Israele sta attraversando un momento complicato sia a livello interno che a livello internazionale. Ieri sera, sabato 26 Febbraio, centinaia di migliaia di persone hanno manifestato a Tel Aviv contro la riforma legislativa e giudiziaria ma, nonostante ciò, la coalizione di Netanyahu sta proseguendo nel portare avanti il progetto alla Knesset. Oltre alla spaccatura interna e al malcontento popolare, il governo deve fare i conti con la questione internazionale, dopo i ripetuti attacchi effettuati dalle forze di sicurezza israeliane nei confronti dei palestinesi.
Il governo israeliano si trova sotto accusa sia da parte dell’opposizione guidata da Lapid e appoggiata da gran parte della popolazione israeliana, che sta vedendo minati i propri diritti primari ed essenziali dalla nuova coalizione governativa al potere e vede privata la Corte Suprema, mediante la riforma giudiziaria, della propria imparzialità e in questa maniera si priva la popolazione dell’unico organismo capace di andare a giudicare in maniera distaccata anche l’ambito politico.
Una situazione che ha generato malcontento tra i cittadini, che da settimane si riversano nelle strade della nazione, per protestare contro Netanyahu e i suoi ministri, che hanno non solo creato una crisi politica interna importante ma ha anche generato malcontento internazionale nei confronti dello stesso Israele. Non è da sottovalutare la minaccia palestinese o ora che le forze islamiche si sono viste ripetutamente attaccate da le forze di sicurezza israeliane e l’ultimo esempio è stato il micidiale raid effettuato da i militari israeliani su Nablus, dove sono morti undici palestinesi, tra cui un ragazzino innocente di 16 anni.
Si è scatenata così una nuova faida militare che ha ricevuto immediatamente la risposta di Hamas ha lanciato i razzi dalla Striscia di Gaza colpendo le città più a sud di Israele e i cittadini palestinesi uccisi dall’inizio dell’anno sono 62 tra cui 13 bambini.
Alla pressione di Stati Uniti e Nazioni Europee si aggiunge anche per Netanyahu la pressione interna attuata dalla coalizione d’opposizione appoggiata dal popolo.
Nonostante le proteste Netanyahu prosegue con le riforme
Sia le autorità internazionali che gli esperti di politica locali non hanno avuto nessuna sorpresa nell’apprendere che, nonostante le centinaia di migliaia di persone che hanno protestato sabato sera contro i piani di revisione del governo Netanyahu, la Knesset ha intenzione di proseguire con la discussione della riforma e già oggi verrà approfondita la questione in linea generale e le prossime votazioni del plenum sono organizzate per mercoledì, nello stesso momento in cui i manifestanti che sono scesi in piazza ieri sera hanno annunciato subito un nuovo sciopero generale e nuove proteste per mercoledì ed è stata definita come una giornata di lotta.
Il piano di riforma giudiziaria proposto dal governo Netanyahu e più precisamente dal Ministro della Giustizia Levin e dal deputato Rothman, che è anche il capo della costituzione della Knesset e Commissione di diritti e giustizia, ha generato nervosismo e disappunto, che sta prendendo piede in maniera profonda a Israele.
La decisione di Rothman è quella in realtà di portare in discussione alla Knesset il cosiddetto disegno di legge override che sostanzialmente permetterebbe alla Knesset, e quindi al Parlamento israeliano, di legiferare ed annullare qualsiasi legge con una clausola che renda la suddetta legge immune al controllo giudiziario. Potranno essere escluse alcune leggi che rimarranno immuni e richiederanno una decisione un’anima di tutti i 15 giudici dell’Alta Corte per essere annullate.
Questo significherebbe permettere all’ambito politico di entrare all’interno di un ambito decisionale che fino a questo momento si era sempre stabilizzato al di sopra delle istituzioni Statali e governative. Questo faciliterebbe anche il procedimento penale in corso per il premier Netanyahu, che potrebbe prendere così una strada legislativa e giudiziaria completamente diversa e permettere il proseguimento del percorso della coalizione governativa.
