Per uno scrittore intervistare un Premio Strega è un po’ come raggiungere la fine dell’arcobaleno e trovare la tanto desiderata pentola piena d’oro. La mia pentola stamattina si chiama Sandro Veronesi, vincitore dello Strega nel 2006 con “Caos Calmo”, poi divenuto un film, e da poco di nuovo in libreria con “Terre rare”, un libro edito da Bompiani il cui protagonista è lo stesso di allora: Pietro Paladini.
A grandi linee, la trama è quella di un uomo che di punto in bianco si ritrova estraniato rispetto alla propria vita: niente patente, nessun lavoro, fine della relazione amorosa e addirittura sparizione della figlia. Che fare? Non resta che vagare alla ricerca della pace perduta, lungo un cammino che lo porterà a prendere consapevolezza di tante cose, ma soltanto in parte di se stesso, perché – come afferma lo stesso Veronesi – “io non credo che le persone sappiano esattamente come si sentono”.
NanoPress lo ha intervistato per parlare con lui del libro, ma anche di qualcosa d’altro. Perché si sa, con un Premio Strega si starebbe a parlare per ore, di tutto e di più.
Questo è un libro sulla perdita d’identità e di consapevolezza nei confronti di se stessi. Qui, ciò avviene in maniera in un certo senso estrema, ma quante persone conosce nella società di oggi che sanno veramente chi sono?
Infatti, questo è un libro sulla normalità. Noi, salvo alcune rare eccezione, non riusciamo più a riconoscerci nella vita che facciamo, né a controllarla. Il fatto che per la maggior parte del nostro tempo non ci se ne renda conto non significa che non sia così.
Nell’intervista a “Che tempo che fa” ha dichiarato che il protagonista di “Terre rare” è lo stesso di “Caos Calmo” perché la sua voce continuava a risuonare in lei anche dopo anni, con il passare del tempo. Solitamente uno scrittore non vive bene il momento in cui chiude l’ultima pagina e deve salutare (a volte per sempre) i suoi personaggi, anche nei casi di un finale “aperto”. E’ così anche per lei? Come si sente non appena ha terminato un libro?
Onestamente io quando finisco un libro mi sento sollevato. Sollevato almeno quanto, fin lì, ero stato in ansia, con la preoccupazione costante che, per qualsiasi ragione, quel libro non riuscissi a finirlo. E invece l’ho finito. Mi sento sollevato, sì.
Lei ha vinto il Premio Strega, che sappiamo essere uno dei più prestigiosi in Italia. Senza nulla voler togliere al genio maschile, se guardiamo dal 2000 ad oggi, ovvero nell’arco di 14 anni, sono solo due le donne che lo hanno vinto, tutti gli altri autori sono uomini. Secondo lei perché? È una semplice casualità, o c’è ancora un po’ di reticenza (magari inconscia) in Italia nei confronti del valore sociale, culturale e intellettuale del lavoro femminile rispetto a quello maschile?
Non in letteratura di certo, dove la componente femminile domina rispetto a quella maschile. Tanto nel lavoro editoriale quanto tra i lettori il rapporto è di tre a uno, quattro a uno: le donne hanno in mano l’editoria italiana. Quanto al Premio Strega, forse quello che ha notato lei dipende dalla composizione della giuria – come per qualsiasi premio.
Il tema delle coincidenze è ricorrente nei suoi libri e sembra affascinarla molto, soprattutto se sono inaspettate e assurde. Mi viene naturale chiederle: lei crede almeno un po’ nel destino, o secondo lei è davvero tutto frutto del caos o, in altre parole, della casualità?
Io credo che di coincidenze che potremmo definire assurde ce ne siano ogni giorno, per ognuno di noi, e che per la maggior parte vadano perdute perché non ce ne accorgiamo. Questo credo. Dopodiché, che cosa significhi, questo non lo so: ma c’è di sicuro un perimetro che racchiude le nostre vite, e tutto ciò che ci accade, tranne pochissime eccezioni, accade dentro quel perimetro. Il mondo non è grande, è piccolo.
Inevitabile domanda sui progetti attuali e futuri. Di che cosa si sta occupando ora, a parte la promozione del libro, e cosa c’è in serbo nel breve-medio termine?
Sto per pubblicare un libro sul Vangelo di Marco, e andrò un po’ in giro a raccontarlo – cioè a raccontare quel Vangelo, inteso proprio come testo scritto, come letteratura, in quella che a me pare la sua grandiosa, scintillante modernità.
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