Milano, Roma, Firenze e Prato alcune delle città che ospiterebbero le stazioni di polizia cinesi. A rivelarlo un report pubblicato oggi da una ONG spagnola.
Secondo il Dragone sarebbero solamente uffici di servizio a supporto dei residenti all’estero. Il sospetto dell’organizzazione spagnola è invece che si tratti di uno strumento di monitoraggio dei dissidenti per rimpatriarli forzatamente.
Solo in Italia sarebbero undici e la prima risalirebbe addirittura al 2016. Si tratta di “stazioni di polizia” cinesi non ufficiali, la cui presenza nella Penisola è la più alta al mondo sulle oltre cento stazioni individuate e che sono dislocate in almeno 53 Paesi. A rivelarlo è stata un’organizzazione non governativa spagnola per i diritti umani chiamata Safeguard Defenders, ossia la salvaguardia dei difensori.
In particolare, Milano sarebbe stata usata da due locali agenti cinesi – appartenenti alle autorità per la sicurezza pubblica – come base europea per sperimentare la strategia della polizia che consisterebbe nel monitoraggio della popolazione cinese all’estero e nel rimpatrio forzato dei dissidenti.
La ONG spagnola con sede a Madrid aveva già nel settembre scorso divulgato un dossier in cui rendeva noto che nel mondo esistevano 54 stazioni del genere. Aveva poi suggerito alle autorità l’avvio di indagini in almeno 12 Stati tra cui Canada, Germania e Olanda.
Secondo il nuovo report pubblicato oggi, le stazioni non sarebbero solo quelle già precedentemente individuate, bensì ci sarebbe una rete molto più ampia. L’organizzazione spagnola, che in Europa è anche registrata come una Fondazione, ha aggiunto altre 48 stazioni portando il totale globale a almeno 102. Molti i Paesi coinvolti tra cui anche Croazia, Serbia e Romania.
In Italia le stazioni appena individuate si troverebbero soprattutto nelle grandi città del Centro-Nord tra cui Roma, Milano, Bolzano, Venezia e Firenze. La presenza sarebbe stata riscontrata anche a Prato dove infatti si trova la comunità cinese più grande in Italia. Inoltre anche la regione Sicilia appare nella lista.
Dal canto suo, la Cina ha fatto sapere che questi “uffici” sono meramente “di servizio”, pensati per fornire aiuto e assistenza ai cittadini cinesi all’estero su questioni relative alla pubblica amministrazione e alla macchina burocratica come per esempio sui rinnovi di patenti di guida o passaporti.
L’indagine si basa su dichiarazioni pubbliche di cinesi e sui dati disponibili perché anch’essi pubblici. Riguarda inoltre solamente le stazioni istituite in Paesi dove è presente una consistente comunità cinese locale. Secondo l’organizzazione madrilena, inoltre, queste stazioni di polizia non erano direttamente governate da Pechino anche se alcune di essere starebbero iniziando a dare “chiari segni di una guida del governo centrale.”
La polizia non ufficiale verrebbe usata per “molestare, minacciare, intimidire e far rientrare forzatamente in Cina gli obiettivi (individui, ndr) per poi perseguirli“ la ricostruzione della ONG nel report.
In particolare, questo canale non ufficiale per mettere in atto l’estradizione si sarebbe verificato proprio in un caso documentato dall’organizzazione spagnola in Italia. Un operaio di un’industria sarebbe stato accusato di appropriazione indebita e in seguito avrebbe fatto rientro in Cina dopo 13 anni passati nella Penisola. Di lui si sarebbero poi perse le tracce.
“Dopo il monitoraggio dei dati cinesi, in aprile siamo venuti a conoscenza dell’informazione proveniente dal Ministero cinese della pubblica informazione che mostrava come 210mila persone erano state convinte a fare ritorno in Patria in un solo anno“, ha spiegato Laura Harth, la direttrice della campagna di Safeguard Defenders.
Secondo i dati Istat aggiornati al 2021, in Italia vivono 330mila cittadini cinesi. Questo spiegherebbe come ci sia potenzialmente terreno fertile, per le autorità cinesi di Pechino, per svolgere operazioni volte a influenzare forse anche alcuni accordi bilaterali tra i due Stati.
Nel settembre scorso, dopo la pubblicazione del primo dossier, l’allora ministra dell’Interno Luciana Lamorgese ( governo guidato da Mario Draghi) dichiarò al quotidiano Il Foglio che le presunte stazioni di polizia “non destavano particolari preoccupazioni.” L’attuale presidente del Consiglio Giorgia Meloni prima delle elezioni non vedeva di buon occhio Pechino. Nonostante questo, l’Italia non ha ancora annunciato alcuna indagine in merito, né ne ha ancora mai dichiarato l’illegittimità. Molti altri Paesi in Europa hanno invece già avviato inchieste interne per approfondire le affermazioni contenute nel report.
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