Proprio oggi è in discussione questa prima parte del disegno proposto per la riforma giudiziaria e non è chiaro se verrà discussa anche la possibilità di avanzare una legislazione, che in sostanza va a limitare in maniera consistente le circostanze in cui può essere ordinata la ricusazione di un primo ministro in carica. In poche parole verrà snellita la lista di motivazioni e casistiche con le quali può essere richiesta la destituzione del premier in carica e si rischia, così, che anche compiendo azioni gravi il premier non vada incontro a violazioni legislative e costituzionali tali da determinate la perdita dell’incarico. Molte casistiche verrebbero eliminare con la modifica legislativa sopracitata e così le violazioni che possono essere contesto rimangono pochissime.
Un disegno che regala diverse possibilità di salvataggio al governo di Netanyahu e ai suoi ministri di ultradestra e che crea timore nell’opposizione e nelle minoranze, presenti a Israele, e anche alle comunità internazionale. Proprio per questo una delegazione degli Stati Uniti ha visitato il Medio Oriente diverse volte nelle ultime settimane, per parlare con le autorità palestinesi e con quelle israeliane ma anche il funzionario delle Nazioni Unite Koopmans si è recato in territorio israeliano, per cominciare un dialogo di pace che riesca a riportare equilibrio tra autorità israeliane e autorità palestinesi, dato che la tensione è ai massimi livelli e si riflette anche sull’ambito politico. Una presa di posizione in diversi ambiti e tutti importantissimi che rischia di riportare sia una guerra in Medio Oriente che una rivoluzione interna.
Il piano della coalizione al governo di indebolire la magistratura hanno scatenato il malcontento popolare e si sono già manifestati in danni economici e sociali tale da portare figure di spicco israeliane come giuristi, economisti e imprenditori di sostenere le proteste e si parla di decine di migliaia di persone in tutto il paese che sono scese in piazza per dare sostegno nel condannare la presa di posizione spropositata di Netanyahu.
Le manifestazioni hanno avuto anche momenti di tensione e quando le persone hanno cominciato a defluire e si sono riversate verso l’autostrada Ayalon. Qui si sono verificati scontri tra forze di polizia e manifestanti e sono stati appiccati fuochi e blocchi stradali l’autostrada è rimasta bloccata per diverse ore.
Si apprende anche che 21 manifestanti sono stati arrestati e, durante la notte, è stata aperta un’indagine per un cittadino che ha imbrattato un muro con la scritta Netanyahu traditore. Le forze di polizia hanno dichiarato che molti dei manifestanti erano violenti e rivoltosi e che sono stati morsi.
Il premier Netanyahu ha parlato della situazione e ha dichiarato che a suo avviso i manifestanti hanno tentato di creare anarchia e cercare di andare incontro a una lezione forzata.
Il popolo e l’opposizione sono convinti che il la riforma vada a minare profondamente il carattere democratico israeliano evada infine a sconvolgere equilibri e il sistema di controllo degli equilibri concedendo tutto il potere nelle mani di persone e individui che non proteggono minoranze ma sostengono differenza e apartheid, piuttosto che cercare coesione e collaborazione tra popoli per poter avere un equilibrio anche interno che si rifletta nell’economia e nel progresso e sviluppo produttivo necessario per la ripresa economica.
Le proposte del governo hanno già indebolito nel concreto l’economia e lo shekel ha subito una svalutazione importante, la più importante negli ultimi tre anni, rispetto al dollaro e le azioni di Tel Aviv sono crollate in maniera importante.
Il primo ministro sostiene che le proposte andranno a rafforzare piuttosto che indebolire la democrazia, aggiungendo che sta attuando il volere popolare anche se diversi sondaggi recenti, come riferito dal Times of Israel, indicano i piani di revisione legislativa di Netanyahu come di gran lunga impopolari.
Il timore è che la Knesset possa decidere in anticipo se una legge sarà considerata valida o meno e determinarlo, nonostante la stessa legge sia in contraddizione con una norma fondamentale già esistente.
