L’Iran è ancora attraversato dalla rivoluzione del popolo che chiede diritti per le donne e ora punta a rovesciare il regime di Raisi. Nonostante le pressioni, che provengono dalle Nazioni occidentali, il governo non indietreggia nel reprimere duramente le proteste e nello scagliarsi duramente contro chi, ancora, prosegue nella dissidenza verso le istituzioni governative islamiche. Arrivano nuove condanne a morte e anche minacce verso l’Occidente ritenuto ostile e fomentatore dei tumulti In Iran.
La situazione è già da mesi fuori controllo, esattamente dal 16 settembre, giorno in cui è morta la ventiduenne Mahsa Amini per mano della polizia morale che l’aveva in custodia dopo averla arrestata per aver indossato male il velo. Da quel momento la popolazione ha deciso di non abbassare più la testa davanti a soprusi e maltrattamenti nei confronti delle donne, che subivano violenza gratuita di senza reali motivazioni ma costrette, comunque, a subire pene decisamente superiori a quelle previste per il tipo di violazione commessa. Il rispetto delle leggi della Sharia e soprattutto ciò che fa parte delle leggi morali di castità e velo, atte a definire quali comportamenti sono ritenuti consoni o meno per il genere femminile e comprendenti divieti e limitazioni nell’abbigliamento, sono molto importanti per il governo di Teheran che ha dato pieno potere alla polizia morale alle guardie della rivoluzione nel sedare la situazione. Dopo oltre 500 morti e 19.000 manifestati arrestati, il governo ha deciso di continuare con le condanne a morte e avvisa che non ci sarà nessuna pietà nei confronti dei dissidenti, che si mostrano nemici dell’Islam e del governo iraniano. Nel mirino del governo di Teheran ora ci sono anche le nazioni occidentali come Francia e Stati Uniti.
Chi soffre di questi giochi di potere però sono i cittadini, le persone imprigionate che subiscono quotidianamente violenze e umiliazioni in carcere, ma anche chi continua a lottare in piazza per far sì che, chi ha deciso di lottare sapendo di poter perdere la vita e poi l’ha persa, non lo abbia fatto invano. Lo scopo della popolazione iraniana è quella di dare alle prossime generazioni un futuro migliore. Raisi però spalleggiato dalla guida Suprema dell’Iran Khamenei non indietreggia e oltre alle esecuzioni sono state introdotte anche pene che costringono a moltissimi anni di carcere ha anche operatori umanitari e ora il nemico numero uno, da perseguire costantemente sono giornalisti e rappresentanti dei media.
L’Iran sta affrontando un periodo storico importante e allo stesso tempo molto rischioso per il popolo, che continua la sua lotta contro il regime islamico autoritario. Un momento che verrà ricordato come viene ricordata la rivoluzione islamica del 1979 che ha portato alla con questa del potere il regime islamico. Una reale presa di posizione del popolo che, dopo anni di sofferenze, ha deciso di provare a rovesciare un regime che però continua a rendere difficoltosa la sopravvivenza e la vita Quotidiana della gente.
Dopo le quattro esecuzioni che sono state attuate senza pietà dal temuto boia di Teheran, l’Occidente ha cercato di sistemare questa situazione ritenuta spregevole e che il governo di Raisi continua ad attuare senza pietà e ora arrivano anche minacce all’occidente dopo che si è verificata la faccenda delle vignette di della rivista francese Charlie Hebdo, che ritraggono la guida Suprema dell’iran Khamenei ha tirato ancora di più l’odio verso le nazioni occidentali e verso gli iraniani che all’estero boicottano e regime islamico. Hanno spiegato inoltre di non hanno intenzione lasciare perdere la questione sia con la Francia ma ha anche quella con gli Stati Uniti.
La Ong con sede a Oslo Iran Human Rights ha spiegato che, le morti, sono arrivate almeno a 517 e il numero è sempre in aumento così come quello degli arrestati che sfiora i 19.300 individui tra i quali più di 100 rischiano di essere uccisi a breve, mediante impiccagione, dato la lunga lista delle condanne a morte stabilite dalle autorità iraniane.
Data l’intromissione occidentale le autorità iraniane hanno deciso di alzare l’asticella del terrore puntando su pene più severe in merito al velo e anche a condanne che prevedano moltissimi anni di carcere e tutte queste sono chiaramente manifestazioni che il governo vuole dare per intimidire il popolo e indurlo a concludere la rivoluzione.
Il Capo dei Pasdaran ha minacciato di morte la direzione di Charlie Hebdo. Ha affermato: ‘Pensate a Rushdie‘, colpito da fatwa e accoltellato anni dopo.
