In base a ciò che scrive Il Sole 24 Ore, un manager delle risorse umane su due è favorevole al sistema di lavoro della settimana corta.
E questo ciò che afferma una survey realizzata dal centro ricerche dell’Aidp.
Da mesi ormai si parla della settimana corta, un argomento che anche in Italia molto spesso viene affrontato. I colleghi inglesi infatti hanno già sperimentato questa nuova modalità di lavoro ottenendo un immenso successo. Ed è proprio per questi risultati che gli italiani hanno mostrato molto interesse scegliendo così di sperimentare delle forme nuove di flessibilità riguardo l’orario sul posto di lavoro.
Infatti, circa un terzo di loro desidererebbe seguire il modello della settimana corta lavorativa piuttosto che continuare con quella tradizionale. Ma qual è il pensiero dei manager? In base a ciò che scrive Il Sole 24 Ore, sembra che il 53% dei manager delle risorse umane abbiano dato il loro ok per la settimana corta. Questo è ciò che si può leggere attraverso una survey realizzata dal centro ricerche dell’Aidp che vede Umberto Frigelli alla guida.
Un test fatto prendendo in considerazione l’opinione di circa mille manager. Numerose sono le motivazioni dietro questa approvazione. Infatti, il 53% è favorevole mentre il 47% è il contrario. Il primo gruppo formato da 500 manager, è presente un 79% che è convinto che la settimana corta possa essere in grado di migliorare la conciliazione tra vita e lavoro mentre il 49% è d’accordo sul fatto che questa aumenti il benessere psicofisico dei dipendenti. Inoltre, il 27% dei manager favorevole, afferma che tale decisione possa aumentare la motivazione al lavoro di tutti i dipendenti.
Il gruppo che invece ha affermato di essere d’accordo ma soltanto in modo parziale, ha sottolineato diversi criticità tra cui anche il fatto di definire questa come una misura della produttività che si basi sulla performance oltre che a valutare la sostenibilità economica.
Il 47% dei manager interrogati non sono d’accordo sul modello della settimana corta. I motivi dietro a questa affermazione sono inerenti a diversi fattori tra cui la non compatibilità con quella che è la situazione economica produttiva dell’impresa insieme ad un’implementazione molto difficile a livello organizzativo oltre che all’aggiunta di un orario di lavoro fatto di 9 o 10 ore.
In ogni caso resta ancora un punto di domanda riguardo alla retribuzione e all’orario: chi si prenderà la responsabilità del 20% di orario in meno che i dipendenti faranno? Se si sceglierebbe di utilizzare la riduzione dell’orario per compensare con la formazione, è necessario aggiungere delle coperture ulteriori.
In base a ciò che sottolinea Il Sole 24 Ore, l’opinione di Luca Failla, il giurislavorista, è quella che in Italia è necessario un cambio di paradigma riguardo al tema del rendimento: “L’introduzione della settimana corta a parità di salario in Italia sarà possibile solo a patto di fissare e rispettare il cosiddetto rendimento atteso dalle aziende rispetto ai propri dipendenti”.
In poche parole è necessario quindi modificare il paradigma del contratto di lavoro subordinato che fino ad oggi hanno usato le aziende “con il contratto acquistano e pagano la prestazione del dipendente per una certa quantità di tempo ma non il risultato di quell’attività”
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