Un chiaro prevalere sulla magistratura, che preoccupa in tantissimi abiti e anche per la possibilità di utilizzare questo espediente per schiacciare minoranze e riprendere azioni ora non consentite dalle votazioni prevista per effettuare cambi legislativi. Probabilmente l’argomento sarà discusso mercoledì, in quanto è una delle questioni in cui ho salienti e che sfuggendo sì sto trasformando in rivolte e scontri ma sembra che questo non influisca sulle decisioni e sul proseguimento della coalizione governativa, che va avanti con le sue idee senza curarsi dell’opinione politica interna ed internazionale.
Per quanto riguarda la politica estera invece che ha preoccupato tantissimo la comunità globale, dato l’intensificarsi degli attacchi tra Palestina e Israele è stato necessario attuare interventi da parte degli Stati Uniti e dell’Unione Europea ma ora si vedono i frutti di questi colloqui e si apprende che la Giordania sta ospitando, in questo momento, colloqui tra alti funzionari israeliani e palestinesi nel tentativo di fermare l’ennesima ondata di violenza mortale tra Cisgiordania occupata e bloccare il timore di una nuova guerra, che affonderebbe entrambe le popolazioni. Qualcosa di già visto in passato e che deve essere, per quanto possibile, evitato.
La Giordania ospita i colloqui tra Israele e Palestina
Proprio in queste ore si stanno svolgendo in Giordania dei colloqui tra funzionari palestinesi e israeliani, che hanno lo scopo di appianare le recenti tensioni che hanno portato a numerose morti, anche di cittadini innocenti e gravi conseguenze per la popolazione. Un funzionario giordano ha riferito che i colloqui si stanno ottenendo al porto di Aqaba, sul Mar Rosso, e si tratta di uno sforzo bilaterale per fermare: “Un guasto alla sicurezza che potrebbe alimentare altra violenza”.
Ai colloqui sono presenti anche funzionari statunitensi e rappresentanti dell’Egitto per cercare un equilibrio alla destabilizzazione del Medioriente alla quale stiamo assistendo. Potrebbe verificarsi una pericolosa escalation che apporterebbe danni alla popolazione e alla comunità internazionale, sia in ambito sociale che economico, e si andrebbe ad aggiungere a un conflitto già in atto ovvero quello in Ucraina.
I colloqui avvengono seguito del raid israeliano compiuto sulla città di Nablus che ha visto veicoli corrazzati circondare un edificio dove erano nascosti due terroristi della jihad islamica, ma nel compiere l’operazione speciale hanno devastato un’intera zona e ucciso persone innocenti e cittadini che si trovavano nelle vicinanze per caso. Molti video sono apparsi anche sul web a testimonianza delle parole dei cittadini palestinesi.
Sono morte 62 persone e la preoccupazione internazionale è che si vada incontro a una possibile terza intifada palestinese dato il protrarsi delle provocazioni israeliane verso le fazioni islamiche.
Il funzionario giordano ha parlato con l’agenzia di stampa AFP e ha dichiarato, come riporta anche l’emittente Al Jazeera, che: ”L’incontro di sicurezza politica di domenica fa parte degli sforzi in corso, intensificati dalla Giordania in coordinamento con le autorità palestinesi e altre parti, per porre fine alle misure unilaterali da parte di Israele e a un’interruzione della sicurezza che potrebbe alimentare altra violenza.”
Le autorità della Giordania hanno specificato che saranno anche attuati accordi che mirano a misure di sicurezza economiche, che vadano dalle viale la difficoltà attuale del popolo palestinese.
Reuters riferisce anche che un funzionario, che ha voluto restare nell’anonimato, ho definito un evento eccezionale l’incontro odierno è un colloquio del genere non si verificava da anni e secondo lui è un risultato davvero importante essere riusciti a riunirli.
Sarà discussa anche la questione degli aumenti degli insediamenti israeliani in programma e annunciati da Netanyahu che ha accusato anche del tentativo di cambiare lo status quo dei luoghi sacri per la religione islamica e di volerlo fare soltanto per alimentare una faida religiosa, che non può portare a nulla di proficuo se non a morte e distruzione.
I colloqui sullo stato palestinese sono rimasti in stallo per almeno un decennio ed effettivamente la notizia di questo incontro ha sorpreso anche le nazioni occidentali, che hanno accettato immediatamente di partecipare al colloquio.
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