Questa mattina in Iran è stata eseguita la seconda condanna a morte, che ha visto il condannato impiccato sul luogo dove aveva compiuto il crimine. Il tutto è stato attuato pubblicamente per dare un’idea al popolo di ciò che può succedere ai dissidenti. Emerge anche da un’inchiesta di France 24 che le munizioni dell’azienda livornese Cheddite sono arrivate fino alla polizia morale ed è scoppiato il caos in Europa.
La situazione in Iran continua a preoccupare le autorità internazionali, che hanno appreso che la seconda condanna a morte è stata eseguita all’alba. Il manifestante iraniano, che è stato accusato di aver ferito e ucciso due guardie della rivoluzione durante le proteste, ha ricevuta la sua condanna in pubblico nonostante gli appelli ricevuti da rutto il mondo. Nonostante le pressioni della associazioni umanitarie, ma soprattutto dopo gli ammonimenti del nazioni internazionali, il governo di Raisi continua a portare avanti le condanne a morte e stando a ciò che rivelano i media locali la lista si è ulteriormente allungata e le condanne sono state accelerate per essere portate tutte a termine. Amnesty International ha lanciato un grido disperato di aiuto, nel momento in cui è stata effettuata la scorsa settimana la condanna a morte per impiccagione del giovane rapper ventitreenne Shekari, colpevole di aver partecipato alle manifestazioni.
Il popolo iraniano continua imperterrito nella rivoluzione cha ha come scopo quello di donare un futuro sereno e libero alle future generazioni. Non si tratta di un compito semplice, dato che il rischio per i manifestanti è quello di venire arrestati e uccisi. La repressione è molto violenta e, nonostante il mondo intero si sia indignato e unito al grido di aiuto del popolo iraniano, il governo locale continua a portare avanti le proprie azioni. Nonostante timidi cenni di miglioramento, dati appositamente alle nazioni occidentali per poter proseguire in realtà nella propria missione la rworesione continua ad uccidere.
Il governo è deciso a liberare l’Iran da proteste e manifestazioni, che mettono in cattiva luce il governo islamico e non accetta intromissioni da parte delle nazioni europee e degli Stati Uniti che chiedono che questo scempio, che ha portato centinaia di morti giovanissimi, si concluda.
La visibilità che hanno dato i media a questa vicenda è stata essenziale per riuscire a focalizzare l’attenzione delle autorità internazionali, necessaria per cercare almeno di fermare questa tragedia. La morte di Mahsa Amini, avvenuta il 16 settembre, morta per mano della polizia morale a causa delle percosse ricevute per aver indossato male il velo, ha generato dapprima timide manifestazioni, che si sono trasformate poi in proteste, per poi arrivare alle sembianze di una vera e propria rivoluzione.
Hanno mostrato solidarietà al popolo iraniano anche esponenti dello sport e attori iraniani, che hanno voluto portare visibilità ulteriore alla rivoluzione iraniana rischiando personalmente la vita e quella dei propri familiari. Basti pensare soltanto all’atleta Elnaz Rekabi che ha gareggiato nell’arrampicata Seul senza il velo e che, a distanza di tempo, ha ricevuto da poco la propria punizione. Le forze militari iraniane hanno raso al suolo la scorsa settimana la sua abitazione.
Ora si apprende che, anche l’ex calciatore iraniano delle squadre di calcio Rah-Ahan, Tractor e Gol-e Rayhan, Amir Nasr-Azadani, è stato condannato a morte per aver dato solidarietà al popolo iraniano in rivolta e con l’ accusa di offesa all’ isltam. Anche per quanto riguarda la Nazionale di calcio iraniana, che ha gareggiato ai Mondiali in Qatar, si sono sollevate molte domande e i media, così come l’opinione pubblica internazionale, si chiedono se abbiano ricevuto o meno punizioni dopo il rientro In Iran, dato che hanno scelto di non cantare l’inno in una delle partite. Le notizie emerse parlavano soltanto di minacce ai familiaro dei calciatori ma non si hanno notizie ulteriori.
