Mohammad, a sinistra, col fratello Omar
Si chiamava Mohammad al-Haj Ali, aveva 23 anni ed era un profugo siriano, sopravvissuto alla guerra in Siria, per morire nell’incendio del grattacielo a Londra. È lui la prima vittima identificata del rogo che ha colpito la Grenfell Tower: una tragedia nella tragedia per il giovane che era venuto a Londra per iniziare una nuova vita, dimenticare gli orrori della guerra e ricominciare daccapo. Studente di ingegneria civile presso l’Università di West London, Mohammad era col fratello maggiore Omar, anche lui studente di economia a Londra, quando è scoppiato l’incendio: i due fratelli erano scappati dal loro appartamento al 14° piano ma nel caos si erano persi di vista. A quel punto Mohammad è ritornato nell’appartamento dove è rimasto intrappolato per due ore prima di riuscire a chiamare la famiglia in Siria. “Il fuoco è arrivato qui, addio“, le sue ultime parole.
Secondo la stampa britannica, il fratello Omar ce l’ha fatta a fuggire dalle fiamme ed è ora ricoverato per intossicazione da fumo al Kings Cross Hospital.
La morte di Mohammad ha scosso l’intera comunità siriana di Londra, la città che il giovane aveva scelto per avere una vita migliore: secondo quanto raccontato al Telegraph da Abdulaziz Almashi, un amico di famiglia e co-fondatore dell’associazione Syrian Solidarity Campaign in Uk, il 23enne non ce l’ha fatta perché i vigili non sono riusciti ad andare oltre il 13esimo piano.
“È sopravvissuto ad Assad, alla guerra in Siria solo per morire in un grattacielo a Londra. Non ci sono parole“, ha aggiunto Almashi.
La famiglia di Mohammad, composta anche dal fratello Hashem, di 20 anni e anche lui a Londra, due sorelle e i genitori, è originaria di Daraa, città nel sud della Siria dove nacque la rivoluzione contro Bashar al-Assad e da dove erano fuggiti tre anni fa. Tutti i fratelli avevano ottenuto asilo politico in Inghilterra: da lì a poco il 25 giugno avrebbe celebrato con gli amici l’Eid, la fine del Ramadan.
Intrappolato nell’appartamento, Mohammad è riuscito a mettersi in contatto con i suoi cari rimasti in Siria che, ha spiegato Mirna Suleiman, attivista della comunità siriana e sua amica, non vedeva da anni e con cui doveva avere contatti limitati per non metterli in pericolo per via della repressione contro gli oppositori di Assad.
“Dopo aver saputo la notizia ero isterica perché sapevo quanto aveva lottato per arrivare qui“, ha raccontato al Middle East Eye. “Il fatto che sia morto soffocato è sconvolgente. È venuto in Gran Bretagna per studiare e ricominciare a vivere, ma la morte lo ha inseguito fin qui“.
Abdullah Hourani, attivista della Syrian Solidarity Campaign, ha confermato che Mohammad era molto amato dalla comunità siriana, partecipava alle iniziative a supporto della democrazia contro il regime di Assad ed era molto attivo nel quartiere. “Mohammed ha fatto molto per i rifugiati e tutte le persone che gravitavano nella sua vita“.