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Violente inondazioni hanno interessato l’Europa Orientale, in particolare Serbia, Bosnia e Croazia. Nella parte occidentale del Paese è stato dichiarato lo stato di emergenza. La furia dell’alluvione ha causato almeno cinquanta morti. La depressione proveniente dai Balcani ha avuto effetti anche in Ungheria: onde di un metro e mezzo si sono sollevate nel lago Balaton.
In una ventina di località è intervenuto l’esercito contribuendo ai soccorsi di oltre 600 persone, allontanate dalle proprie abitazioni. Il governo ha chiesto aiuto all’Unione Europea e alla Russia.
In soli due giorni sono stati recuperati i corpi senza vita di almeno cinquanta persone e si teme che il numero possa salire quando le acque cominceranno a ritirarsi.
I Paesi balcanici in questione sono stati interessati da violente piogge ed esondazioni di una tale entità da non essere ricordate da oltre 120 anni a questa parte.
Stessa situazione nel centro-nord della Bosnia, tra cui il settore di Sarajevo, dove le autorità hanno proclamato lo stato d’emergenza.
In queste zone, da mercoledì interi villaggi e città sono stati travolti da esondazioni e frane.
Le notizie più allarmanti giungono da Maglaj dove sono seimila le persone rimaste isolate dall’acqua, così come a Doboj.
Le due città sono completamente sommerse, centinaia di persone sono salite sui tetti.
Cresce il livello dei fiumi e quasi 70 mila famiglie sono senza elettricità, mentre in diverse zone si registrano frane e smottamenti, che hanno già inghiottito decine di case e invaso strade bloccando i soccorritori.
In alcune zone montuose della Bosnia è comparsa anche la neve che ha raggiunto i due metri obbligando all’evacuazione tante famiglie di pastori con le loro greggi.
Centinaia di villaggi sono rimasti isolati a causa delle esondazioni di diversi fiumi, tra cui la Miljacka che attraversa la capitale bosniaca.
La protezione civile e i vigili del fuoco forniscono viveri e medicine alla famiglie bloccate in casa.
In Croazia la parte più colpita dalle inondazioni è quella orientale della Slavonia, in particolare la regione di Pozega.
Non si registrano vittime e sono state evacuate finora oltre mille persone.
Anche qui è stato mobilitato l’Esercito, e i danni all’agricoltura e alle infrastrutture ammontano finora a dieci milioni di euro.
In Serbia il bilancio è più incerto, perché le autorità si rifiutano di comunicare cifre ufficiali finché i soccorsi sono in atto.
Finora le vittime accertate sono sei, ma per il premier Aleksandar Vucic sarebbero molte di più. A suo avviso sarebbero morti anche diversi soccorritori.
Oltre settemila sono state finora le persone evacuate.
Vucic, che ha parlato di ‘catastrofe nazionale‘ e ‘situazione di guerra’, ha fatto appello ai volontari maschi di Belgrado affinché si rechino in aiuto degli alluvionati.
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I danni all’agricoltura e alle infrastrutture della regione sono enormi, un gran numero di strade, ponti e ferrovie impraticabili. La piena dei grandi fiumi – Danubio, Sava, Drina – ingrossati a dismisura dalle piogge incessanti e dai numerosi affluenti, fanno paura.
L’esercito è mobilitato con migliaia di uomini. La Russia ha inviato in Serbia tre aerei Ilyushin con squadre di specialisti in situazioni di emergenza e aiuti in generi alimentari e medicinali. Aiuti anche da Slovenia, Croazia, Montenegro, Macedonia, Israele e Unione europea.
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