I comuni sono sempre responsabili degli oggetti che installano sulle strade di loro proprietà, oltre che delle strade stesse; devono quindi rispondere dei danni causati da una cattiva collocazione o manutenzione. Il principio è noto ed è chiaramente stabilito dalla legge, cioè dal Codice della strada. Tuttavia, soprattutto in passato, molti enti proprietari delle strade si sono appigliati ad infiniti cavilli e hanno usato ogni genere di trucco burocratico per sottrarsi a queste responsabilità. Ma una recente sentenza della Cassazione ha ricordato alla pubblica amministrazione che i tempi di certe vacche grasse sono finiti.
La sentenza in oggetto è la numero 15785 della terza sezione civile, pubblicata il 29/7/2016. Riguarda un incidente mortale accaduto il 17 marzo 2001 a Saluzzo (Cuneo). Questo è quanto avvenuto, secondo la ricostruzione riassunta dal testo della sentenza: strada urbana, mattino presto, le 5.10; era buio e pioveva. Il signor Maurizio Carle, al volante della propria auto, urtò un dissuasore della sosta in cemento (si chiama in gergo tecnico “fittone”, è detto anche panettone). La collisione ebbe come effetto la sbandata dell’auto, che invase la corsia opposta. In quel momento sopraggiungeva un camion. L’impatto con l’autocarro provocò la morte di Carle. I rilievi e le perizie stabilirono che egli viaggiava a circa 80 Km/h in un punto dove il limite di velocità era di 50.
I familiari fecero causa al Comune di Saluzzo, chiedendo il risarcimento dei danni per la morte del loro congiunto, ritenendo che il dissuasore non fosse ben visibile. Nella sentenza di primo grado, emanata nel 2011, il Tribunale di Saluzzo respinse invece le loro richieste, stabilendo che il fittone fosse visibile e che la collisione fosse dovuta esclusivamente all’eccesso di velocità e alle precarie condizioni ambientali (buio e pioggia).
Gli eredi del Carle ricorsero contro questa sentenza. La Corte d’appello di Torino nel 2012 rovesciò la decisione dei giudici di primo grado: le perizie ordinate dal Pubblico ministero e le deposizioni dei Carabinieri intervenuti dopo l’incidente stabilivano che il fittone non era collocato in modo appropriato; esso costituiva non solo un’insidia, ma rendeva prevedibile e probabile un suo investimento da parte dei veicoli in transito.
La condotta colposa del Carle, cioè l’eccesso di velocità, pur confermata come concausa dell’incidente, non poteva considerarsi come un caso fortuito; solo questo motivo avrebbe escluso la responsabilità dell’ente che aveva in custodia il bene (il dissuasore). Proprio perché l’eccesso di velocità è una condotta prevedibile, l’ente ha il dovere di tenerne conto nella collocazione dell’oggetto di cui ha la custodia.
Quindi la Corte d’appello ha stabilito che la collisione col fittone è stata la prima causa dell’incidente. Ha quindi deciso che si tratta di un concorso di colpa al 50% e ha condannato il Comune di Saluzzo a risarcire i familiari del defunto della metà dei danni subiti.
Il Comune si è rivolto alla Cassazione, la quale però ha respinto le sue tesi. I punti di interesse generale della sentenza con cui la Corte suprema ha confermato la decisione di secondo grado si possono riassumere come segue:
-i beni di proprietà comunale installati sulla sede stradale (quindi i dissuasori e qualsiasi altra attrezzatura come cartelli, pali, dossi eccetera) sono sempre nella piena disponibilità dell’ente, quindi anche sotto la sua custodia e controllo. Di conseguenza l’ente ne è sempre responsabile;
-gli enti hanno il dovere di vigilare sugli oggetti installati sulla sede stradale per impedire che possano arrecare danni agli utenti, tutti, dai pedoni ai conducenti di veicoli;
-la condotta colposa di un utente (dall’automobilista al pedone) non annulla la responsabilità dell’ente, a meno che tale condotta non sia anomala e imprevedibile. Un eccesso di velocità non è una condotta imprevedibile.