Nel corso di uno dei suoi periodici interventi in differita, il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky annuncia l’aumento delle forniture dell’elettricità prodotta da Kiev verso l’UE.
L’impegno presidenziale è volto ad aiutare i paesi europei che stanno supportando la nazione invasa il 24 febbraio dalla Russia per quel che concerne il loro fabbisogno di energia elettrica dopo i tagli di Mosca.
La guerra in Ucraina prosegue con il suo portato quotidiano di morte, distruzione, dolore, insicurezza: tutto ciò ha inevitabili ricadute sull’economia, e non solo su quelle dei due stati belligeranti.
Da alcuni mesi, ben prima dell’effettivo inizio degli scontri e a maggior ragione dall’avvio della guerra economica intrapresa contro Putin e la sua nomenklatura, l’economia dell’Eurozona ha dovuto affrontare pesanti squilibri e riassetti.
Questi, oltre che essere generati dai riflessi involontari delle stesse sanzioni sull’UE, sono principalmente dovuti alla dipendenza di molti stati dell’Unione dall’energia russa e dai giochi inflattivi attuati da Mosca sul mercato degli idrocarburi tramite tagli e ritardi nelle forniture.
Uno degli ultimi e tra i più eclatanti è stato il blocco del gasdotto Nord Stream I, il tubo che connette direttamente Russia e Germania attraverso il Mar Nero e che rifornisce buona parte dell’Europa centrale. Dopo una prima interruzione causata da problemi tecnici alle turbine, il taglio si è recentemente riproposto nonostante la deroga alle sanzioni occidentali che ha permesso di riparare il guasto segnalato quale origine della prima riduzione.
Insomma vi sono ormai pochi dubbi sulla strategia del Cremlino: dissanguare le economie europee, determinare movimenti di protesta interni causati da caro-vita ed inflazione, mantenere le nazioni UE dipendenti dalle forniture moscovite.
Vista la difficile situazione dell’UE, chi meglio del popolo ucraino poteva comprendere i disagi europei? In una dimostrazione di mutuo soccorso, che inorgoglisce ancor di più chi tenta di far prevale il rispetto del diritto internazionale e del dialogo tra le popolazioni sulla cieca volontà di conquista attraverso il brutale uso della forza, giunge il sostegno di Zelensky alle frustrazioni dei cittadini europei.
L’Ucraina, afferma il suo presidente, sarebbe pronta ad incrementare la propria produzione interna di energia elettrica per riversarla in Unione Europea, dove le floride economie degli stati dell’Eurozona stanno avvertendo pesantemente gli effetti della guerra ibrida tra Occidente e Russia.
Difatti i problemi di approvvigionamento degli idrocarburi da Gazprom lede non solo la effettiva disponibilità di utilizzo di petrolio e gas, quest’ultimo è difatti ampiamente implicato quale materia prima per produrre energia elettrica.
Ecco motivato il soccorso di Zelensky, il quale naturalmente, oltre a “risarcire” in parte l’impegno mostrato in questi mesi da Bruxelles sul fronte bellico ed umanitario, avvantaggerebbe anche il proprio Paese, rifornendolo di preziosa valuta estera svincolata dall’onere del prestito.
Ora bisognerà comprendere quanto l’annuncio sia realizzabile: seppur rete e tubature europee ed ucraine siano già collegate tra loro, le centrali nucleari con cui Kiev copriva oltre il 50% del suo fabbisogno interno (la restante parte proveniva dagli ex fratelli slavi Russia e Bielorussia) sono state in parte distrutte o conquistate dall’esercito di Putin.
Eppure, indipendentemente dalla robustezza di questo contributo, è il messaggio di solidarietà e mutuo aiuto tra popoli, quell’empatica compartecipazione che permette anche al disperato di provare pena per le sofferenze altrui, la risorsa più formidabile da opporre all’algida spregiudicatezza di Putin.
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