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Politica

In Italia la situazione è grave, ma non è grave. Il Livor Mortis del M5S

L’Italia vive un momento di difficoltà, anche perché il Movimento 5 Stelle, distrutto da lotte fratricide, dimostra egoismo e immaturità nel far precipitare il Paese in una crisi profonda.

Giuseppe Conte – Nanopress.it

Purtroppo, la diagnosi del grande Ennio Flaiano mostra ancora una volta la sua imperitura validità: in Italia la situazione è grave ma non è grave. Il romanziere, sceneggiatore di Fellini e attento osservatore della realtà della Italia, emise questo giudizio lapidario molti decenni fa. Sembra che una specie di difetto genetico condanni la società italiana a tornare periodicamente in quella condizione.

L’Italia ancora una volta non s’è desta

Questa volta la mancanza di serietà va attribuita al Movimento 5 Stelle e al suo attuale leader, l’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che hanno fatto precipitare l’arco costituzionale in una crisi politica, ritirando il loro sostegno al governo di unità nazionale guidato da Mario Draghi, in un momento straordinariamente complicato.

L’innesco è evidente: è la scomposizione di una formazione politica che ha ottenuto più del 30% dei voti alle elezioni legislative del 2018, e che ora raggiunge appena il 10% alle urne dopo aver subito una scissione. È, questa crisi, la storia di un movimento populista che è riuscito a cavalcare l’ampio malcontento sociale che stava travolgendo il Paese, con proposte seducenti come il reddito di cittadinanza, e che ora si sta disfacendo inesorabilmente a causa dell’incoerenza dei suoi leader e delle loro politiche, fino al sfortunate convulsioni di questa settimana.

Il livor mortis che incombeva sulla pelle della formazione ha portato Conte e il M5S a un disperato tentativo di farsi un proprio profilo in un ampio spettro di politiche. Dalle critiche al sostegno militare all’Ucraina alla richiesta di misure molto più radicali di sostegno sociale ai cittadini di fronte all’inflazione o al netto rifiuto di un nuovo impianto di combustione dei rifiuti a Roma, è stata una guerra senza quartiere.

Non c’è un problema specifico che abbia fatto precipitare la crisi: è stata il risultato di un tentativo a 360 gradi di riconquistare l’ossigeno per un partito che sta morendo. È un impulso partigiano immaturo, che si è sovrapposto all’interesse collettivo in un momento di straordinaria difficoltà.

Una decisione irresponsabile che potrebbe costringere il Paese ad affrontare la prevedibile criticità dell’autunno/inverno —con carenza di gas, prezzi alle stelle, contrazione economica, complesse decisioni europee legate alla guerra in Ucraina— nel bel mezzo di una campagna elettorale e di una successiva complicata trattativa per formare un governo in uno scenario frammentato e controverso.

Sullo sfondo, lo spettro di un debito pubblico massiccio, decenni di crescita stentata e prospettive di declino demografico. Per tutti questi motivi, la crisi è particolarmente grave. Draghi non ha ceduto ai ricatti e ora sembra deciso a non andare avanti, nonostante abbia ancora la maggioranza in Parlamento e nonostante le pressioni di tanti che lo implorano di garantire la stabilità del Paese.

Il vantaggio politico del partito di Gorgia Meloni

Il motivo è chiaro. L’ex capo della BCE ha accettato un mandato in una situazione complessa con il presupposto del sostegno di una coalizione di unità nazionale. Piaccia o no, con quel perimetro ha realizzato molte riforme. Proseguire dopo la partenza del M5S ha, invece, tutti i segni di un viaggio nel deserto in cui, prima o poi, un altro partner con maturità politica e difficoltà simili a quelle del Movimento, la Lega, avrebbe l’impulso di spiccano come in cui, a marzo, si avvicina la fine naturale della legislatura.

Giorgia Meloni – Nanopress.it

I politici regolari sarebbero probabilmente andati avanti. Draghi non vuole esporsi a quella prova, scendere a manovrare in quel fango. Come Conte, Matteo Salvini è in emorragia di voti, e sa che è più facile riprendersi dall’opposizione populista che all’ombra di un governo pragmatico guidato dalla figura carismatica di Draghi. Nessuno dimentica che Salvini ha cercato di far cadere un governo di cui era membro non molto tempo fa. per palese interesse partigiano e lo ha annunciato da un bar sulla spiaggia chiamato Papeete.

E tutti vedono che, mentre, all’estrema destra, Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni gode della condizione di addestramento non soggetto a disciplina governativa, e spara proiettili retorici giorno dopo giorno senza molti scrupoli. Difficile prevedere come si risolverà la crisi in Italia, il paese delle mille sorprese politiche. La mancanza di serietà è, fortunatamente, lontana dal suo unico tratto.

Il paese esibisce così tante aree di eccellenza —nell’industria, nel design, nella cultura, tra gli altri—. E anche, a volte, come bagliori, momenti di grande lucidità politica, senso di responsabilità, convergenza di volontà e figure di grande statura che si elevano al di sopra di certi combattimenti a piedi — come lo stesso Draghi o, prima di lui, Giorgio Napolitano, Carlo Azeglio Ciampi o Sandro Pertini tra gli altri—.

Altri paesi sono a corto di tali risorse. C’è chi vede nell’unità nazionale o nei governi tecnici formatisi in Italia delle deludenti sottospecie democratiche. Ma tutti, a prescindere dalla loro genesi, hanno avuto il legittimo appoggio della volontà politica dei rappresentanti parlamentari del popolo. Non c’era sovversione delle maggioranze assolute di un partito, ma costruzione di nuove maggioranze attraverso il dialogo.

Raggiungerlo e avere figure alte per pilotarli è più una virtù che un difetto. La descrizione di Flaiano ha un primato di altissimo livello. “Oh serva Italia, patria del dolore, nave senza timoniere in mezzo a una grande tempesta, non padrona di province, ma bordello”, gridò Dante nel Purgatorio VI. Restano secoli per la configurazione politica unitaria dell’Italia, ma quei tratti erano già visibili.

Si spera che prevalgano gli altri, che pure esistono, nella complessità delle realtà umane che solo i manichei, miopi o maliziosi non riescono a vedere.

Paolo Battisti

Giornalista Pubblicista dal 2013. Amo la storia e mi occupo di politica estera

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