L’Iran continua ad essere attraversato dalla Rivoluzione del popolo che dal 16 settembre, giorno in cui è morta Mahsa Amini a causa delle percosse ricevute dalla polizia morale per aver indossato male il velo, non ha mai smesso di lottare per i propri diritti e per poter dare alle prossime generazioni un futuro migliore. Di pari passo con le manifestazioni però viene attuata una durissima repressione da parte delle autorità islamiche iraniane che, nonostante gli ammonimenti occidentali, continuano a emettere condanne a morte e d’esecuzione per impiccagione che hanno indignato la comunità internazionale.
A soffrire più di tutti di questa repressione sono i giovani molti dei quali di età al di sotto dei vent’anni, o poco più che ventenni, che sono quelli, attualmente, più presi di mira dal governo di Raisi. Per quanto riguarda il rispetto dell’allergia islamiche ritenute fondamentali in Iran niente è cambiato anzi si vedono sempre più modi differenti di aggredire chi viola i divieti e va contro le leggi morali o di castità e velo. La situazione è già drammatica da tempo ma ora più che mai sta spingendo e correndo in una direzione che può portare soltanto ad un punto di rottura e di non ritorno la repubblica islamica.
La Repubblica islamica iraniana continua ad utilizzare una vasta gamma di punizioni per contrastare chiunque violi i divieti vigenti, ovviamente islamici, e oltre a tecniche di tortura che sono, secondo i media locali, in continua evoluzione. Tecniche che stanno cercando di colpire anche in ambiti differenti, che vadano a destabilizzare le famiglie iraniane, cercando così di placare la rivoluzione in atto.
Le forze di sicurezza del regime usano la violenza contro i manifestanti già dal primo impatto negli scontri che avvengono in strada. I manifestanti vengono presi violentemente a calci, picchiati con manganelli e viene sparato contro di loro ad altezza uomo per ferirli appositamente in punti che vadano a ricoprire anche un simbolismo ovvero il viso, soprattutto gli occhi, ma da qualche mese a questa parte anche gli organi genitali.
Emerge però che il trattamento più duro è quello riservato ai prigionieri politici ovvero ai manifestanti catturati durante i disordini contro il governo iraniano. Le torture fisiche e psicologiche che vengono inflitte sui prigionieri e detenuti nei penitenziari sono le più dure e implacabili.
Il trattamento riservato dopo l’arresto ai detenuti emerge chiaramente durante il processo in tribunale dove spessissimo sono evidenti ferite, cicatrici e lividi, che fanno chiaramente da monito al fatto che parte o tutta la confessione è stata rilasciata dall’individuo sotto pressione e violenza fisica.
Il centro per i diritti umani Neram ha dichiarato già ad inizio dicembre 2022 che le segnalazioni pervenute da studenti universitari arrestati e detenuti nelle carceri parlano di chiari abusi sessuali e di torture avvenute mentre si trovavano sotto custodia statale.
Soha Mortezae, ex studentessa dell’università di Teheran, è stata arrestata più volte per aver praticato attivismo pacifico e quindi protestato senza nessuna forma di violenza e durante le sue detenzioni ha riferito di essere stata aggredita fisicamente e soprattutto sessualmente mentre veniva trasferita ad Evin. La giovane ha riferito: “Gli agenti hanno legato la mano destra di Soha alla parte superiore di un sedile e la sua gamba destra alla parte superiore di un altro sedile mentre era sospesa, è stata picchiata e abusata sessualmente da un’ufficiale donna”.
La maggior parte dei manifestanti che si trovano all’interno delle carceri sono sottoposti a diverse tipologie di tortura e nonostante si parli molto di più di tortura fisica e ovviamente riceva più attenzione anche da parte delle associazioni dei diritti umani non è da trascurare la tortura psicologica alla quale i prigionieri sono sottoposti. Continue minacce di abusi sessuali ma anche di essere uccisi e torturati si uniscono poi a lunghissimi periodi di isolamento che destabilizzano i prigionieri che restano senza il minimo contatto umano per moltissimi giorni.
Viene sfruttato anche il fatto che molti dei prigionieri sono rimasti feriti durante l’arresto e si sono ammalati successivamente in carcere e viene utilizzata la strategia delle cure mediche negate per mettere sotto pressione i manifestanti arrestati e questo avviene soprattutto tra che è affetto da patologie croniche e a ai quali spesso vengono negate le medicine necessarie al mantenimento della patologia.
Faraz Haghighatjou, un residente di Shiraz, che è stato catturato durante le proteste di dicembre è riuscito a contattare la propria famiglia, telefonicamente,per chiedere le proprie medicine e vestiti più pesanti ma dopo la telefonata ricevuta la famiglia non è neanche stata in grado di avere le informazioni necessarie per sapere dov’era detenuto il prigioniero.
