Due persone sono state condannate a morte per impiccagione, perché hanno dato fuoco al Corano.
Non è un caso nuovo che ci siano persone giustiziate nel Paese per aver insultato l’Islam. Il tema è molto sentito e sono state circa 582 le persone giustiziate in Iran lo scorso anno, molte di più rispetto a quelli degli anni precedenti. La notizia di oggi si aggiunge a tante altre analoghe viste in precedenza e sebbene questo modus operandi sia tristemente quasi la normalità, i gruppi di difesa dei diritti umani hanno fatto sentire la propria voce incolpando il governo di estorcere le confessioni in maniera costrittiva.
Il Corano è il libro sacro dell’Islam, contenente le rivelazioni che Maometto affermò essergli state fatte da Dio in persona per bandire la nuova religione e dare nuovo assetto alla società dei fedeli. È scritto in arabo ed è composto da 114 capitoli. È molto di più pero che un libro per pregare e conoscere le basi della propria religione, come potremmo definire la nostra Bibbia.
Il Corano è stato motivo di tante guerre, basate su quello che c’è scritto all’interno, o meglio sull’infrangimento di queste regole. È strano pensare che un Dio sostenga azioni violente pur di difendere un credo, ma questa è proprio la linea portata avanti dagli islamici, che giustificano tutto in questo modo: guerre, atti violenti, impiccagioni.
Proprio di impiccagioni parliamo in questo articolo perché stamattina sono stati condannati a morte e quindi impiccati, due uomini che hanno offeso pubblicamente la religione islamica. E se in Italia avremmo fatto una semplice smorfia di dissenso, in Iran non funziona così e queste azioni vengono punite pesantemente.
A diffondere la notizia è stato il sito della magistratura iraniana Mizan on-line, secondo il quale due uomini di nome Sadrollah Fazeli Zarei e Youssef Mehrdad, sono stati impiccati perché nel 2021 hanno confessato di aver pubblicato sui social insulti alla religione islamica, pubblicando anche un video in cui davano fuoco al testo sacro.
Le associazioni in difesa dei diritti umani sono esplose perché secondo loro, le autorità iraniane estorcono le confessioni con la violenza e senza rispetto. I dati parlano chiaro, solo durante lo scorso anno sono state 582 le persone giustiziate, si tratta di un numero altissimo, molto di più rispetto a quelli degli anni passati e il più alto dal 2015. Nel 2021 ad esempio erano state 333, questo è quanto riportato da un rapporto congiunto delle Ong Iran Human Rights e Togheter Against Death Penalty.
L’Iran è forse uno dei Paesi meno tolleranti al mondo per quanto riguarda il tema religioso, come dicevamo prima infatti chiunque manifesti opposizione a ciò che dice il Corano o compia gesti che comunque vanno contro alle regole, viene ucciso, imprigionato o emarginato.
Ne è un esempio la decisione di poche settimane fa, di vietare la scuola alle ragazze che non portano il velo. Parliamo non di un velo integrale ma dell’Hijab, termine che significa “barriera” ma in realtà identifica un particolare tipo di velo femminile che è considerato il minimo necessario per potersi mostrare in pubblico.
Questo lascia scoperti solo gli occhi delle donne, è in vigore in Iran dalla fondazione della Repubblica islamica nel 1979 ed è indicato anche nel Corano, come un qualcosa che copre le vergogne delle fedeli e le loro parti belle, allontanando gli sguardi degli uomini. Gli unici che possono vederle senza velo sono il marito, il padre, i figli e gli altri uomini del nucleo familiari.
Le proteste e i dibattiti non sono mai mancati di fronte a un argomento delicato come questo, associato non proprio a una forma di espressione culturale e religiosa di un popolo, ma a una costrizione ingiusta. Le prime a rivoltarsi sono proprio le giovani iraniane ma a inizio aprile, una nuova norma ha allontanato dalle scuole le studentesse che non rispettano la legge e rifiutano il velo.
Il governo di Teheran ha ribadito la tolleranza zero ma l’abbiamo vista chiaramente anche con episodi terribili del passato, ricordiamo fra tutti la morte di Mahsa a settembre, picchiata dalle forze dell’ordine per aver lasciato intravedere delle ciocche di capelli dal velo.
Proprio questo ha generato un’ondata di manifestazioni in tutto il Paese e in migliaia sono le giovani ma anche alcuni uomini, che sono scesi in strada contro il governo. Tutto ciò è esploso in violenze inaudite in cui i militari hanno sparato ai civili. Spesso durante tali dimostrazioni le studentesse hanno protestato a testa scoperta e con i capelli sciolti.
Il governo ha risposto in modo subdolo, il passo successivo alla violenza data dai colpi di arma da fuoco in strada su civili indifesi, è stato quello di avvelenare chi si oppone alla legge. A partire da fine novembre infatti sono stati segnalati diversi casi di intossicazione negli istituti scolastici ma le proteste riguardano non solo la scuola. Le donna chiedono di poter essere libere dal velo anche in strada ma il governo non ha intenzione di arretrare su quello che viene considerato come uno dei principi fondamentali sanciti dal Corano.
Così sono stati chiusi negozi e locali dove sono state trovate donne senza velo, poi arrestate. Hanno pagato serie conseguenze anche i locali che durante il mese del Ramadan servivano cibo e acqua nelle ore diurne.
In un contesto simile non è difficile pensare che sì, due persone possono essere impiccate perché non accettano i dettami del libro sacro, che sinceramente appare più come una serie di ordini da eseguire che come una libera religione da professare.
Il credo di un popolo dovrebbe unire e non distruggere, né motivare guerre. Purtroppo però, ed è sotto gli occhi di tutti, i conflitti peggiori dell’umanità sono quelli in cui c’è di mezzo Dio, che paradossalmente dovrebbe invece essere un collante importante e non una giustificazione per ogni azione violenta. Davvero è possibile accettare qualsiasi cosa pur di rispettare i testi sacri?
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