Il triste volto della guerra sta sempre più mettendo al tappeto l’Ucraina e soprattutto i suoi cittadini. L’inverno si prospetta particolarmente difficile per entrambe le forze in campo, ma a pagare il freddo e le condizioni infauste a cui sono sottoposti sono soprattutto le persone che vivono a Kiev o in alcune zone del Paese invaso. Anche nelle ultime ore, la situazione non è affatto semplice: i numeri sono spaventosi e tracciano un quadro in cui sempre più cittadini sono senza acqua, senza luce e con estrema difficoltà a riscaldarsi. Il tutto rientra in una strategia più ampia di Vladimir Putin: ecco cosa sta accadendo.
La guerra tra Russia e Ucraina sta vivendo diverse stagioni e diverse strategie di entrambe le parti. Mentre in Italia, ma un po’ in tutto il mondo, continua il dibattito su quanto sia davvero giusto continuare a rifornire gli uomini di Volodymyr Zelensky di armi e aiuti, la situazione in cui versa l’Ucraina nelle ultime settimane è veramente complicata. I cittadini hanno mostrato grande resilienza già nella prima fase della guerra, ora però sono costretti a far fronte contro problemi gravissimi nella loro quotidianità. Con un clima sempre più rigido a cui dar conto, la strategia russa ha portato alla mancanza di luce, acqua e riscaldamento in diverse, troppe zone. Nelle ultime ore le cose non sono andate diversamente.
Il freddo, il buio, la neve e il peggio non è ancora arrivato. Le testimonianze non sono mancate nelle ultime ore in Ucraina e raffigurano una situazione in cui i cittadini stanno vivendo sempre più in prima persona le difficoltà che presenta la guerra. Per molti, all’estero, è argomento di dibattito, di stracci volanti e piatti rotti, per loro sono le difficoltà di ogni gelida notte, della mattina prima di andare al lavoro, della lotta per permettere a bambini e fragili – ancora di più – di vivere in condizioni accettabili.
La Russia sta puntando proprio su questo: quando le cose si sono messe male sul campo di battaglia, il Cremlino ha deciso di rifarsi sui civili ucraini e le loro strutture essenziali. Ma andiamo con ordine. Tutto è partito da settembre, quando Zelensky, grazie soprattutto agli aiuti costantemente forniti dagli alleati, ha potuto lanciare una controffensiva che ha permesso all’Ucraina di riconquistare diversi territori essenziali ai fini della guerra.
Con un esercito russo sempre più lacerato nei suoi vertici e con diverse fratture interne, il Paese assalito ha potuto intraprendere una campagna di ritorno in molte città occupate fin dall’inizio del conflitto. Non ci riferiamo in maniera stretta al Donbass, ma ad esempio alla vasta Kherson e a migliaia di chilometri nuovamente ripresi dalle truppe di Zelensky. E intanto la Russia? Batteva in ritirata e alzava per forza di cose bandiera bianca, in quella che loro hanno definito riorganizzazione, ma che, di fatti, era semplicemente una fuga all’indietro. La guerra si è talmente tanto ribaltata da permettere al leader della nazione precedentemente occupata di guardare anche alla Crimea. Si tratta di un simbolo forte per entrambe le parti in causa. Era stata presa con la forza – ma non ce n’è stato neanche tanto bisogno – nel 2014, poi la Russia ne ha fatto una sorta di fortino di guerra, tanto da utilizzarla per rifornimenti continui anche durante il conflitto.
Proprio dopo l’attacco al ponte di Crimea, che dal punto di vista simbolico è fondamentale per la storia personale al comando di Putin, il numero uno del Cremlino ha deciso che non si poteva più incassare un numero di sconfitte tanto largo, a qualsiasi costo. E la risposta è stata fredda e violenta, a partire dal ribaltone nelle vette dell’esercito. Sono iniziati, infatti, degli attacchi su larga scala in tutto il territorio ucraino e che hanno tentato di mettere al tappeto, in primo luogo, la capitale Kiev. Lo sguardo non si è focalizzato più sulle truppe, ma sulle infrastrutture energetiche e civili.
