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Internet è diventato il covo dei bulli

I giovani non hanno sempre un buon rapporto con il web, questo è ormai chiaro. Anzi, spesso per loro internet e i social possono essere nocivi al punto da ucciderli, sia in senso metaforico, che letterale del termine. L’indagine Tra digitale e cyber risk: rischi e opportunità del web – realizzata dal Moige in collaborazione con l’Istituto Piepoli, ha cercato di fare luce su tutte le problematiche conseguenti all’uso improprio ed eccessivo del web e i risultati sono sconcertanti.

Cyberbullismo – Nanopress.it

Il web non è la vita vera, eppure spesso lo diventa. Ormai c’è chi confonde la vita vera con i social e spesso questi arrivano a sostituire addirittura la realtà. C’è da aggiungere che a volte i giovani usano il cellulare come arma per colpire i loro coetanei: la piaga del cyberbullismo è infatti più diffusa di quanto si possa pensare e una recente indagine lo conferma.

I giovani e il loro controverso rapporto con il web

Quanto tempo trascorriamo ogni giorno su internet? Tantissimo. E questo riguarda tutti noi (chi più, chi meno ovviamente). Eppure, se traslassimo questo problema – perché di questo si tratta – sul mondo dei giovani, ci accorgeremmo immediatamente che c’è qualcosa che non va: per loro il cellulare, che ormai neanche più apparentemente è innocuo, è uno strumento pericolosissimo, che spesso spalanca le porte e lascia entrare con prepotenza nelle loro vite odio, bullismo, cattiveria.

Ci sono giovani che arrivano a togliersi la vita a causa di commenti negativi, oppure di violenze subite, siano queste reali oppure virtuali (che sono altrettanto reali, ma solo meno tangibili probabilmente). Altri che non arrivano a compiere gesti estremi, ma che comunque iniziano ad avere problemi psicologici non di poco conto. Altri ancora che poi continuano a portare le cicatrici di quello che hanno vissuto anche da adulti.

Il web negli anni non ha fatto altro che acuire il problema. I cosiddetti leoni da tastiera, forti della consapevolezza che la loro identità potrebbe non essere mai rivelata, si trincerano dietro lo schermo del loro telefono per vomitare il loro disprezzo represso verso il mondo. E così si “divertono” (dopo capirete perché) a scagliarsi contro chi vedono più fragile, a inveire contro il prossimo senza un reale motivo, a buttare fango su chi magari neanche conoscono. Spesso però non considerano – volutamente, si intende – che dall’altro lato c’è un essere umano, che prova emozioni e che potrebbe essere ferito dalle sue parole e potrebbe arrivare a non sopportare le offese subite.

Cyberbullismo – Nanopress.it

Non a caso, l’indagine Tra digitale e cyber risk: rischi e opportunità del web – realizzata dal Moige in collaborazione con l’Istituto Piepoli – parla chiaro: il web non giova ai giovani.

L’indagine che ha mostrato quanto sia nocivo internet per i ragazzi

Tra digitale e cyber risk: rischi e opportunità del web ha preso in esame 1.316 ragazzi di età compresa dai 6 ai 18 anni. Quello che si evince non è poi tanto strano guardando come sta andando il mondo oggi: quasi uno su 4 – il 22% precisamente –  trascorre online più di cinque ore al giorno. E non solo, perché più della metà – il 63% – naviga su internet senza alcuna supervisione (nel 2021 la percentuale era del 59%, segno che il fenomeno anziché migliorare sta solo peggiorando). E quest’ultimo punto è degno di nota alla luce del fatto che gli intervistati sono tutti minorenni.

Qui arriva il brutto, perché esiste una parte oscura del web che non possiamo assolutamente tralasciare: il 31% degli intervistati ha ammesso di essere stato vittima di cyberbullismo, mentre il 54% ha dichiarato di aver subito prepotenze nella vita reale (tre anni fa le percentuali era rispettivamente del 23% e del 44%).

A essere colpiti sono soprattutto i maschi a quanto pare: se il 50% delle ragazze ha affermato di aver subito aggressioni è il 57% dei ragazzi ad aver detto la stessa cosa. Ma di quali violenze si parla? Nel 42% dei casi sono offese verbali, mentre nel 26% sono violenze fisiche e verbali.

Vi è poi il cyberbullismo, che apre una parentesi lunghissima, perché a sua volta può essere scomposto in diversi micro-settori – anche se definirli così non rende affatto l’idea, ma probabilmente non esiste un termine adatto – che portano comunque tutti alla stessa conseguenza. Il 14% degli intervistati ha ammesso di aver ricevuto chiamate anonime, scherzi telefonici et similia, l’11% di aver ricevuto insulti su Whatsapp, il 10% tramite SMS, il 3% mediante immagini e il 2% ha dichiarato di essere stato minacciato in diversi modi.

