Nella regione del Darfur, in Sudan, sono stati uccisi almeno 40 civili nella giornata di ieri, la maggior parte di loro appartiene all’etnia dei Masalit particolarmente colpita dalle milizie arabe e dalle Forze di supporto rapido perché non è di etnia araba.
In Sudan ormai c’è la guerra civile che ogni giorno causa decine di vittime tra i civili, oltre alla guerra la popolazione si deve confrontare con la crisi umanitaria, la carenza di cibo, la crisi economica e anche la scarsa assistenza medica.
Nella zona occidentale del Darfur, in Sudan, sono almeno 40 i civili che sono stati uccisi nella giornata di ieri, 12 luglio 2023.
Secondo le dichiarazioni di alcuni testimoni ci sono stati ieri diversi attacchi delle milizie arabe ma anche delle Forze di supporto rapido contro quella che parte della popolazione che non è araba nella città.
La maggior parte delle vittime di ieri appartengono ad un’etnia in particolare ossia quella dei Masalit, che non è araba e che nelle ultime settimane è stata più volte colpita duramente.
Secondo quanto riportato da Human Right Watch nelle città di El Geneina e Mesterei sono 68 le persone di etnia Masalit a essere state uccise nei giorni scorsi.
Il Sudan è ormai una nazione devastata dalla guerra civile e si trova ad affrontare una crisi come mai prima d’ora.
L’inizio della guerra si è verificato il 15 aprile quando si è riaccesa la rivalità politica tra i due generali che si trovano al vertice del Consiglio sovrano che attualmente è alla guida del Paese.
Da una parte c’è Abdel-Fattah al-Burhan che è ufficialmente il presidente e dall’altra invece Mohamed Hamdan Dagalo che è invece considerato il vicepresidente.
I loro dissapori politici si sono trasformati in violenze e scontri che si sono inizialmente concentrati sulla città di Khartoum, la Capitale, e si sono poi estesi su tutta la nazione.
Le due fazioni che si stanno fronteggiando vedono da una parte i paramilitari delle Forze di supporto rapido, conosciute con l’acronimo Rsf, che seguono il vicepresidente Dagalo e dall’altra parte invece troviamo l’esercito regolare con a capo il presidente al-Burhan.
Il territorio del Sudan è costantemente sotto attacco con bombardamenti, mobilitazioni di blindati, sparatorie, incursioni e atti di forza che coinvolgono anche, e soprattutto, la popolazione, e poi annunci contrastanti che rendo totalmente instabile il territorio sudanese.
Oggi non si può più parlare di dissapori ma quello che sta vivendo il Sudan è una vera e propria guerra civile che ogni giorno miete numerose vittime soprattutto tra i civili.
Una situazione drammatica perché oltre alla guerra, la popolazione si deve confrontare anche con la crisi umanitaria, la carenza di cibo, la quasi mancanza di assistenza medica e la crisi economica.
Abdel-Fattah al-Burhan e Mohamed Hamdan Dagalo si conoscono da moltissimi anni e per lungo tempo sono stati dalla stessa parte. Infatti hanno collaborato ad esempio al colpo di stato che avvenne nel 2019 che permise di abbattere la dittatura di al Bashir dopo circa 30 anni.
In seguito fu instaurato nel Sudan un governo transitorio che doveva accompagnare il Paese alle elezioni democratiche, ciò però non avvenne perché i due unirono le forze e fecero cadere il governo creando un’alleanza militare chiamata Consiglio Sovrano.
Ognuno aveva la sua parte e il suo ruolo all’interno del Consiglio Sovrano e tutto è andato per il meglio fino a che l’esercito governativo non ha spinto e promosso la via della democratizzazione vista la promessa di ricevere aiuti economici internazionali.
Era richiesto però che l’esercito della Rsf venisse integrato in due anni all’esercito governativo creando un’unica forza militare, a Dagalo questa opzione non è piaciuta perché avrebbe comportato la perdita immediata di tutto il suo potere sul campo essendone lui il comandante.
Chiese così che il processo di assorbimento si potesse compiere nell’arco di 10 anni, ovviamente dall’altra parte non c’era la volontà ad accettare quindi questo ha eliminato ogni equilibrio nella nazione dando vita a quella che è la situazione odierna.
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