La rivoluzione iraniana continua così come la repressione del governo di Raisi, che prosegue nel sedare in maniera decisa e violenta le manifestazioni del popolo che persegue lo scopo di rovesciare il regime autoritario islamico, che da anni opprime il genere femminile ma anche i cittadini, che si vedono privare quotidianamente di diritti primari. Le autorità internazionali hanno spesso condannato, e nell’ultimo periodo sanzionato, le autorità governative islamiche iraniane ed è attualmente al vaglio delle Nazioni Unite la questione che vedrebbe, se portata avanti, l’inserimento delle Guardie della Rivoluzione islamica all’interno dei gruppi terroristici. Emerge la condanna a morte di un cittadino con doppia cittadinanza ovvero il detenuto iraniano tedesco Sharmahd.
Nonostante ciò la furia del governo iraniano non si ferma e si apprende della condanna a morte di un cittadino con doppia cittadinanza ovvero tedesca e iraniana che presto potrebbe perdere la vita e questo ha, ovviamente, sollevato numerose critiche internazionali ma, soprattutto, aspre critiche in quanto sembra l’ennesima dimostrazione da parte del regime iraniano per far emergere il proprio potere e la propria autorità andando a colpire personaggi collegati all’Occidente. La stessa sorte è capitata al politico anglo iraniano Akbari, che è stato condannato a morte e ucciso come monito di ciò di cui è capace il regime iraniano. L’uomo è stato impiccato a causa delle accuse di spionaggio a suo carico che il Regno Unito ha sempre respinto.
Il cittadino iraniano tedesco Jamshid Sharmahd è stato condannato a morte dai magistrati iraniani con accuse legate al terrorismo. L’agenzia di stampa ufficiale della magistratura iraniana ha dichiarato che il sessantasettenne, risiede da anni negli Stati Uniti è stato arrestato nel 2020 ed è stato accusato e condannato per corruzione sulla terra.
Il prigioniero iraniano tedesco è accusato di aver alimentato un gruppo filo monarchico che ha attuato un attentato con esito mortale nel 2008 ma, anche, di aver pianificato attacchi terroristici in Iran per rovesciare il regime.
Le autorità iraniane ritengono che Sharmahd sia il leader di un gruppo stanziato negli Stati Uniti chiamato Tondar, che significa tuono in lingua farsi. Si tratta di un gruppo anti regime che vorrebbe ripristinare la monarchia che è stata rovesciata dopo la rivoluzione islamica del 1979 che ha causato la fuga dell’ultimo scià.
A sostegno della propria tesi il regime iraniano ha diffuso delle clip nel quale il prigioniero parlava e inveiva contro l’establishment iraniano già nel 2010 ma, anche, video più recenti dove lui stesso sembra confessare gli attacchi che la magistratura gli ha imputato. L’accusa più grave al suo carico è quella di aver ideato un attentato nel 2008 che ha colpito una moschea, dove sono state uccise 14 persone e centinaia sono rimaste ferite. Sembra anche che Sharmahd avesse contatti con funzionari statunitensi e israeliani ed è stato condannato anche per queste accuse.
Stando alle informazioni emerse dalle autorità iraniane, riportate da Al Jazeera, sembra che il prigioniero volesse compiere 23 atti terroristici ma soltanto cinque sono andati a segno.
Tra le accuse a suo carico ha anche incendi dolosi, omicidi e informazioni riservate divulgate riguardo il programma missilistico del corpo delle Guardie rivoluzionarie islamiche. Sembra che siano state appurate anche da parte del regime azioni che puntavano a prendere di mira un oleodotto e la fiera del libro. Si parla anche di progetti per schierare armi chimiche in Parlamento.
Viene precisato dall’autorità giudiziaria iraniane che la sentenza può essere impugnata è appellata alla Corte Suprema. La figlia di Sharmahd ha dichiarato di non sapere esattamente dove e come sia stato arrestato il padre, ma ha riferito che lo aveva sentito ed era a Dubai poi è comparso il video di Stato iraniano dove si evinceva che era già sotto custodia delle autorità iraniane.
Va precisato che la famiglia del prigioniero, ora condannato a morte, ha sempre sostenuto la sua innocenza cercando di sollevare la questione a livello mediatico e sua figlia, insieme ad altre quattro familiari di prigionieri europei in carcere in Iran, ha scritto una lettera dove accusava l’Unione Europea di ignorare la situazione dei loro cari.
La reazione delle autorità tedesche non si è fatta attendere e oggi la Germania ha condannato fermamente l’annuncio della condanna a morte del prigioniero iraniano tedesco.
La ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock ha dichiarato in una nota ufficiale: “la condanna a morte per Jamshid Sharmahd è assolutamente inaccettabile” aggiungendo inoltre che che in base alla decisione della Corte seguirà una “forte reazione”.
Ha sottolineato anche che: “Non solo la pena di morte è crudele, disumana e degradante, ma Jamshid Sharmhad non ha mai avuto nulla che si avvicini a un processo equo”.
Tutto questo accade in giorni nei quali la mobilitazione globale per i diritti iraniani e la libertà del popolo si è mossa intensamente e fatta sentire a livello internazionale. Si è tenuta anche una manifestazione a Bruxelles dove veniva richiesto l’intervento delle Nazioni unite per inserire le Guardie della Rivoluzione iraniana all’interno della lista dei terroristi.
Sharmahd è nato a Teheran e si è trasferito in Germania con la famiglia quando ero ancora un bambino. È cresciuto nella bassa Sassonia ed è ufficialmente cittadino tedesco dal 1995, nel 1997 ha fondato una società di software che è diventata la sua principale occupazione. Nel 2003 si è trasferito a Los Angeles con la famiglia.
Si è identificato nella linea di pensiero del gruppo Tondar e ha fornito supporto e materiale utile per la stazione radiofonica e televisiva del gruppo anti regime iraniano. Nel 2007 il sito del gruppo è stato attaccato e così il nome di Sharmahd è venuto alla luce.
Dopodiché ha continuato la sua opposizione al regime fino al momento della sua cattura con le accuse che abbiamo elencato poc’anzi. I prigionieri detenuti in Iran vengono trattati come cittadini iraniani nonostante abbiano la doppia cittadinanza e questo rende molto difficile per le ambasciate riuscire a mediare e a difenderli.
Sempre più spesso prigionieri collegati alle nazioni occidentali vengono utilizzati come pedine politiche, per colpire le Nazioni con le quali il regime iraniano è in contrasto e, nonostante tutta l’attenzione che ruota attorno alle azioni del regime di Raisi, sembra che la linea di condotta rimanga la stessa o addirittura prenda ulteriore slancio nell’attuare provocazioni che però costano la vita a persone reali. Una situazione che pesa molto alla comunità internazionale e alle associazioni per i diritti umani, che continuano a chiedere un’azione concreta contro le autorità in Iran che schiacciano il proprio popolo senza pietà.
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