L’attivista per i diritti civili e umani incarcerato Narges Mohammadi la scorsa settimana ha raccontato dettagli strazianti di ciò di cui è stato testimone all’interno del reparto femminile del carcere di Evin. Ha spiegato che praticamente tutte le 60 detenute hanno subito torture disumane e avvistò donne rimanere senza nessun contatto con le altre detenute da mesi ma anche donne che si trovavano nella condizione di isolamento totale da anni.
Emerge anche un altro rapporto pubblicato da attivisti iraniani, ed emerso ad inizio settimana, che afferma che 16 giovani arrestati a Urumieh a novembre tra i quali diversi minorenni sono stati costretti ad accusarsi a vicenda dopo essere stati torturati e minacciati di stupro. Il gruppo di attivisti ha denunciato inoltre che l’organizzazione di intelligence delle guardie della rivoluzione islamica hanno torturato i ragazzi per farli confessare di essere In contatto con Forze dell’intelligence occidentali.
Quello che è emerso inoltre, e che ormai sembra essere una certezza, è che moltissimi manifestanti sono stati giustiziati dal regime e anche soltanto accusati, per ora, senza crimini realmente commessi ma soltanto con accuse inventate che sono stati costretti a confessare dalla polizia iraniana.
Una donna della città religiosa di Mashhad, nel nord-est dell’Iran, ha detto che lei e altre undici persone sono state spogliate di fronte a ufficiali maschi e poi costrette ad accovacciarsi mentre gli ufficiali “ridevano freneticamente“. Altre donne hanno dichiarato di aver subito soprusi e che gli agenti spesso palpano Le prigioniera sia per metterla in soggezione ma anche per il gusto semplice di farlo e minacciano non soltanto di stuprare loro stesse ma anche i familiari.
Armita Abbasi, una giovane donna di 20 anni, è stata violentata brutalmente dopo essere stata arrestata il 10 ottobre. È stata portata in un ospedale a Karaj il 18 ottobre dalle forze di sicurezza con ferite multiple tra cui emorragia rettale e prove di stupro ripetuto. Secondo quanto riferito le Guardie Rivoluzionarie hanno tentato di fare pressioni sui medici affinché attribuissero le prove del trauma da stupro a un periodo precedente al suo arresto.
Poi sono arrivate le condanne a morte e le esecuzioni che hanno visto purtroppo uccisi in Iran per impiccagione diversi giovani e ha anche il cittadino anglo iraniano Akbari che è stato utilizzato dal regime islamico iraniano come monito delle reali intenzioni del Paese. Ora si teme per la vita di due giovanissimi manifestanti che hanno bruciato l’immagine di comei durante le proteste e ora sembra sia imminente la loro esecuzione.
Le autorità iraniane hanno emesso diverse condanne a morte ma una in particolare ha sollevato l’indignazione internazionale e si tratta di di una donna incinta di origine corda che è stata accusata di aver dato fuoco anima immagine del fondatore della Repubblica islamica dell’iran Ruhollah Khomeini.
Un’azione che ritenuta un affronto verso che ha fondato lo stato iraniano islamico e per questo talmente grave da non valutare il fatto di avere davanti una donna incinta che sostanzialmente non ha fatto azioni deliberatamente violente verso una persona esistente.
La faccenda emerge dall’emittente Panaraba di proprietà Saudita Al Arabiya secondo la quale la donna rischia un’esecuzione davvero imminente. Il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite si è mobilitato per chiedere un’azione urgente in modo da contrastare questa decisione malsana e folle. Nei primi giorni di gennaio la magistratura iraniana ha emesso inoltre una condanna a morte nei confronti di un ragazzo di 18 anni accusato di aver diretto le rivolte nella città di Nushahr.
La nuova condanna del regime in Iran era giunta a pochi giorni da quella emessa contro Mehdi Mohammadi Fard e Mohammad Boroghani, manifestanti di 18 e 19 anni arrestati nel durante le manifestazioni che caratterizzano ormai il Paese da oltre quattro mesi.
Emerge inoltre che il 9 gennaio sono state condannate a morte altre tre persone, in quanto accusate di aver ucciso dei membri delle Guardie Rivoluzionarie e forze di sicurezza durante le proteste portando quindi il numero totale degli individui condannati a morte, per ora noto, ad un totale di 17. Dopo aver visto quattro condanne di giovani poco più che ventenni morti per impiccagione e anche la sconcertante uccisione dell’ex ministro akbari l’attenzione riguardo alle imminenti uccisioni dei condannati a morte altissima e non può di certo essere permessa all’uccisione di una donna incinta e pertanto si stanno muovendo associazioni per i diritti umani e autorità internazionali ma, da parte delle autorità iraniane, riguardo alla vicenda tutto tace.
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