“Mina la sovranità e integrità dell’India”, così il governo indiano blocca il documentario BBC su Modi in onda nel Regno Unito.
I parlamentari indiani all’opposizione accusano l’esecutivo di aver censurato il lavoro giornalistico.
Il governo dell’India ha bloccato un documentario della BBC sul primo ministro indiano Narendra Modi, scatenando le ire dei partiti di opposizione. Il documentario in due puntate intitolato India: The Modi Question, è andato in onda la scorsa settimana con il primo dei due episodi sulla BBC nel Regno Unito.
Come si evince dal titolo, il lavoro condotto dai giornalisti dell’emittente inglese ripercorre la carriera politica di Modi ponendo alcuni interrogativi, in particolare riguardo uno specifico periodo del suo mandato. Oltre 20 anni fa, era il 2002, ci fu una protesta trasformatasi presto in rivolta nello stato di Gujarat, a ovest del Paese. All’epoca dei fatti Modi scalò i vertici del partito Bharatiya Janata fino a diventare il ministro più alto in carica del Gurajat. Il documentario ha condotto così un’inchiesta per analizzare il ruolo avuto dal ministro durante la rivolta, scoppiata dopo la morte di 59 induisti nello stato a minoranza musulmana.
I 59 pellegrini induisti si trovavano su un treno che venne poi dato alle fiamme, causando la morte dei viaggiatori. Il gesto incendiario fu attribuito alla popolazione dei musulmani residenti nello stato. Modi per decenni venne accusato di una presunta complicità nella violenta rivolta scaturita successivamente. La BBC, inoltre, ha mostrato come all’epoca la condotta del ministro indiano nella vicenda fu criticata anche da diplomatici occidentali e dal governo britannico.
Nella rivolta morirono anche quasi mille musulmani. La polizia e Modi vennero accusati di non aver fatto abbastanza per proteggere la comunità religiosa di minoranza. Modi si difese dicendo che non era vero che non era stato in grado di fermare la rivolta e la violenza. Nel 2013 i giudici della corte suprema sentenziarono che non c’erano abbastanza prove per processarlo.
Dopo la diffusione della prima delle due puntate del documentario, il governo indiano ha invocato leggi di emergenza per bloccare la messa in onda curata dalla BBC. La trasmissione non era comunque prevista nei palinsesti del paese asiatico. Nonostante questo, il contenuto e alcuni segmenti video non autorizzati sono stati diffusi sui social media, scatenando la reazione del governo. “Si tratta di un lavoro di propaganda volto a spingere una specifica narrativa che getta discredito (su Modi, ndr)” il commento governativo.
Il portavoce del ministero degli Affari Esteri, Arindam Bagchi, ha parlato di “mancanza di oggettività” nel documentario e di “approccio palesemente coloniale”. Con una normativa del 2021 l’India ha adottato un provvedimento che consente di bloccare la diffusione di contenuti informativi “in caso di emergenza”. Questa normativa è stata sfruttata in questo caso per bloccare la divulgazione dei contenuti del documentario.
In particolare sono stati presi di mira canali Youtube e account Twitter che avevano rilanciato segmenti del documentario. Dal governo hanno fatto sapere che il contenuto è stato bloccato perché “mina la sovranità e integrità dell’India”. La BBC ha replicato affermando in un comunicato che il documentario è stato realizzato seguendo “i più alti e rigorosi standard editoriali”.
I politici dei partiti di opposizione al governo guidato da Modi hanno accusato l’esecutivo di censura. “Scusate, non sono stato eletto rappresentante nella più grande democrazia al mondo per accettare la censura”, il tweet di un parlamentare di opposizione.
In India la libertà di stampa non gode certo del suo momento migliore, soprattutto da quando al potere c’è Modi. Nell’indice che monitora il grado di libertà di media e stampa, lo scorso anno il paese è finito al 150esimo posto sui 180 totali. Mai così in basso.
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