Insomma, semplificando ai massimi livelli, sfruttando decine di missili e droni kamikaze – e qui ci sono di mezzo gli aiuti dell’Iran – la Russia ha colpito contemporaneamente, e in più occasioni, numerosi punti essenziali per Zelensky, tentando di mettere in seria difficoltà la vita di milioni di ucraini e lasciandoli in condizioni complicate da rendere compatibili con una vita che possa definirsi normali. Da lì in poi, con un inverno sempre più freddo alle porte, i cittadini di Zelensky sono rimasti sempre di più al buio. La trasmissione dell’energia elettrica è stata sempre più un’impresa in molte zone della capitale e di tutto il Paese. E la corsa ai riscaldamenti è diventata sempre più vana. Ad aggravare ulteriormente il quadro, ci sono i problemi per l’approvvigionamento d’acqua. Uomini, donne, bambini, chi lavora tutti i giorni ha anche serie difficoltà a portare a termine una doccia, per cui sono disponibili solo pochi bicchieri d’acqua. E con file lunghissime per averla a disposizione.
Ma l’Ucraina non arretra, convinta di essere in vantaggio sul campo di battaglia e che nei prossimi mesi, se gli aiuti degli alleati continueranno ad arrivare, la situazione potrebbe ulteriormente giocare a favore degli assaliti. La Russia, però, non ha intenzione di fermarsi e non sappiamo concretamente fino a che punto, dato che la minaccia nucleare e di distruzione totale ogni tanto riemerge ed è sempre presente nella strategia comunicativa di Putin e dei suoi alleati.
Le ultime ore hanno dimostrato quanto sia difficile il momento per gli ucraini e come l’inverno potrebbe essere sempre più gelido per i cittadini del paese assalito. La Russia ha portato nuovi attacchi su larga scala e ha lasciato ancora in ginocchio i civili, considerati ancora una volta avversari. Gli esiti sono sotto gli occhi di tutti nelle ultime ore.
Partiamo dalla situazione della capitale Kiev. I bombardamenti russi, infatti, hanno colpito indirettamente il 70% delle abitazioni, che ora si ritrova senza corrente elettrica. I danni riguardano, ancora una volta, anche l’acqua che scorre, ma anche evidenzia ancora troppi problemi in alcune zone. E quindi come risolvere la cosa? Beh, innanzitutto questa è una fase in cui all’Ucraina tocca ancora una volta resistere e difendersi, sfruttando soprattutto i sistemi di difesa aerea che ha richiesto e gli sono stati dati. Poi Zelensky e i sindaci interessati hanno anche sguinzagliato le squadre di riparazione e d’emergenza per tentare di ripristinare il prima possibile i riscaldamenti, viste le bassissime temperature a cui l’Ucraina è sottoposta. Mentre vi stiamo scrivendo, a Kiev è rigorosamente sotto i zero gradi e destinata ad abbassarsi ulteriormente con l’arrivo della sera, ancora peggio con la notte.
Se si guarda in tutta l’Ucraina, invece, le cose vanno ancora peggio. Sono 87 gli insediamenti a Sud senza né acqua, né elettricità. Ci troviamo, nello specifico, nella regione di Mykolaiv dove si è verificata l’interruzione dell’erogazione dell’energia elettrica, dell’acqua e del servizio di smaltimento delle acque reflue. L’annuncio è stato dato dall’amministrazione statale regionale attraverso il suo profilo Facebook. Il testo del comunicato non lascia spazio a ulteriori interrogativi, specificando che, anche in questo caso, le riparazioni sono in corso: “Al momento, i servizi di fornitura di energia elettrica, acqua e smaltimento delle acque reflue sono stati interrotti in 87 insediamenti (in quattro insediamenti – parzialmente) nel distretto di Bashtanka della regione di Mykolaiv e nel distretto di Mykolaiv. Sono in corso lavori di riparazione“. I problemi non si limitano sono a elettricità e acqua ma anche al gas: sono addirittura 6368 le utenze domestiche che sono rimaste senza la fornitura di gas, con tutto ciò che comporta.
Una situazione che non si placherà nelle prossime settimane e la cui ricaduta sarà sempre più forte sulla quotidianità e la vita delle persone comuni. La mamma che deve svegliarsi presto e non ha i servizi essenziali per prepararsi per il lavoro, le famiglie lasciate al freddo, i bar e i servizi di ristorazione lasciati senza luce e gas, quindi costretti a chiudere. La guerra si analizza spesso sotto il profilo militare, ma non per la ricaduta diretta sulla vita delle persone.
E lì potrebbe essere pagato il costo più alto, da entrambe le parti: potrebbero essere centomila i soldati che la Russia sarà costretta a sacrificare al freddo. Non può essere corretto e non si può non accelerare per la pace. Ora è più di un’esigenza, è la lotta tra umanità e tutto ciò che è la sua nemesi.
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