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Iran, la polizia spara ai manifestanti che commemorano Mahsa Amini

La giovane curda Mahsa Amini ha trovato la morte per aver indossato male il velo, oggi la polizia ha sparato sulla folla che voleva renderle omaggio.

Mahsa Amini – Nanopress.it

Migliaia di persone sono giunte nel cimitero del Kurdistan iraniano dove è sepolta Mahsa.

La morte di Mahsa Amini

Tutto il mondo ormai conosce la storia della giovane ragazza curda in vacanza con la famiglia a Teheran. La ragazza venne arrestata per aver indossato male il suo velo, dal quale uscivano delle ciocche di capelli.

Questa cosa era inaccettabile per le rigide regole del posto e così il 16 settembre venne arrestata e morì in circostanze misteriose. La sua morte scatenò proteste e rivolte in tutto il Paese, da parte di donne che manifestarono per quello che che viene considerato l’assassinio della 22enne.

In realtà poco tempo dopo questa ipotesi iniziale venne smentita perché l’autopsia rivelò che Mahsa aveva un tumore fin dall’età di 8 anni e sarebbe stata questa la causa della morte.

Ma nessuno è convinto di questa versione e tutti sono fortemente convinti che sia morta torturata dalla polizia per aver messo male l’Hijab.

Dopo l’arresto quel 16 settembre, è stata portata in ospedale in stato di incoscienza ed è morta poche ore dopo.

Da quel momento sono scoppiate rivolte ovunque e in merito alla vicenda ha parlato qualche giorno dopo il cugino, Erfan Motezaei.

La testimonianza del cugino

Erfan è il cugino di Mahsa ed è un attivista politico che vive in Iraq. Intervistato dai media circa 10 giorni dopo i fatti, ha parlato della tragedia raccontando i momenti precedenti all’arresto.

Il ragazzo ha riferito che il fratello Ashkan ha cercato di convincere le forze dell’ordine a non arrestare la 22enne dicendo che non conosceva bene le regole in vigore ma non c’è stato nulla da fare.

La polizia ha spruzzato dello spray urticante in faccia al fratello di Mahsa e gli agenti l’hanno caricata nel furgone.

Secondo il parere del cugino, in questo lasso di tempo sarebbe stata torturata e insultata fino all’arrivo alla centrale, dove è svenuta.

“c’è un referto che dice che quando è arrivata in ospedale era già morta dal punto di vista medico per una commozione cerebrale”.

Erfan ha anche dichiarato che la famiglia ha avuto il divieto di diffondere notizie e di parlare della vicenda ma lui non ci sta ed è stato il primo a esporsi per denunciare la violenza subita dalla cugina.

Sebbene i media iraniani siano stati oscurati per evitare la fuga di notizie ma il cugino non ci ha pensato due volte a rilasciare l’intervista perché vuole giustizia per Mahsa così come chiedono i residenti di un Paese ormai troppo spesso vittima di episodi analoghi.

Intanto sono giunti i risultati dell’autopsia effettuata a Teheran, dove si evince che la 22enne sarebbe morta per un tumore.

Nonostante ci fossero evidenti segni di percosse sul corpo della giovane, gli agenti hanno riferito che fosse stata colta da un infarto.

Nel referto si legge che Mahsa è deceduta per insufficienza multiorgano causata da ipossia cerebrale ma non c’è modo di convincere le persone che ancora oggi continuano a protestare.

La polizia spara sulla folla

Arrestata perché troppo indecente, Mahsa è diventata un forte simbolo della libertà delle donne.

Proteste – Nanopress.it

Le rivolte si sono fatte man mano più numerose e così la polizia ha cominciato a usare la violenza per sedarla, sparando su studenti e civili che manifestavano per strada con striscioni riportanti il viso della ragazza.

Dopo di lei è stata uccisa con colpi di arma da fuoco Hadis Najafi e anche Nika Shakarami, il cui cranio è stato fracassato e le cui ossa del corpo erano tutte rotte.

A queste morti violente si aggiunge una notizia di poco fa in merito all’ennesimo ricorso alla violenza da parte della polizia.

In 100mila persone infatti sono giunte nel cimitero dove è sepolta Mahsa per omaggiare dopo 40 giorni la fine del lutto, così come vuole la tradizione iraniana.

Le forze dell’ordine hanno aperto il fuoco sparando sulla folla e utilizzando gas lacrimogeno per disperdere i manifestanti, bloccando anche l’accesso a Internet nella zona per ragioni di sicurezza.

Si tratta di violazione dei diritti umani, così come denuncia l’associazione Hengaw che ha reso nota la notizia.

La morte di Mahsa ha innescato una forte protesta in merito all’uso del velo che sta coinvolgendo non solo le donne.

In realtà diverse sommosse stanno nascendo in diversi punti del Paese per protesta contro la grave crisi economica dovuta alle sanzioni che pesano da quando è uscito dall’accordo sul nucleare nel 2015.

In ogni caso la polizia interviene sparando ad altezza d’uomo e in questa situazione drammatica di certo questo Paese non è attualmente un luogo sicuro per essere visitato.

Abbiamo esempio di questo con l’arresto di Alessia Piperno e con la scomparsa di turisti come lo spagnolo Santiago Sanchez.

 

Claudia Marcotulli

Diplomata in grafica pubblicitaria, amo l'arte, la natura, gli animali, la grafica, la fotografia e la scrittura.

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