Sembra che nelle strutture di pronto soccorso italiane il fenomeno del boarding aumenti sempre di più. Questo fenomeno identifica l’attesa di un letto che a volte arriva anche dopo 5 giorni di attesa. I malati quindi che si ritrovano a richiedere un letto, potrebbero riceverlo giorni e giorni dopo la loro domanda. Ovviamente il termine è stato rubato dal dizionario degli aeroporti, dove questa parola viene identificata come attesa da parte dei passeggeri. Così come in aeroporto c’è chi aspetta il proprio aereo, al pronto soccorso c’è chi è costretto ad aspettare per diverso tempo un letto.
Questo problema si sta registrando in Italia soprattutto negli ospedali Hub, dove ormai attendere un letto per diversi giorni è una regola fissa. Sono state avviate diverse iniziative per gestire questa crisi, ma si sono limitate solo a documenti ufficiali, assolutamente inutili di fronte alla realtà. Il tempo massimo di regola dovrebbe essere un’attesa di 6 ore, ma molti pazienti dichiarano di aspettare dai 2 ai 5 giorni. Vediamo questa situazione più da vicino.
L’attesa per un letto in reparto, dopo la richiesta di ricovero è stata ormai identificata con il termine boarding. Il tutto è da ricollegarsi alla carenza di personale all’interno delle strutture e alla situazione in cui gli ospedali, più precisamente gli hub italiani, vivono da diverso tempo.
Ovviamente c’è una soluzione per ovviare a questa situazione a dir poco vergognosa che si sta registrando nell’ultimo periodo, ma non è semplice e nemmeno poco dispendiosa. La risposta è molto semplice: servono più posti letto, più medici e più spazio.
Il boarding possiamo identificarlo come una conseguenza ai vari tagli che si sono accavallati negli ultimi anni e con il quale adesso bisogna fare i compiti. Negli ultimi 10 anni infatti sono stati eliminati 30.492 posti letto, riducendoli così del 19%. Le regioni che sono state più colpite sembrerebbero essere il Molise, la Puglia, la Liguria, la Calabria.
Qui, per essere più chiari è come se si fosse eliminato un posto ogni 4 letti presenti all’interno di una struttura, ma il taglio più pesante ha senz’altro riguardato la lungodegenza. Qui la diminuzione ha sfiorato il 30% rendendo ovviamente le strutture scoperte.
Altro punto senz’altro dolente è l’occupazione dei posti letto. Secondo il decreto del ministero il tasso ottimale per non aumentare il numero dei morti negli ospedali non dovrebbe superare il 85%. Nel 2022 siamo arrivati al 97,6%, che supera di gran lunga la soglia massima prestabilita.
Tutto ovviamente si potrebbe sistemare andando ad aumentare la spesa relativa per LCT, che ad oggi registra percentuali veramente basse. Due anni fa infatti l’Italia avrebbe speso circa 274 euro per abitante, contro una spesa media europea di 541 euro. È evidente come l’investimento su questo aspetto non è adeguato alle esigenze della popolazione italiana.
Ogni anno infatti paesi come la Germania, la Francia, L’Irlanda è l’Australia aumentano in percentuale la loro spesa per LCT. Si parla di numeri come il 65% in più rispetto all’anno precedente, che stona senz’altro con l’aumento del 10% da parte dell’Italia.
I problemi però non finiscono di certo qui, infatti il numero dei medici è diminuito drasticamente dal 2020. Siamo infatti arrivati a registrare 4800 unità in meno. Nel 2020 però, a causa della pandemia che ha messo in ginocchio il nostro paese, c’è stata un immissione di circa 1000 medici. Possiamo affermare che se non ci fosse stata una situazione così drastica, la diminuzione sarebbe arrivata a toccare 5800 unità in meno.
Insomma, il problema non è il Pronto Soccorso ma il sistema che gira intorno ad esso. La crisi che stiamo attraversando in questo momento non è che la risultante di scelte sbagliate o poco ragionate. Bisognerebbe ragionare sul fatto che il personale sanitario dovrebbe poter lavorare con meno rischi e con carichi di lavoro decisamente più ridotti rispetto a quelli registrati oggi. In questo modo si potrebbe di certo ottimizzare il sistema e risolvere diversi problemi come quello del boarding.
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