Hossein Salami che è il comandante delle guardie della rivoluzione ha affermato: “i musulmani prima o poi si vendicheranno dei responsabili di Charlie Hebdo per aver pubblicato vignette che prendono in giro il leader Ali Khamenei. Puoi arrestare i vendicatori ma non puoi resuscitare i morti” ha poi concluso dicendo: “questi individui francesi pensino al destino di Salman Rushdie”, che scrisse i ‘Versetti satanici’.
Il leader iraniano Ruhollah Khomeini, ora deceduto, ha emesso nel lontano 1989 una Fatwa contro Rushdie, per aver insultato il profeta Maometto. Nell’agosto 2022, l’uomo è stato accoltellato e ferito gravemente a New York e la fatwa quindi, dopo moltissimi anni è stata portata a termine. Il regime islamico non dimentica e se viene disposta una fatwa prima o poi arriva la dura punizione.
Il governo iraniano non ha intenzione di indietreggiare rispetto alle pene e punizioni praticabile verso che si spinge oltre ciò che ha permesso dalla Sharia e dalle leggi morali e ha introdotto ancora più severità nelle punizioni. Punizioni ancora più dure per chi non porta il velo. L’Iran non cede e non ha nemmeno intenzione di farlo in futuro o, perlomeno, questo sembra il messaggio che vuole mandare Raisi in questo momento. Il vice procuratore di Stato Abdolsamad Khorramabadi è stato ospite alla tv di Stato per sottolineare che: “le donne che non osservano il velo obbligatorio e si trovano senza hijab in luoghi pubblici commettono un crimine evidente e la polizia è incaricata di affrontare duramente e arrestare chi non rispetta la legge e di segnalarle alla Magistratura”.
Ha anche riferito che: “A partire dagli ordini del Capo della Magistratura e del procuratore di Stato, i giudici dovrebbero condannare le persone che non rispettano la legge a punizioni complementari oltre a multarle per prendere misure preventive serie contro questo problema”.
La Magistratura ha precisato che le punizioni riguardano anche chi non si copre completamente i capelli. Secondo il codice penale islamico iraniano, le donne che non portano il velo devono essere condannate alla reclusione da 10 giorni a 2 mesi, pena che può essere cambiata anche con una multa, l’esilio, il divieto di essere assunte, il licenziamento, il divieto di fare parte di partiti politici o organizzazioni, il divieto di lasciare il Paese o l’obbligo di svolgere lavori pubblici senza essere pagate. La punizione per le donne che coinvolgono gruppi femminili e spronano a non portare il velo possono essere punite con dieci anni di carcere.
L’Iran si sta preparando ad una nuova condanna a morte, ma questa volta di un cittadino di nazionalità anche britannica. Sembra infatti davvero imminente l’esecuzione di Alireza Akbari, ex viceministro della Difesa iraniano ai tempi della presidenza di Seyyed Mohammad Khātami. L’uomo è stato condannato a morte nel 2019 da una Corte Rivoluzionaria di Teheran, con l’accusa di spionaggio per conto del Regno Unito. La notizia emerge direttamente dalla moglie dell’ex ministro, che ha raccontato alla Bbc Persia di essere stata chiamata per far visita alla prigione dove si trova il marito per “un ultimo saluto”.
La Bbc in lingua farsi ha inoltre diffuso la registrazione di un audio dell’ex viceministro in cui Akbari – che è in possesso di un passaporto britannico – spiega di esser stato torturato e costretto a confessare davanti alla telecamera crimini di cui non è mai stato responsabile. Ma non solo dato che l’ex funzionario statale spiega anche di esser arrivato in Iran su richiesta di un alto diplomatico iraniano coinvolto nei colloqui sul nucleare con potenze mondiali.
Una volta raggiunto il Paese, secondo quanto afferma lo stesso Akbari, sarebbe stato accusato di the spionaggio e di aver rivelato informazioni top secre. l’accusa arrivo dall’allora segretario del Consiglio supremo per la sicurezza nazionale dell’Iran.
Qualche ora dopo che il messaggio audio è stato pubblicato da parte dell’emittente, l’agenzia di stampa iraniana Mizan ha confermato per la prima volta dopo anni che Akbari era stato ritenuto colpevole di spionaggio e che la Corte Suprema aveva respinto il suo appello. Una portavoce del ministero degli Esteri di Londra ha, da parte sua, assicurato che il Foreign Office proseguirà nel “sostenere il signor Akbari e la sua famiglia” nonché a “sollevare insistentemente il suo caso di fronte alle autorità di Teheran”. Nel frattempo la Gran Bretagna ha chiesto alle autorità iraniane il “rilascio immediato dell’ex viceministro e l’accesso consolare urgente per poterlo visitare in prigione”.
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