L’inchiesta Mose a Venezia si arricchisce di altri nomi illustri della politica italiana. Pure l’ex premier Enrico Letta (dopo lo zio Gianni Letta), Massimo Cacciari, l’arcivescovo di Milano Angelo Scola, Giulio Tremonti, Renato Brunetta, Pietro Lunardi, e molti altri sono stati citati nelle interrogazioni che stanno seguendo allo scandalo Mose a Venezia. I 4 testimoni che stanno raccontando tutto sul progetto di dighe mobili per la salvaguardia della città lagunare, hanno descritto il coinvolgimento di politici e funzionari statali nel giro di mazzette e “favori” emerso dall’inchiesta sul Mose.
I contorni dello scandalo Mose a Venezia si fanno più definiti man mano che diventano di pubblico dominio. Nei verbali delle interrogazioni appaiono nuovi nomi di spicco del mondo politico italiano. Il supertestimone dell’inchiesta, Piergiorgio Baita, l’ex presidente del gruppo Mantovani e socio di maggioranza del Consorzio Venezia Nuova, è un vero fiume in piena.
I coinvolti
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Negli affari illeciti riguardanti la costruzione del Mose, oltre a Giorgio Orsoni e Giancarlo Galan, effettivamente arrestati, appare anche l’ex ragioniere generale dello Stato Andrea Monorchio, oltre che l’ex premier Gianni Letta e l’ex sindaco di Venezia Massimo Cacciari. Roberto Pravatà (vicedirettore generale del Consorzio Venezia Nuova) ha accusato G. Letta di aver intascato dal Consorzio stesso 150mila euro come finanziamento per una campagna elettorale del 2007. Episodio smentito da Letta, che a Repubblica afferma: “Cado totalmente dalle nuvole, tutti i finanziamenti che ho ricevuto nelle mie campagne elettorali sono sempre stati regolarmente denunciati e registrati, e dunque sono pubblici“. Secondo alcuni stralci degli interrogatori, inoltre l’ex ministro Giulio Tremonti sarebbe stato il destinatario di una supermazzetta da 500 mila euro. A coinvolgere Tremonti sarebbe l’ex segretaria di Giancarlo Galan, Claudia Minutillo, che in un interrogatorio del 14 luglio 2013 avrebbe detto che l’ex ministro dell’economia (con Marco Milanese) era tra i destinatari delle somme raccolte da Giovanni Mazzacurati (il presidente del Consorzio Venezia Nuova che costruisce il Mose) e in particolare di una supermazzetta da mezzo milione di euro. Baita ha spiegato, in uno dei verbali secretati nei quali ha raccontato ai pm le mazzette distribuite a politici e pubblici funzionari, che anche l’ingegner Pietro Lunardi sarebbe stato coinvolto nell’affare Mose, anche se non ancora indagato. Nel mirino degli investigatori ci sarebbe la società Rocksoil, che fa capo alla famiglia dell’ex ministro e si occupa di ingegneria civile. Un lavoro commissionatogli sarebbe stato realizzato versando 500 mila euro più del dovuto. A chiedere il favore sarebbe stato Gianni Letta, ex sottosegretario alla Presidenza del consiglio Berlusconi, in contatto con l’allora presidente del Consorzio Venezia Nuova Carlo Mazzacurati. Tra i politici veneti coinvolti nelle dichiarazioni dei testimoni compare il nome di Flavio Tosi e dell’avvocato Niccolò Ghedini.
Gli arrestati
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Fra gli arrestati, oltre al sindaco di Venezia Giorgio Orsoni, accusato di finanziamento illecito quando era candidato sindaco del PD alle elezioni comunali di Venezia del 2010, ci sono l’assessore regionale alle Infrastrutture, Renato Chisso (che avrebbe ricevuto tra i 200 e i 250 mila euro all’anno), il consigliere regionale Giampiero Marchese (che avrebbe ricevuto contributi illeciti come candidato dal Consiglio regionale del Veneto per il PD nel 2010 per 58mila euro), l’ex generale Emilio Spaziante (che avrebbe ottenuto 500.000 euro), il magistrato della Corte dei Conti Vittorio Giuseppone (che avrebbe ricevuto inizialmente 400.000 euro all’anno e successivamente 600.000), l’ex presidente del Magistrato delle Acque Patrizio Cuccioletta (al quale sarebbero andati 900.000 euro) e l’eurodeputata di Forza Italia Amalia Sartori (che avrebbe ricevuto 225.000 euro). E’ stato notificato anche un avviso di custodia cautelare per l’ex governatore del Veneto Giancarlo Galan. Nei confronti di Galan l’accusa è quella di corruzione. Secondo l’accusa, Galan avrebbe ottenuto (dal consorzio Venezia Nuova) 900.000 euro nel 2006/2007 e nel 2007/2008 per “rilasciare pareri favorevoli ai lavori per la costruzione del MOSE”. Nel frattempo restano indagate circa altre 100 persone.
