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Categories: Cronaca

Incendi in Sicilia, Calabria e Campania: perché il Meridione in estate brucia?

Incendi in Sicilia, Calabria e Campania: roghi devastanti e continui che distruggono migliaia di ettari di vegetazione, rendono l’aria irrespirabile, causano blocchi sulle autostrade e mettono a rischio l’incolumità dei cittadini. Ma quali sono le ragioni per cui il Meridione brucia? Chi sono i veri responsabili dei devastanti incendi che ogni anno, durante la stagione calda, attanagliano le regioni del Sud? Addentrandosi nella fitta matassa organizzativa dell’estremo sud del nostro Paese, emerge uno scenario inquietante: ecco gli assurdi intrecci tra mafia, politica e guardie forestali infedeli.

INCENDI DOLOSI: LE 10 DRAMMATICHE CONSEGUENZE SULL’AMBIENTE

Sicilia in fiamme: dall’incendio del 2016 a Cefalù ai roghi del 2017

Iniziamo il nostro viaggio alla scoperta delle ragioni che si nascondono dietro agli incendi in Sicilia, Calabria e Campania, dai fatti di cronaca dello scorso anno. Nel giugno del 2016, Cefalù è stato uno dei luoghi rimasti più colpiti da un grande incendio divampato nella zona, per cui gli investigatori hanno seguito convinti la pista dolosa. Sono diversi gli elementi che hanno fatto pensare alla mano dell’uomo: innanzitutto le fiamme sono divampate in punti troppo distanti tra loro, inoltre le temperature erano troppo basse perché potesse scatenarsi da solo un incendio: ‘L’autocombustione è una favoletta. Non è possibile che tutta l’Isola prenda fuoco per caso nello stesso momento’, aveva dichiarato il presidente dell’ente Parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci, mentre il governatore siciliano Rosario Crocetta, si domandava sarcasticamente: ‘Può accadere che a Cefalù un incendio divampi ieri sera quando la temperatura era di 24 gradi? Perché in Sicilia gli incendi scoppiano sempre di notte?’

L’estate del 2017 non si sta mostrando differente dalla scorsa: nel mese di luglio sono scoppiati numerosi incendi che stanno riducendo in cenere migliaia di ettari di Sicilia, Calabria e Campania (l’area più critica è quella Vesuviana). In tutta la regione Campania sono circa 100 gli incendi che sono stati appiccati e che hanno impegnato negli interventi di soccorso oltre 600 uomini tra personale della Protezione civile della Regione Campania, dipendenti della Sma Campania e volontari. In Sicilia invece, l’allerta è massima in sette delle nove province: Agrigento, Palermo, Caltanissetta, Catania, Enna, Messina, Palermo e Ragusa.

Gli incendi in Sicilia, Calabria e Campania, sono evidentemente un problema cronicizzato, incancrenito, che è il risultato di un insieme di fattori molto diversi tra loro, difficili da mettere insieme: costruire una mappatura chiara delle dinamiche che portano alla distruzione di intere aeree naturali di queste regioni, è un po’ come tentare di mettere insieme i pezzi di puzzle diversi. Il quadro che ne esce non avrà mai una cornice definita.

Le ragioni ‘più semplici’ degli incendi in Sicilia, Calabria e Campania

Perché il sud brucia? Si tratta di una domanda emblematica, la cui risposta include numerosi fattori e ragioni differenti. Partiamo innanzitutto dalle cause ‘più semplici’ per comprendere perché divampano continuamente incendi al Sud:

– Campeggiatori poco attenti che accendono falò e poi li abbandonano non sapendo che la brace cova sotto la cenere per ore ed ore e il vento può riaccendere il fuoco in qualsiasi momento;
– Automobilisti che parcheggiano l’auto sull’erba secca: una marmitta arroventata in una giornata particolarmente afosa può innescare un incendio;
– Fumatori distratti che gettano il mozzicone di sigaretta fra le sterpaglie;
– Mitomani attratti dal fascino distruttivo del fuoco.

Tutto qui? Nemmeno per sogno….

I responsabili degli incendi al Sud

C’è poi tutta un’altra fetta di responsabili che riflettono le gravi malattie di cui il nostro Bel Paese è affetto: da un lato ci sono le mafie e dall’altra ci sono le guardie forestali e i politici. E poi ci sono gli agricoltori. Cosa c’entrano queste realtà tra loro?

Partiamo proprio dall’ultima categoria: in recepimento della normativa nazionale, gli enti locali hanno la facoltà di proibire i roghi di sterpaglie in determinati periodi dell’anno particolarmente a rischio per gli incendi. Chi viene sorpreso a dar fuoco alle sterpaglie rischia una multa non da poco. Allora cosa fanno molti agricoltori? Appiccano i roghi e si dileguano. Ma ogni tanto il fuoco supera i confini del loro podere causando disastri.

