In Iran, un tribunale di Teheran ha emanato la prima sentenza di condanna a morte nei confronti di uno dei tantissimi partecipanti alle proteste che si sono svolte in questi ultimi mesi nel paese.
Il sito ufficiale della magistratura iraniana Mizan, ha specificato che questa persona è stata condannata per aver commesso un crimine “contro la sicurezza nazionale”. In particolare il soggetto avrebbe incendiato un istituto governativo.
Inoltre la persona in questione, a quanto pare ha commesso anche uno dei reati più gravi della legge iraniana. Questa consiste nell’aver diffuso corruzione e declino morale.
In Iran, precisamente in un tribunale di Teheran, uno dei milioni di partecipanti alle proteste per la morte di Mahsa Amini, è stato condannato a morte.
La notizia proviene direttamente dal sito ufficiale della magistratura iraniana. A quanto pare la giustificazione data da quest’ultima è che la pena di morte è stata istituita in quanto il soggetto colpevole ha violato alcune norme fondamentali della legge iraniana.
Mettendo inoltre in pericolo la sicurezza della nazione. A quanto pare la persona condannata ha dato fuoco ad un edificio governativo.
Numerose le condanne al carcere per tutte le altre persone che sono state arrestate durante le proteste.
La magistratura ha comunicato di aver condannato circa 750 persone con accuse di vario genere. Tra queste: istigazione all’omicidio, propaganda contro il regime, danni alla proprietà pubblica e lesioni a pubblico ufficiale.
Intanto continuano le proteste in Iran. Numerose le persone che hanno deciso di scendere in strada per protestare contro gli abusi del regime.
Secondo i dati circa 325 persone sono state uccise durante le repressioni delle proteste all’interno del paese, a partire dal mese di settembre.
A renderlo noto è stato IHR, il quale ha affermato che si tratta di un bilancio per difetto, in quanto nel calcolo non si è tenuto conto di un gran numero di decessi denunciati che attualmente stanno nella fase di verifica.
Tra le vittime sono compresi circa 43 bambini e 25 donne. Una situazione preoccupante e assurda, che dovrebbe essere fermata al più presto.
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