Le mazzette
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L’ex manager della Mantovani, Giorgio Baita, avrebbe spostato dei fondi che riguardano il MOSE in dei fondi neri all’estero. Secondo l’accusa il denaro, 20 milioni di euro, sarebbe stato portato dall’ex segretaria personale di Galan. Sempre la Guardia di Finanza ha, infatti, qualche tempo fa arrestato Giovanni Mazzacurati, che è a capo del consorzio Venezia Nuova. Orsoni avrebbe ricevuto dal consorzio Venezia Nuova, 110.000 euro di finanziamenti illeciti, oltre a 450.000 euro dati in contanti, in occasione della campagna elettorale alle comunali del 2010. Gli uomini della Guardia di Finanza di Venezia hanno scoperto che qualcosa non andava tenendo conto delle dichiarazioni dei redditi degli indagati. La famiglia di Galan, per esempio, dal 2000 al 2011 ha dichiarato delle entrate corrispondenti a circa 1,4 milioni di euro, ma le spese sono state decisamente superiori (2,6 milioni di euro). Per questo motivo, secondo gli inquirenti, dietro questa differenza di 1,2 milioni potrebbe nascondersi lo “stipendio” in nero ricevuto da Galan, che corrisponderebbe a un milione di euro l’anno. Stesso discorso per Renato Chisso, che ha dichiarato 1,1 milioni di euro e che invece ne ha spesi 1,4 per acquistare titoli, carte di credito, case e conti correnti. In questo caso, secondo i magistrati, lo “stipendio” potrebbe essere tra i 200 e i 250 mila euro l’anno. Un altro caso è quello dell’ex generale della GdF Emilio Spaziante, che ha dichiarato entrate per circa 2 milioni di euro e che avrebbe speso circa 3,8 milioni. Spaziante avrebbe ricevuto 2,5 milioni di euro.
La prova contro Lia Sartori. La Coveco, società che si occupa della costruzione del Mose, avrebbe pagato al politico di Forza Italia 25.000 euro. Nell’elenco sono presenti anche Sergio Reolon, consigliere regionale del PD, che era candidato presidente della Provincia di Belluno (che presenta una voce di 10.000 euro), e Davide Zoggia del PD, ex presidente della Provincia di Venezia, che avrebbe ricevuto, secondo quanto riportato nel foglio, tre pagamenti: uno da 40.000 euro come contributo volontario e due da 7.428,72 euro. In particolare, secondo le testimonianze, il denaro potrebbe provenire da delle sovrafatturazioni. Zoggia ha, comunque, commentato spiegando che i contributi delle provinciali “non vanno denunciati a differenza di quelli per le elezioni della Camera”. Il politico ha detto: “I 40 mila euro mi sono stati dati con delibera del CoVeCo. per la campagna elettorale delle provinciali del 2009. Sono stati registrati ovviamente anche nel conto corrente della campagna. Quanto alle due fatture, io dal giugno 2009 al dicembre 2009 ho continuato a svolgere l’attività di commercialista perché non ero più presidente della Provincia ma solo consigliere provinciale. Divento responsabile enti locali del Pd nel dicembre 2009. La prestazione risale al periodo in cui non ero né presidente della Provincia né responsabile enti locali”.
Cos’è il progetto MOSE
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Letteralmente MOSE significa modulo sperimentale elettromeccanico. Si tratta della costruzione di paratoie mobili a scomparsa, che avrebbero il compito di difendere Venezia e la laguna dalle acque alte. Verranno messe alle bocche di porto di Lido, Malamocco e di Chioggia. In questo modo, nei periodi di alta marea, la laguna di Venezia sarà isolata dal Mare Adriatico. Contemporaneamente si stanno facendo degli altri interventi, per rialzare le rive e per rinforzare i litorali, sempre a difesa delle acque alte. L’esecuzione dei lavori è stata affidata al consorzio Venezia Nuova, che opera per conto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
Attraverso il MOSE si può proteggere anche tutto il patrimonio artistico e ambientale della laguna. In effetti, a causa di diversi fenomeni naturali, le acque alte sono diventate sempre più frequenti. Il rischio di eventi estremi è sempre più elevato, anche perché in futuro il fenomeno potrebbe diventare più pericoloso a causa dei cambiamenti climatici. Il MOSE è stato progettato per riuscire a garantire una salvaguardia da maree fino a 3 metri. Diversi sono i sistemi di funzionamento, anche con l’indipendenza delle paratoie, per garantire un riparo adeguato in base alle circostanze.
(aggiornamento del 11 giugno 2014 a cura di Kati Irrente)