Si stima che siano oltre 18.000 le persone arrestate durante le manifestazioni in Iran e i morti, secondo l’associazione Iran Human Rights, crescono di ora in ora.
Dopo la prima condanna a morte di Shekari, il rapper 23 anni di cui parlavamo prima, il mondo intero si è indignato e ha chiesto ufficialmente di interrompere questa pratica, almeno per quanto riguarda gli arresti di manifestanti, ma l’Iran ha risposto eseguendo questa notte la seconda condanna a morte.
Questa notte le guardie della rivoluzione iraniana hanno eseguito la seconda condanna a morte, che prevedeva l’uccisione di Majidreza Rahnavard e che si è tenuta a Mashhad, luogo dove sarebbe stato compiuto il crimine.
L’agenzia di stampa della magistratura Mizan ha spiegato che: “Rahnavard è stato condannato per ‘muharebeh’ (la ‘guerra contro Dio’) per aver accoltellato a morte due Basiji, Hossein Zeinalzadeh e Danial Rezazadeh, e averne feriti altri quattro a Mashhad, nella provincia di Khorasan Razavi, il 17 novembre, durante la rivolta in atto dal 16 settembre, dopo la morte in custodia di Mahsa Amini, accusata di avere indossato l’hijab in modo improprio”.
L’arresto risale appunto al 17 novembre e l’uomo è stato giustiziato ancor prima che fosse passato un mese dal suo arresto. Questa accelerazione e ostentazione delle uccisioni pubbliche è una chiara dimostrazione che il governo di Raisi vuole dare a tutti coloro che hanno intenzione di scontrarsi con lo stato.
Le morti sono ad oggi oltre 450 di cui ben il 90% è costituito da giovanissimi e i feriti sono ormai impossibili da contare. La nuova strategia delle Guardie Rivoluzionarie e marchiare e ferire in punti specifici i giovani che protestano. Vengono feriti agli occhi e al volto in maniera simbolica e anche spessissimo agli organi genitali, queste informazioni emergono dai medici che sono costretti a curare segretamente questi pazienti, in quanto non dovrebbero prestare loro soccorso.
Nei giorni scorsi le dichiarazioni del governo iraniano avevano acceso un barlume di speranza, dato che è stata annunciata una riforma che prevede l’adeguamento delle leggi di castità e velo che, secondo le autorità, avrebbe semplificato l’nterpretazione delle regole islamiche senza così creare malintesi nelle interpretazioni delle suddette leggi.
Lo scopoo è quello di evitade condanne non dovute e troppo aspre in base al crimine commesso. La notizia dell’ abolizione dell’abolizione della polizia morale ha fatto bene sperare l’Occidente ma la realtà dei fatti è tutt’altra. Lo stesso Raisi ha spiegato che si sarebbe attuata questa modifica e sarebbe cambiata l’applicazione delle leggi ma ha precisato anche che le pene avrebbero addirittura subito una maggior severità in alcuni casi.
Questo perché per Raisi il fondamento del Paese è proprio l’islam con le sue leggi e niente e nessuno potrà sdradicare dall’Iran la cultura islamica che è la base della legislatura governativa.
Emerge anche una questione delicata che coinvolge la storica azienda Cheddite di Livorno che produce armi e munizioni sooratitto da caccia e che ha un’altra sede in Francia. Un’inchiesta portata avanti da France 24 ha svelato che le munizioni prodotte dalle due aziende sono state rivenute in 13 città iraniane e sono state utilizzate dalla polizia morale durante la repressione delle attuali proteste. Le foto pubblicate nell’inchiesta non lasciano spazio a dubbi.
Il commercio di armi verso l’Iran ha delle limitazioni ben precise che sono state imposte dall’Unione Europea con il regolamento 359/2011 del Consiglio dell’Unione Europea emendato nel 2012. Il quale vieta l’esportazione diretta o indiretta in Iran di attrezzatura militare che possa essere utilizzata per fini repressivi. La tipologia di cartucce scoperta a Teheran fa parte della liste di quelle vietate.
Ora rimane da capire se le munizioni sono state date direttamente tramite canali paralleli al governo di Teheran o se sono state vendute ad altri stati e poi rivedute all’Iran.
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