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Impatto ambientale: quanto costano gli oggetti alla Natura

Come si può fare a meno oggi di uno smartphone, pensano tante persone. E quegli stivali in pelle così chic, come resistere dal comprarli. Eppure tanti oggetti di cui ci circondiamo nella quotidianità hanno un costo in termini di impatto ambientale assai salato: uno studio di Friends of the Earth, una rete di organizzazioni ambientali di 74 Paesi, svela quante risorse naturali devono essere utilizzate per realizzare capi d’abbigliamento o telefonini di ultima generazione. E molti dei dati diffusi sono sorprendenti, a dimostrazione di come le regole per vivere ad impatto zero debbano essere continuamente riscritte davanti alla velocità del progresso.

Dallo studio, intitolato ‘Mind your step’ e basato sui dati della Trucost, emerge ad esempio che per produrre un telefono di ultima generazione servono circa 13 tonnellate d’acqua e 18 metri quadrati di suolo, mentre per un paio di stivali il numero di tonnellate d’acqua sale a 14 e mezzo, e i metri quadrati di suolo a 50. Friends of the Earth vuole perciò persuadere l’industria globale a prestare attenzione al tema dell’imatto ambientale degli oggetti che produce, tenendo in considerazione non solo l’impronta di carbonio, ma anche altri fondamentali indicatori come appunto il consumo di risorse idriche e di suolo.

Nella ricerca sono stati tenuti in considerazione sette oggetti tipici della vita di tutti i giorni, ovvero una t-shirt in cotone, uno smartphone, una tazza di tè, una di caffè, un pasto pronto a base di pollo al curry, un paio di stivali di pelle e una barretta di cioccolato: al top dello spreco energetico ci sono appunto gli stivali in pelle, ma ognuno di questi prodotti porta con sé un consumo di risorse non indifferente. A pesare sono soprattutto gli imballaggi e le materie prime utilizzate: la percentuale dei primi ad esempio va da un minimo del 20 per cento del complessivo utilizzo delle risorse, fino all’84 per cento riscontrato nel settore giocattoli. Friends of the Earth e Trucost sperano che grazie a questo loro studio si possa smuovere qualcosa anche a livello politico e produttivo, affinché si intervenga sui punti critici della filiera produttiva per favorire un miglioramento dei processi realizzativi in chiave ‘green’, risparmiando sull’impiego di risorse naturali.

Giulio Ragni

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