giudiziaria chieda una misura di restrizione della libertà personale, cioè in caso di arresto, perquisizione degli uffici o del domicilio e intercettazioni telefoniche o elettroniche. Il voto è richiesto anche per l’ordine di arresto ma non nel caso di una sentenza definitiva di condanna o se colto in flagranza di reato.
COSA È CAMBIATO NEGLI ANNI
L’immunità parlamentare è già stata modificata nel corso della storia repubblicana. Il suo inserimento in Costituzione nasce dalle persecuzioni politiche avvenute durante il fascismo quando anche esprimere un’opinione o un voto contrario era reato. Con l’avvento della democrazia, i padri costituenti hanno voluto proteggere gli eletti, assicurando loro un’immunità totale per le loro funzioni da parlamentari.
La prima versione dell’immunità parlamentare prevedeva infatti anche l’autorizzazione a procedere per le indagini: era cioè necessario il voto della Camera di appartenenza anche solo per far partire le indagini su un eletto al Parlamento.
In questo modo si è garantita la divisione tra il potere politico e il potere giudiziario che non poteva intervenire contro un deputato o un senatore, come invece era accaduto troppe volte durante il fascismo.
Con il passare degli anni e degli scandali, la politica ha dovuto mettere mano all’immunità intervenendo sul testo costituzionale soprattutto dopo Tangentopoli, quando vennero a galla le trame della corruzione della politica. Nel 1993 viene eliminata l’autorizzazione a procedere per cui i magistrati possono indagare su un parlamentare senza il voto della Commissione. Dieci anni dopo, nel 2003, vengono apportate altre modifiche per quanto riguarda i procedimenti decisionali della Commissione in caso di richiesta di arresto e sull’uso delle intercettazioni indirette.
COSA CAMBIA CON LA RIFORMA DELLA COSTITUZIONE
La riforma costituzione in realtà non cambia nulla per quanto riguarda l’immunità parlamentare in sé che rimane tale e quale per i deputati della Camera. La modifica è legata al nuovo Senato nel quale i senatori non vengono più eletti direttamente ma vengono scelti tra i consiglieri regionali e i sindaci.
A loro vengono date le “stesse prerogative dello status dei deputati“,la stessa immunità parlamentare dei colleghi di Montecitorio e dei senatori attuali, limitata cioè alle sole funzioni da senatore (e non da consigliere regionale, sindaco o da semplice cittadino).
Nell’acceso dibattito sul referendum spesso si sente dire che la riforma ha reintrodotto l’immunità per i senatori, ma, come abbiamo visto, non cambia nulla rispetto a oggi. Il riferimento è alla prima versione della riforma che non prevedeva alcuna immunità per i senatori.
Dettaglio importante. In nessuna formulazione l’immunità parlamentare è retroattiva, cioè può essere estesa a fatti risalenti a prima dell’elezione in Parlamento, come sembra stia accadendo in Senato per la vicenda Albertini. Se passasse questo principio, poco importa che vinca il sì o il no: sarebbe un problema enorme in ogni cosa.
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