Nelle ultime settimane, da quando è stata annunciata la morte di Mahsa Amini, in Iran è successo davvero di tutto. Sono state tantissime le rivolte in tutto il Paese, soprattutto da parte delle minoranze, ma il regime pare essere ancora solidissimo.
La situazione attuale dell’Iran è abbastanza complessa. Quello che è accaduto poche settimane fa – cioè la morte della 22enne Mahsa Amini – pare essere solo la punta dell’iceberg. Il popolo probabilmente non era affatto contento da anni del regime e questa per loro è l’occasione per ribellarsi.
Quello che sta accadendo in Iran è probabilmente il riassunto di anni ed anni di lotte represse, di ribellioni, di oppressione. Ma per capire cosa sta accadendo esattamente in questi giorni, dobbiamo prima comprendere precisamente cos’è accaduto nell’ultimo mese. E probabilmente è stata questa la goccia che ha fatto traboccare un vaso che però era già pienissimo.
13 settembre: una 22enne, Mahsa Amini, viene arrestata con l’accusa di non aver indossato il velo in modo corretto. La Repubblica Islamica impone delle regole rigidissime al riguardo, che la giovane, secondo la polizia morale, non avrebbe seguito alla perfezione.
22 settembre: una giornalista iraniana, Niloufar Hamedi, annuncia la morte di Mahsa. Il motivo? Secondo le autorità infarto, ma secondo la famiglia la 22enne sarebbe stata picchiata così forte da aver avuto un trauma. Dopo quel tristissimo giorno, la foto dei genitori in lacrime nei corridoi dell’ospedale inizia a fare il giro del mondo.
In pochissime ore, quindi, decine di persone – divenute poi centinaia, migliaia – iniziano a ribellarsi e protestare in tutto il Paese e non solo. In tantissime città iniziano a diffondersi manifestazioni, il cui slogan è sempre “Jin, jiyan, azadi”, “donna, vita, libertà”. La richiesta, insomma, è sempre la stessa: che vengano riconosciuti i diritti civili, le libertà politiche e che finalmente possa regnare davvero la democrazia.
Ma probabilmente, come abbiamo anticipato, quella di Mahsa è stata solo la punta dell’iceberg, perché la realtà – mal celata in questi anni – sta emergendo piano piano adesso. Probabilmente il bersaglio dei cittadini, ormai esausti, è molto più ampio: è tutto il regime teocratico che governa il Paese. Come riporta il Post, infatti, c’è in realtà un altro slogan diffuso soprattutto tra i giovani: “Morte al dittatore”, chiaro riferimento ovviamente ad Ali Khamenei, l’attuale Guida Suprema dell’Iran.
Il regime però non molla. Addirittura il governo, pensando di poter in qualche modo evitare che le immagini delle proteste potessero fare il giro del mondo, ha bloccato Whatsapp, Instagram, Signal, Linkedin e ha isolato la connessione a internet nazionale. Questo però non è bastato: la popolazione è riuscita ad arrivare al di là di ogni censura, anche con l’aiuto dello user generated content (ugc).
C’è da aggiungere inoltre che le rivolte popolari non sono affatto nuove in Iran. Già dal 2009, anno della rielezione del presidente Mahmoud Ahmadinejad, le proteste furono tantissime, solo che allora furono represse sostanzialmente. Esattamente 10 anni dopo, nel 2019 quindi, l’aumento del prezzo del carburante – che oggi conosciamo benissimo tutti – diede il via ad un’altra serie di rivolte. Entrambe però, come anche altre nel corso degli anni, furono stoppate dalla polizia.
Probabilmente proprio il fatto che il clima nel Paese sia sempre stato teso, che la situazione economica non sia affatto idilliaca, che la rabbia nei cittadini da allora ha sempre continuato a crescere incessantemente, ha fatto sì che oggi l’Iran si trovi in questa situazione turbolenta.
Ci sono inoltre delle differenze abbastanza tangibili rispetto alle rivolte passate, come hanno cercato di evidenziare gli esperti. Da un lato, le attuali manifestazioni non sembrano essere un pericolo concreto per il regime, rimasto sempre solido. Dall’altro, però, il popolo sembra essere molto più audace rispetto al passato. E questo probabilmente è proprio il risultato di anni di repressione.
Inoltre oggi giocano un ruolo da protagoniste le donne. Dalle proteste in piazza in cui hanno bruciato il velo, al taglio dei capelli, sembrano ormai non voler più sottostare alle rigide regole imposte dal regime. E questo fa strano considerando che il Paese tende a reprimere qualsiasi segno di dissenso.
Come ha spiegato Giuseppe Acconcia, giornalista e docente di Sociologia politica all’Università di Padova a FanPage, il fatto è che oggi i cittadini iraniani vogliono un cambiamento. Vorrebbero poter dire addio al velo, avere maggiore libertà, rendere meno stringenti i poteri della guida suprema.
Lo stesso Acconcia ha infatti affermato: “Il popolo iraniano è giovanissimo e vuole un cambiamento radicale nel proprio Paese: le proteste in Iran sono potentissime e possono avere degli effetti significativi sull’establishment politico”.
Il dato significativo a cui si deve prestare attenzione è che oggi a ribellarsi sono proprio le minoranze curde e i movimenti femministi. I primi sono chiaramente considerati cittadini di serie B e probabilmente proprio alla luce di ciò subiscono maggiormente le imposizioni da parte della repubblica islamica. I secondi, a loro volta, stanno tentando di far sentire la loro voce e cercano di mettere in discussione l’azione della polizia morale.
Qualche esempio di rivolte femminili? Una ragazza, in seguito a quanto accaduto a Mahsa Amin, si è tagliata i capelli durante una manifestazione a piazza Azadi a Kerman, una delle zone più conservatrici di tutto il Paese. Altre donne, invece, hanno affrontato – rigorosamente a capelli scoperti – i cannoni ad acqua della polizia a Teheran, intonando canti contro le autorità. E ancora, altre a Sari – nel Nord dell’Iran – hanno fatto un falò di hijab. Questi sono solo alcuni degli esempi di rivolte in tutto il Paese, sia chiaro.
La domanda che sorge spontanea è questa: cosa accadrà in futuro nel Paese? Molto probabilmente, seguendo anche le parole di Acconcia, non cambierà nulla, soprattutto alla luce del fatto che, dal ’79 gli ayatollah hanno mantenuto il loro potere.
L’unica opzione contemplata è che ci possa essere una riforma: ci potrebbero ad esempio essere una riduzione delle imposizioni, uno stop nell’obbligatorietà del velo, una restrizione dei poteri della guida suprema. Tutte ipotesi però ovviamente, almeno per adesso. Staremo a vedere cosa accadrà.
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