Immunità parlamentare retroattiva, il Senato salva Albertini: sì da Palazzo Madama

Senato   Discussione su procedimento penale Gabriele Albertini

Il Senato vota sì all’immunità per Gabriele Albertini, oggi senatore in quota AP-NCD, in merito alle frasi rilasciate nel 2012 contro l’allora pm di Milano Alfredo Robledo che non potranno essere giudicate nel processo per querela perché coperte da “insindacabilità“. La questione è molto delicata perché, con il voto favorevole di Palazzo Madama, per la prima volta il Parlamento italiano introduce un concetto molto pericoloso, quello dell’immunità parlamentare retroattiva, visto che, all’epoca della vicenda Albertini non era senatore. Per di più, sul caso si era già espresso il Parlamento Europeo che allora aveva negato l’immunità, dichiarando che le interviste rilasciate non erano coperte dall’insindacabilità.

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Con 185 sì, 65 no e due astenuti l’Aula ha così confermato quanto già stabilito il 25 ottobre scorso dalla Giunta per le autorità a procedere, presieduta da Dario Stefano e che già allora aveva diviso la politica, in particolare il PD.

Dei 94 senatori democratici hanno votato contro in 17, 18 non hanno partecipato e uno si è astenuto: tra i contrari il senatore Felice Casson che aveva già votato contro in Giunta, creando un caso politico. Contro l’immunità hanno votato anche il collega di partito del senatore, Marcello Gualdani, di Ap-Ncd, Karl Zeller presidente del gruppo delle Autonomie: altri tre esponenti di Ap-Ncd non hanno votato, tra cui Paolo Bonaiuti e Pier Ferdinando Casini; 7 i senatori delle Autonomie che non hanno partecipato al voto.

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Il voto è più che politico e va oltre le solite diatribe tra maggioranza e opposizione. Il Senato ha infatti riconosciuto l’immunità parlamentare a una persona che non era un parlamentare italiano all’epoca dei fatti contestati. Albertini ebbe lo scontro con Robledo nel 2012 quando era eurodeputato: perché dovrebbe avere l’immunità da senatore italiano se allora non era neanche in Senato?

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L’ex sindaco attaccò il magistrato con un esposto al ministero della Giustizia perché, a suo dire, non aveva seguito a dovere l’inchiesta sugli emendamenti in bianco del Comune di Milano, quella sull’acquisto di quote della società Autostrada Serravalle da parte della Provincia, allora guidata da Filippo Penati, e quella sui contratti derivati sottoscritti dalla sua amministrazione. All’esposto seguirono interviste e dichiarazioni che colpivano il pm.

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Robledo rispose con una querela che ora è ferma in Tribunale perché Albertini si avvalse dell’immunità. Come già detto, l’ex primo cittadino era al Parlamento Europeo che non gli concesse l’immunità. Nel 2012 l’Aula votò contro la sua richiesta, confermando che “in quelle interviste non agiva nell’esercizio delle sue funzioni di deputato al Parlamento UE”.

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Albertini però non mollò la presa. Eletto in Senato nel 2013 prima nelle fila di Scelta Civica, poi passato all’NCD di Angelino Alfano, tornò a chiedere l’immunità per quella stessa vicenda. Quando iniziò a capire che il voto era a rischio, dichiarò che non avrebbe più appoggiato la maggioranza di governo se non fosse stato “salvato”.

Così è stato in Giunta e così è stato in Aula. Il precedente per la nostra democrazia è pericoloso: il rischio è che ora chi siede in Parlamento possa ottenere l’immunità anche per i reati commessi prima di essere eletto.

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