Andiamo avanti ed entriamo nel cuore del problema: i politici locali da sempre vedono nelle guardie forestali un prezioso bacino da cui attingere voti elettorali: per assicurarsi i loro voti, solitamente offrono loro un contratto di lavoro stagionale. Quasi sempre i contratti vengono stipulati poco prima di una campagna elettorale. E non si parla di una manciata di voti, nelle regioni del sud infatti, soltanto in Calabria, si contano circa 10.500 addetti alla salvaguardia del territorio per una superficie di 6.500 km quadrati. Un numero spropositato, se si pensa ad esempio che in Canada, una delle nazioni modello non soltanto dal punto di vista economico, ma anche per la qualità di vita e l’assistenza, su un’estensione forestale di oltre 400.000 km quadrati, i Rangers sono circa 4.200. Facendo un rapido conto, in Calabria, ogni 191 abitanti c’è 1 forestale
Da un dossier scottante, chiesto dal governatore della Sicilia Rosario Crocetta, è emerso che 3.500 addetti al controllo forestale hanno diverse, pesanti condanne sulle spalle: nello specifico di questi circa mille hanno sentenze per reati contro il patrimonio, compreso l’incendio doloso, 200 hanno reati contro la pubblica amministrazione, 600 contro la persona, più altre centinaia di condanne per reati legati all’amministrazione della giustizia. Un quadro surreale che è stato reso possibile dal fatto che per moltissimi anni, le guardie sono state chiamate in servizio a scatola chiusa. Non veniva fatta alcuna selezione, né controllo per verificare eventuali incompatibilità. Poi chi può impedire che gli stessi forestali (infedeli e non professionalizzati) per dimostrare la propria utilità e pretendere la riassunzione, decidano di appiccare incendi, per poi provvedere prontamente a domarli?

E dopo questo lungo preambolo andiamo al cuore del problema: i mafiosi sono i responsabili della maggior parte dei roghi che devastano i nostri boschi. I motivi per cui i mafiosi appiccano i roghi sono almeno 3:
– riaffermare il proprio dominio sul territorio
– avere aree edificabili
– ritorsione contro chi (istituzioni o privati) si oppone ai suoi scopi criminali.
La mafia ha tutto l’interesse a bruciare boschi per poi avere nuove aree su cui edificare. Le autorità hanno iniziato a capire che l’unico modo per impedire che le aree verdi vengano consumate dagli incendi è istituire un catasto degli incendi boschivi che vincoli le aree interessate per un certo numero di anni. Alcuni comuni pongono un limite di 10 anni per la costruzione nelle aree devastate dalle fiamme, ma è troppo poco considerando che per far ricrescere un bosco servono 30 anni. 10 anni per le mafie sono solo un investimento sul lungo periodo.
Ma non solo: il grande business degli ultimi anni è quello dei fondi europei. Un allevatore disonesto acquista pochi capi di bestiame, dichiara di averne molti di più e incassa centinaia di migliaia di fondi europei. Molto spesso si tratta di persone vicine ad ambienti mafiosi. Se le autorità fanno scattare i controlli, parte la rappresaglia malavitosa e centinaia di ettari vengono dati alle fiamme. Recentemente il protocollo ideato dal presidente del Parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci è stato interamente recepito nel nuovo codice dell’Antimafia. In Sicilia il protocollo Antoci ha stroncato i business delle agromafie relativamente agli abusi sull’erogazione dei fondi europei causando gravissimi danni agli affari delle cosche. Ora sarà applicato su tutto il territorio nazionale

A tutto questo si unisce un’altra categoria di colpevoli, quella dei pastori: da sempre, per poter ottenere nuove zone verdi da adibire al pascolo dei loro animali, una piccola parte di pastori scellerati appicca incendi in determinate aree particolarmente favorevoli senza curarsi dei danni generati dal loro operato.

I numeri degli incendi in Sicilia, Calabria e nel resto d’Italia

A conferma che dietro agli incendi in Sicilia, Calabria e Campania c’è la mano oscura della mafia dei terreni ci sono anche i numeri. Secondo l’ultimo rapporto Ecomafia di Legambiente (riportato da Il Sole 24 ore), lo scorso anno sono stati 4.635 gli incendi boschivi, per cui è stato necessario l’intervento dell’ex Corpo forestale dello Stato e dei corpi regionali. Dati tristemente in crescita rispetto al 2015. E sono stati più di 27mila gli ettari di aree verdi a finire in fumo per via dei roghi nel 2016, ovvero le dimensioni della devastazione prodotta dagli incendi nell’estate 2017. Un disastro che non sembra conoscere fine. Le persone denunciate, tra piromani, ecocriminali ed ecomafiosi nel 2016 sono state 322, mentre quelle arrestate sono state 14.

Beatrice Elerdini

Beatrice Elerdini è stata una collaboratrice di Nanopress dal 2014 al 2019, occupandosi di cronaca e attualità. Degli stessi argomenti ha scritto su Pourfemme dal 2018 al 2019.

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