Se proprio volessimo trovare una nota “positiva” (che però dovremmo porre al centro di mille virgolette) quantomeno alcuni giovani sono consapevoli delle azioni che commettono (speriamo solo che dopo l’intervista abbiano anche fatto qualcosa per cambiare modus operandi): a quanto emerge dall’indagine, infatti, il 10% dei giovani ha ammesso di aver partecipato a episodi di violenza – ma non sappiamo di che genere e natura – mentre il 6% ha dichiarato di aver utilizzato foto e video per offendere qualcun altro. A questo aggiunge che più della metà dei giovani – il 53% per essere precisi – ha detto di essere solito prendere in giro i suoi amici, ma ha aggiunto che loro sanno che lo fa per scherzare (vai a vedere se è vero, oppure se semplicemente gli stessi fingono di non offendersi per non litigare).

In ogni caso, il 34% degli intervistati conosce almeno una persona che è stata vittima di violenza (dato in crescita considerando che tre anni fa erano il 29%). E questo la dice lunga sul fenomeno, che ormai non è neanche circoscritto ad alcune aree, perché è una piaga diffusasi negli anni praticamente ovunque.

Ma cosa spinge i bulli ad agire? Potremmo qui stare ore a parlare ma, al netto di commenti non richiesti, possiamo attenerci alle risposte degli intervistati. Nel 50% dei casi, questi vorrebbero dimostrare di essere superiori agli altri, “più forti” insomma. Nel 47% trovano divertente ridicolizzare gli altri. Nel 37% sono convinti di essere temibili e temuti e si sentono appagati per questo motivo.

Un’altra domanda sorge spontanea: cosa fanno i giovani che vedono bullizzare qualcuno vicino a loro? Possiamo rispondere guardando la situazione da due diversi punti di vista. Potremmo dire che il 34% di loro agisce, tenta di aiutare la vittima come può. Ma possiamo anche dire che il 66% resta a guardare. Guardate dalla prospettiva che volete questo dato, tanto è l’evidenza a parlare davvero.

Questo punto, però, merita una considerazione in più, perché, come si legge nel rapporto, pare che sia stata la pandemia a determinare un rovinoso picco verso il basso della volontà di tendere una mano verso il prossimo. Quella stessa mano, del resto, per anni è stata nell’immaginario comune un mezzo di trasmissione di germi, un covo di batteri, un concentrato di virus latente. E quindi quella stessa mano doveva essere accuratamente igienizzata, tenuta lontano da quella altrui, messa al massimo in tasca, ma non essere mai, per nessun motivo al mondo, tesa verso gli altri. Peccato, però, che questo volesse dire molto spesso anche dover dire addio ad una buona occasione per porre fine al bullismo, che dilaga incontrastato ormai.

Ma non finisce qui, perché c’è poi un’altra piaga da analizzare: l’utilizzo improprio dei social, che possono essere pericolosi anche perché sono un mezzo per esporsi alla conoscenza di persone potenzialmente pericolose. A quanto pare i giovani amano soprattutto YouTube, Instagram e Tik Tok (Facebook ormai è considerato da molti di loro il social dei boomer, anche se questa indagine non lo dice): il 69% dichiara di usare (quasi sempre) la sua vera identità, ma gli altri? Evidentemente non lo fanno.

E qui subentra il problema reale: il 30% degli intervistati ha affermato di accettare spesso o sempre anche amicizie da estranei e non solo, perché il 15% ha dichiarato di aver dato il suo numero di cellulare ad estranei conosciuti online, mentre il 6% ha ammesso di aver scambiato con sconosciuti foto personali. Inoltre – ma questo era già chiaro a tutti probabilmente – da quello che si evince dall’indagine, il 70% dei giovani usa il web soprattutto per chattare, mentre solo il 17% se ne serve per reperire informazioni.

Vi è infine un capitolo a parte, riservato a OnlyFans: il 3% degli intervistati, a quanto pare, lo usa, è iscritto alla piattaforma, ha un account personale. La cosa preoccupante, però, è che questa percentuale riguarda anche la fascia di età compresa tra gli 11 e i 14 anni, che comprende quindi ragazzi e ragazze preadolescenti oppure che sono appena entrati nella fase dell’adolescenza e verosimilmente, quindi decisamente troppo giovani, e inoltre qui si apre un’ulteriore questione – su cui però dovrebbe indagare la piattaforma stessa – e cioè che l’iscrizione dovrebbe essere vietata ai minori di 18 anni, eppure a quanto pare non è davvero così.

Anna Gaia Cavallo

Mi chiamo Anna Gaia Cavallo, ho 30 anni, sono nata a Salerno e lì ho vissuto fino ai miei 18 anni. Poi il viaggio verso Siena per l'università, la laurea in economia e gestione d'impresa e poi il ritorno nella mia città natale. Qui, dopo un anno di lavoro nel settore economico, ho capito che non era questa la strada giusta per me e ho deciso di seguire quella che era sempre stata la mia più grande passione fin da piccola: la scrittura. A quel punto ho lasciato tutto quello che avevo costruito nei sei anni precedenti e ho intrapreso un altro percorso, quello che mi ha portato a diventare giornalista. Iscritta all'albo dei pubblicisti della Campania dal 2019, dopo aver attraversato diversi mondi, sono approdata sul pianeta Nanopress nel 2022 come editor e qui amo occuparmi di cronaca e attualità, ma quando mi capita di scrivere di musica raggiungo il massimo del piacere.

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