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Categories: Cultura

Trentennale Dylan Dog: intervista a Roberto Recchioni, curatore dell’Indagatore dell’incubo

In occasione dei 30 anni di Dylan Dog, dopo aver recensito il numero 361 – Mater Dolorosa, Nanopress.it ha il piacere di intervistare l’autore dell’albo dei trentanni dell’Indagatore dell’Incubo, nonché curatore della testata, sto parlando di Roberto Recchioni.

Ciao Roberto e grazie per aver dedicato un po’ del tuo tempo a me e alle mie curiosità. Partiamo subito con le domande:
Mater Dolorosa, il titolo dice già tanto, ma quanto è importante, secondo te, la sofferenza per un uomo. E’ forse la condizione più rilevante ed importante per arrivare alla crescita di un individuo?

Mostrami un uomo che non ha mai sofferto e io ti mostrerò uno sciocco. Sono abbastanza convinto che solo attraverso la sofferenza si possa arrivare a capire l’esperienza umana. Questo non fa di me un pessimista, anzi. Il punto non è solo soffrire ma anche come si vive la sofferenza, come la si affronta, come ci cambia.

Questo volume è uscito ieri, 29 settembre, per i 30 anni di Dylan Dog ma è in programma da quasi un anno. Come è nata l’idea di dare una continuity a Mater Morbi, una delle tue storie più note, forse la più importante?

L’idea di un seguito di Mater Morbi ce l’avevo da tanto. Quando mi sono messo a pensare a cosa si poteva raccontare per i trent’anni di Dylan sono finito a riflettere su tematiche che erano comuni con quella storia su cui stavo a lungo meditando. Alla fine mi è sembrato naturale far confluire la “vecchia” mitologia di Dylan con la nuova.

Hai sentito una certa responsabilità a scrivere il volume del 30° anniversario dell’Indagatore dell’Incubo o dopo la “promozione” a curatore ormai sei ad un livello di responsabilità tale da non farti più “scomodare” da nulla?

Mi piacciono le grandi sfide. Curare Dylan Dog è una grande sfida. Scrivere l’albo celebrativo è una grande sfida. Cambiare, almeno in parte, la mitologia del personaggio e intesserci dentro un pezzettino di me, è una grande sfida. Ovviamente sento la pressione ogni volta, e visto che le sfide crescono, la pressione è sempre maggiore. Ma io sono abituato a capire il mondo scontrandomi contro di esso, quindi va bene.

In questo volume è stata messa tanta carne al fuoco, c’è l’intenzione di mandare avanti il rapporto, in maniera cosi intensa, tra Dylan e la sofferenza, il dolore?

Per il futuro c’è l’intenzione di scrivere storie significative, sentite ed emozionali. Il dolore è solo una parte dell’equazione.

Quali sono gli albi che consigli di recuperare prima di lanciarsi nella lettura di questa albo?

Sicuramente i numeri 1, il 25, il 43, il 74, il 100, il 280, il 341,il 342, il 346.

I disegni di Cavenago sono davvero incredibili ed il suo colore aggiunge davvero un tono seducente all’albo. Anche qui, però, non hai badato al rischio e hai puntato su un disegnatore che non aveva mai lavorato, se non erro, ad un albo della serie regolare. Come mai hai scelto il suo tratto per questa storia?

Risposta molto semplice: Gigi, al momento, è uno dei dieci migliori disegnatori al mondo.

Spesso ti lasci trasportare dentro Dylan Dog ed è quello che, in una vecchia intervista, consigliavi ad ogni sceneggiatore, ossia non aver paura di metterci del proprio ma essere, al contrario, ambiziosi. In questo volume, rispetto a Mater Morbi, quando ti sei esposto personalmente?

Le mie riflessioni sulla malattia sono sempre riflessioni nate da esperienze personali, quindi sì. Ma, rispetto a Mater Morbi, questa storia è più una storia di Dylan che una storia di Roberto Recchioni.

In questo volume tornano tante cose del Dylan di Sclavi, è stato fatto apposta per aprire la strada al ritorno del papà dell’Indagatore che tornerà sulle pagine di Dylan nel numero 362?

No ma Dylan è un personaggio di Tiziano. E’ normale che ci si rifaccia al suo lavoro.

Tiziano Scalvi è quindi tornato dopo 9 anni circa dall’ultima pubblicazione dylaniata, scriverà ancora? Ed inoltre, è stato un lavoro di convincimento o Dylan ha iniziato a parlare un po’ nella testa di Sclavi pregando il suo ritorno?

Scriverà ancora. Sta già scrivendo. Quanto alla ragione per cui è tornato a scrivere, direi che è perché un pomeriggio abbiamo bonariamente litigato sulle sue responsabilità rispetto al personaggio e sulla sua capacità di tornare o meno alla scrittura. Una settimana dopo quella discussione mi è arrivata una mail con una sceneggiatura completa con una sola riga che l’accompagnava: sei il mio curatore. Curami.

Hai molti progetti su Dylan Dog, puoi anticiparci qualcosa? Sappiamo che sei un autore, curatore, un artista in generale che ha davvero le orecchie drizzate alla ricerca di qualcosa di innovativo.

Stiamo lavorando alla Fase Tre, un lungo arco di storie collegate da un filo comune che porteranno a uno stravolgimento permanente nell’universo di Dylan. Poi ci sono le molte iniziative in arrivo per l’anno di celebrazioni del personaggio. E poi la nuova serie di Tiziano…

Chiudo con l’ultima domanda: hai detto, recentemente se non erro, che è sbagliato lamentarsi dell’ammodernamento tecnologico di Dylan Dog ma hai risposto che l’indagatore dell’incubo ha sempre rispecchiato il presente, come mai secondo te c’è stata un po’ di riluttanza a questa idea? Forse non ci siamo abituati nemmeno noi alle novità tecnologiche che ci circondano?

Dylan non ha cambiato il suo rapporto con la tecnologia: continua a detestarla. Ma è ovvio che, vivendo nel presente, la tecnologia attuale lo circondi e influisca nella sua vita. Quanto a quelli che si lamentano e che vorrebbero un Dylan eternamente cristallizzato sul finire degli anni ’80, abbiamo creato una collana espressamente pensata per loro: l’Oldboy.

Un ringraziamento speciale a Roberto Recchioni e ancora auguri a Dylan Dog per i suoi primi 30 anni.
[Photo Credit by Erica Fava – Foto 1]
[Photo Credit by Jay Gullotta Photographer – Foto 2 e 3]

Fabio Fagnani

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