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Impronte digitali, cade un mito: l’individuazione non sarebbe sicura al 100%

[didascalia fornitore=”altro”]Immagine generica di impronte digitali/Pixabay[/didascalia]

Le impronte digitali potrebbero non essere più il metodo infallibile per individuare una singola persona. Addio al mito delle impronte digitali come prova certa e assoluta: la notizia arriva da uno studio dell’Associazione americana per l’avanzamento delle scienze (Aaas), redatto dagli esperti di scienze forensi (qui il link). Secondo il rapporto non esisterebbe un metodo univoco per associare le impronte solo a una persona con una sicurezza del 100%. Sempre lo studio, insiste nel ricordare che a oggi non ci sono sufficienti prove scientifiche per poter affermare che ogni individuo ha impronte digitali uniche.

Il rapporto rischia di distruggere una delle certezze della scienza forense e non solo americana. Lo studio ha preso in esame i metodi utilizzati per l’analisi delle impronte digitali “latenti”, cioè quelle lasciate dai polpastrelli sulle superfici ma invisibili, arrivando alla conclusione che non esiste un metodo univoco per individuare la corrispondenza.

Lo studio non mette in dubbio l’unicità delle impronte digitali per ogni singolo individuo, ma chiarisce le difficoltà attuali nel dimostrarlo di fronte a una giuria. Nel testo si legge che “tutte le impronte digitali di 10 persone mostrano disegni distintivi” e “che tali caratteristiche forniscono strumenti preziosi per identificare persone specifiche”.

Tuttavia, “non esistono dati scientifici sufficienti” per dimostrare che “un corredo di impronte digitali costituisce un identificatore unico di una singola persona, né esistono dati sufficienti per determinare quante persone potrebbero avere caratteristiche simili”.

I problemi evidenziati dallo studio sono due: i dati scientifici non sufficienti per associare delle impronte a una sola persona e per escludere la condivisione delle stesse tra diverse persone.

Le incertezze dunque esistono. Ciò significa, continua lo studio, “che esiste una base scientifica inadeguata per determinare quali metodi siano necessari affinché un esaminatore possa trarre conclusioni definitive” su impronte digitali latenti e per questo, gli esperti “non dovrebbero trarre tali conclusioni”.

Il rapporto ha evidenziato che chi è ben addestrato nel riconoscimento delle impronte riesce ad associarne una, ritrovata sulla scena di un crimine, con impronte digitali già note, ma sottolinea come il procedimento possa essere alterato perché “gli esperti sapevano di essere sotto osservazione”.

Il condizionamento potrebbe dunque portare a risultati falsati ed è per questo che gli esperti della Aaas hanno chiesto di “eliminare” ogni materiale che possa condizionare gli esperti al momento delle indagini.

Come esempio, viene citato il laboratorio dell’Fbi che ha adottato un protocollo di gestione delle impronte digitali per limitare le informazioni che arrivano agli esperti, riducendo così la possibilità di condizionarne i risultati.

Lorena Cacace

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