I due leader di Turchia e Cina, Erdogan e Xi Jinping, hanno avuto un colloquio bilaterale di circa mezz’ora a margine del vertice dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai tenutosi a Samarcanda, in Uzbekistan.
La collaborazione tra i due Paesi si è accresciuta progressivamente negli ultimi anni, in particolare dal sostegno reciproco intercorso durante il periodo più duro della pandemia da Covid-19, nel 2021.
Tavoli di lavoro bilaterale di alto livello per imprimere una significativa svolta alle relazioni di potere ed al sistema politico-economico internazionale: questa sarebbe la via prediletta da Erdogan e Xi Jinping per approfondire il reciproco sostegno e per andare a insidiare quella concezione unipolare di potenza propagandata dagli Stati Uniti.
Ecco perché all’incontro di Samarcanda in seno all’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, i due leader asiatici hanno evitato di toccare i temi più divisivi e controversi. È soprattutto Erdogan a non accennare minimamente alla questione degli uiguri, popolo di origine turcica e religione musulmana stanziato nello Xinjiang, la macro-regione occidentale cinese confinante con Afghanistan ed ex repubbliche sovietiche dell’Asia centrale.
Da tempo si denuncia la condizione di sfruttamento e discriminazione della suddetta minoranza da parte del ceppo cinese dominante Han, il quale costringe gli uiguri in campi di “rieducazione” per assimilare il gruppo e sfruttarlo in gravosi lavori forzati.
La stessa Turchia, che riconosce la comunanza di origine anatolica con il popolo estremo asiatico, ha preso più volte parte al coro di denunce internazionale. Non stavolta nel faccia a faccia con Xi Jinping, segno della volontà attualmente primaria di intessere proficui rapporti di collaborazione con la superpotenza cinese.
Numerosi sono infatti i campi di cooperazione che Erdogan e Xi Jinping vorrebbero approfondire, a cominciare da quello infrastrutturale. Ormai celebre è l’iniziativa cinese “Bealt and Road” con la quale Pechino vorrebbe contrastare lo strapotere commerciale statunitense datogli dal dominio dei mari attraverso la costruzione di una rete di infrastrutture terrestri che colleghino estremo oriente ed Europa.
In questa prospettiva la Turchia si incastra perfettamente: Ankara sta dando vita in patria ad un progetto simile, il “Corridoio di mezzo”, per incrementare il peso delle proprie vie di comunicazione in qualità di transito fondamentale tra Europa ed Asia. Insomma due propositi simili e assai complementari.
Nondimeno Turchia e Cina intendono collaborare in quei contesti che vedono i due Paesi sempre più prossimi per zone di intervento e obiettivi strategici. Un esempio su tutti è l’Africa, dove la penetrazione finanziaria, militare e diplomatica di Ankara e Pechino è sempre più massiccia e riguarda innanzitutto i settori dell’energia (focus di Erdogan) e dell’estrazione mineraria (obiettivo di Xi Jinping).
Autonomia strategica e cooperazione strumentale: è questo in sostanza ciò che sembra emergere quale linea di politica estera perseguita da Cina e Turchia, le quali sicuramente sul metodo per diventare grandi superpotenze si intendono alla perfezione.
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