L’INPS potrebbe pensare ad una soluzione per far andare in pensione anticipatamente chi ha lavorato in un determinato periodo. Vediamo di cosa si tratta.
L’INPS ha proposto, nel suo consueto rapporto annuale, tre soluzioni per far andare in pensione prima svariati lavoratori, sin dall’anno prossimo.
Le proposte dell’INPS
Già Pasquale Tridico, presidente dell’INPS, propose una ipotetica riforma delle pensioni per il 2023. Del resto, l’ente per la previdenza sociale, propone spesso delle soluzioni che possano venire incontro ai lavoratori e lo ha fatto anche quest’anno con il solito rapporto annuale. Stavolta sono state proposte tre soluzioni al fine di poter far andare prima i lavoratori in pensione.
Le soluzioni inserite nel rapporto annuale sono davvero molto appetibili e, sicuramente, potrebbero arrivare in Governo per la riforma delle pensioni.
Chi potrà andare in pensione prima
Come si legge dalle proposte si potrebbe andare in pensione, già dal prossimo anno, dopo aver raggiunto i 63 o i 64 anni di età. A prevederlo sono ben tre misure. Due prevedono che si possa andare in pensione a partire dai 64 anni ovvero l’età prevista dalla cosiddetta quota 102. Un’altra, invece, prevede l’abbassamento della soglia pensionistica di età a 63 anni. Si tratta della stessa età prevista dall’APE sociale di oggi. Il requisito dei contributi versati, invece, è compreso tra 20 e 35 anni di età.
Tra le misure che il Governo potrebbe prevedere spicca quella che permette di lasciare il lavoro purché si abbiano almeno 35 anni di contributi versati e 64 anni di età. I contributi, però, dovrebbero essere stati versati a partire dal 1996. Inoltre, ci sarebbero due condizioni: la prima riguarda ottenere un assegno che sia il doppio di quello sociale 2022 che è pari a 468,11 euro, raggiungendo una pensione di circa 1.030 euro mensili.
Un’altra misura, invece, potrebbe prevedere una sorta di rimpasto di tutto il sistema contributivo: fine del lavoro a 64 anni, con 35 anni di contributi ma una decurtazione, per ciascun anno di anticipo, del 3%. Il taglio, però, riguarderebbe soltanto la quota retributiva e non i contributi versati prima del 1996.
I lavoratori che hanno iniziato la loro carriera post 1995 potrebbero smettere di lavorare a 64 anni di età, con 20 anni di contributi versati. La pensione, però, potrebbe calare
da 2,8 a 2,2 volte l’assegno sociale. In questo caso, si potrebbe andare in pensione anche a partire da 63 anni. La misura, infatti, sarebbe divisa in due quote. Una pensione che risulterebbe tra le più economiche per le tasche dello Stato italiano.
Si potrebbe iniziare anticipando soltanto la quota dei contributi della pensione al raggiungimento dei 63 anni di età, con 20 anni di contributi versati. Il lavoratore potrebbe andare in pensione in anticipo soltanto dopo aver maturato un assegno pari ad 1,2 volte l’assegno sociale. Si tratterebbe di un importo pari a 560 euro mensili. Poi, al raggiungimento dei 67 anni di età a questa quota, l’INPS aggiungerà il resto. In pratica, l’anticipo sarà finanziato dallo stato.