L’Italia si conferma, purtroppo, ‘maglia nera’ in Europa per le infezioni ospedaliere, con 530 mila casi segnalati all’anno. In Europa sono circa 33 mila le persone che muoiono per infezioni da batteri resistenti agli antibiotici, la maggior parte contratte in ospedale, di cui circa un terzo solo nel nostro Paese. In pratica la probabilità di contrarre infezioni durante un ricovero, nel nostro Paese, è del 6%; i decessi ogni anno sono 7.800, pari al doppio delle morti legate agli incidenti stradali.
Il tema delle infezioni correlate all’assistenza ospedaliera sarà al centro del dibattito, in occasione della 13esima edizione del Risk Forum Management in Sanità, un momento di confronto su come innovare e riformare il Servizio sanitario nazionale (Ssn) e renderlo più efficiente e capace di rispondere ai bisogni di salute dei cittadini, che si terrà a Firenze fino al 30 novembre.
Grazie ai dati del Centro Europeo malattie infettive (Ecdc) possiamo analizzare che ogni anno i numeri dei decessi dovuti a infezioni contratte in ospedale sono in aumento in Italia.
Secondo gli esperti “si tratta di un allargamento della forbice dovuto all’aumento dei pazienti più ‘fragili’, con un’età superiore ai 65 anni, all’utilizzo di sistemi sempre più invasivi per l’organismo umano come cateteri o endoscopi che costituiscono veicoli di batteri, ma soprattutto alla scarsa adozione di strategie di prevenzione”.
Da un’altra prospettiva, l’impatto delle infezioni ospedaliere è devastante se si considera che rappresentano un rischio fatale quanto la somma delle maggiori malattie infettive messe insieme: influenza, tubercolosi e Hiv. “Per questo motivo è più che mai necessario aumentare la consapevolezza dei cittadini e sensibilizzare gli operatori sanitari sul tema della prevenzione e dell’antibiotico resistenza, affinché il Piano nazionale di contrasto dell’antimicrobico-resistenza (Pncar) 2017-2020, a cura del ministero della Salute – sottolineano gli esperti – entri a far parte definitivamente dei programmi condivisi e applicati da Regioni e ospedali”.
Corrette pratiche di prevenzione, che passano da rinnovati e adeguati protocolli, potrebbero ridurre del 20-30% questo ‘gap’ nel percorso assistenziale, concorrendo a migliorare anche l’impatto economico sul Ssn, considerato che i costi di trattamento di una singola infezione pesano dai 5 ai 9 mila euro.
Attraverso l’adozione di alcuni semplici ma fondamentali passaggi: dalla più nota pratica del lavaggio delle mani, al riscaldamento del paziente durante un’operazione chirurgica, all’uso di medicazioni in grado di tenere sotto controllo eventuali infezioni dovute all’accesso venoso attraverso il catetere.
Per contrastare questo fenomeno l’azienda 3M lancia la campagna ‘Ospedale senza infezioni’ “con l’obiettivo di meglio informare i cittadini e diffondere un programma d’azione condiviso con gli operatori sanitari verso l’adozione di sempre più efficaci modelli di prevenzione”.
“Ricerca e innovazione sono sempre stati il motore della nostra azienda, ma con il lancio di questa campagna – avverte Patrizio Galletta, 3M Italia Country Business Leader Health Care – vogliamo supportare un passaggio culturale fondamentale nel nostro Paese sulla lotta alle infezioni ospedaliere, perché siamo convinti che il nostro contributo non debba limitarsi nel rendere disponibili tecnologie avanzate ma andare oltre. Ad esempio pensando al contesto in cui operiamo e a migliorare le condizioni dei pazienti che affrontano, ad esempio, un intervento chirurgico o una terapia oncologica. Pazienti più informati e sicuri e personale sanitario aggiornato sulle migliori pratiche cliniche e sulle azioni più efficaci di prevenzione aiuteranno a ridurre gli eventi avversi correlati alle infezioni ospedaliere”, conclude.
In collaborazione con AdnKronos
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