Oggi, 7 giugno 2022, nel nostro Paese è il “Tax Freedom Day”. Il giorno dell’anno in cui gli impiegati italiani potranno pensare solo al ricavato e non alle tasse, dopo averle finite di pagare il 6 giugno.
Quest’anno il “Tax Freedom Day” si “festeggia” un giorno prima rispetto al 2021.
La Confederazione Generale Italiana dell’Artigianato (CGIA) di Mestre grazie a questo esercizio teorico punta a dimostrare l’esorbitante peso fiscale che ancora grava sul popolo italiano.
Nel mese di giugno, secondo la CGIA, i lavoratori italiani dovrebbero pagare circa 141 scadenze fiscali e tra queste, circa 122, e cioè l’86.5% del totale, obbligherà gli italiani a porre mano al proprio conto in banca.
Nella nota viene scritto che il lavoratore italiano medio dopo circa cinque mesi dall’inizio dell’anno finisce di lavorare per poter essere dispensato da tutti gli obblighi fiscali dell’anno (addizionali varie, contributi previdenziali, IMU, IRAP, IRES, IRPEF, IVA, Tari, etc.).
Non tutte le tasse però, come descritto dalla CGIA devono essere pagate a giugno, solo alcune di queste, per esempio: l’IMU; la prima rata dell’IRAP; i contributi previdenziali, che però sono dovuti solo a coloro i quali posseggono una Partita IVA.
L’IVA dell’anno precedente, per esempio, deve essere pagata entro il 16 marzo dell’anno successivo (data della scadenza) e solo se si è superata quella data allora deve essere pagata entro il 30 giugno (seconda scadenza) con una maggiorazione dell’importo dovuto; l’IRPEF scade il 30 giugno, ma viene pagata dai lavoratori dipendenti con lo stipendio del mese di luglio e dai i pensionati con la pensione di agosto.
Nel 2021 l’Italia ha registrato un record di pressione fiscale del 43.5%, facendo scoccare il “Tax Free Day” all’8 giugno.
Il nostro paese si è classificato sesto tra i ventisette paesi dell’Unione Europea, siamo stati preceduti dalla Danimarca con il peso fiscale del 48.1%, dalla Francia con il 47.2%, dal Belgio con il 44.9%, dall’Austria con il 43.8% e dalla Svezia con il 43.7%.
La media dell’Unione Europea dello scorso anno era del 41.5%.
Questo grave aumento della pressione fiscale del nostro paese è dovuto alla crescita del PIL che dopo una caduta del -9% nel 2020 si è rialzato del 6.5% nel 2021, aumentando di moltissimo le entrate.
Nel 2022 la pressione fiscale dovrebbe diminuire dello 0.4% nonostante la crescita economica che si assesterà intorno al 2.5%.
Questa diminuzione è dovuta al taglio dei contributi e delle imposte decise dal governo Draghi.
Secondo il Ministero dell’Economia e delle Finanze quest’anno lo Stato italiano dovrebbe avere un introito di circa 40 miliardi di euro tra imposte e contributi, rispetto al 2021.
Questo forte aumento è una conseguenza dell’aumento dell’inflazione, che si alterna tra il 6% e il 7%.
La CGIA propone quindi che in un periodo di crisi come questo il Governo si adoperi per restituire una parte di queste entrate extra ai cittadini in difficoltà economica.
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