L’Italia potrebbe doversi preparare ad affrontare un inverno, o forse molti, senza freddo e senza neve. La causa è la Nina, ovvero il riscaldamento delle acque superficiali dell’oceano Pacifico. Questo fenomeno climatico potrebbe apparire innocuo (l’aumento della temperatura è di circa 1 grado), in realtà il suo impatto sulla circolazione atmosferica planetaria è molto rilevante.
Un inverno mite e senza neve
Le previsioni degli esperti ci stanno dicendo che la Nina provocherà probabilmente un significativo aumento della temperatura media per l’inverno a venire, eventualità che si porterebbe dietro scarse precipitazioni e poca neve. Anche in Italia questo fenomeno, come anche si può rilevare nelle statistiche che si riferiscono al passato, provoca spesso un aumento delle temperature e una diminuzione delle precipitazioni. La zona più colpita è solitamente il Centro Sud.
Cosa succede al clima a livello planetario
In Australia, Indonesia e Filippine, la Nina provoca un forte aumento delle precipitazioni piovose, lo stesso vale nelle regioni più meridionali del continente africano e in quelle settentrionali del Brasile. Nel Sud-est asiatico e in India aumentano i monsoni, diventando molto più violenti.
Al contrario, alcune aree si inaridiscono: si pensi ad alcune zone degli Stati Uniti, come la California, che negli ultimi anni sempre più spesso cadono vittima di incendi devastanti, lo stesso accade ai Paesi che si affacciano sul Golfo del Messico e nelle zone più meridionali del Sud America, come in Argentina.
Il riscaldamento de la Nina porterà correnti fredde in futuro
Gli effetti però potrebbero ripercuotersi sul nostro pianeta negli anni a venire. Un evento di questo tipo in genere permane per più di una stagione, può arrivare a durare sino all’anno successivo, amplificandone le conseguenze. La comparsa di un forte sistema di alta pressione nel Nord Pacifico e sulle regioni polari.
Questo riscaldamento dell’area polare aumenta la possibilità di depressioni, “aprendo una barriera” alle medie latitudini e quindi permettendo il passaggio di correnti fredde anche in Europa negli anni successivi (oltre ad Alaska, Canada occidentale e Stati Uniti settentrionali).