In Iran la situazione sta degenerando sempre più e, nelle ultime ore, è emerso cosa è successo davvero nel carcere di Evin il 15 ottobre. Le autorità iraniane negano che ci sia stata una rivolta, mentre fonti vicine ai manifestanti rivelano uno scenario differente.
Le prime notizie vedevano fiamme che i residenti hanno postato sui media, per questo si è subito immaginato che non si trattasse di un semplice incendio casuale. Già, perché a Evin è detenuta la maggior parte dei carcerati politici, ovvero ritenuti una minaccia per l’Iran: giornalisti, studenti, dissidenti ma anche semplici cittadini che si trovavano in piazza a manifestare. Quando la notizia che stava capitando qualcosa a Evin è arrivata le autorità occidentali hanno temuto per i propri connazionali. Ma cosa è capitato veramente nel carcere iraniano?
L’Iran è in un momento particolarmente violento, dove si sono accavallati eventi che hanno alimentato l’odio verso l’Occidente e si sono andate via via rafforzando le leggi religiose. Il clima che si respira nel paese è ora incandescente.
I troppi soprusi hanno portato la popolazione a una situazione precaria dove la libertà personale non è garantita. La polizia religiosa è dura e impietosa e ha piena libertà di movimento. Non si tratta di supposizioni ma di pura realtà che è emersa dopo la morte della giovane Mahsa Amini, deceduta sotto la custodia della polizia religiosa per aver indossato male il velo.
Dal 16 settembre l’Iran è sceso in piazza per la libertà delle donne e per un futuro che riesca a dare possibilità e speranza. Dopo la morte di Amini, infatti, si sono moltiplicate le proteste e la voce dell’Iran è arrivata in tutto il mondo che si è stretto in una catena di solidarietà notevole.
La repressione delle proteste è violenta su disposizione del governo che crede nelle leggi islamiche e nel farle rispettare con la forza. Sono morte oltre 200 persone durante le proteste che stanno scuotendo l’Iran.
Le forze dell’ordine reprimono le manifestazioni con tutti i mezzi anche sparando sulla folla. Molti giovani stanno perdendo la vita per la causa in cui credono e per provare a cambiare il futuro.
Il portavoce di Amnesty International ha rivelato a Rai News di avere informazioni recenti sull’accaduto a Evin il 15 ottobre. La situazione non è assolutamente come l’hanno descritta le autorità iraniane. Il funzionario ha riferito che tutto è iniziato un’ora e mezza prima dell’incendio, mentre la polizia sostiene che tutto è scaturito proprio da li.
Le fonti ascoltate dal portavoce hanno spiegato che è tutto iniziato con una repressione effettuata anche nel reparto femminile da parte della polizia. Hanno sorpreso i detenuti e la violenza ha scatenato una sommossa che è finita con otto morti e chissà quanti feriti. Le fonti sono parenti dei detenuti, giornalisti e anche altre più vivine alla struttura.
Nel carcere di Evin al momento della rivolta era presente anche Alessia Piperno che però sta bene, come ha riferito la Farnesina.
Una situazione che secondo l’Iran è amplificata dall’odio che l’Occidente ha verso la nazione ma tutte le associazioni più importanti si stanno muovendo insieme alle istituzioni per trovare una soluzione a una repressione che miete morti quotidianamente.
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