Iran, morte Mahsa Amini: non si placano le proteste | Almeno 50 vittime

Una protesta portata avanti per sottolineare ancora una volta l’ingiustizia subita da una donna iraniana, Mahsa Amini. Una manifestazione che per il momento vede già 50 vittime.

Proteste per la morte di Amini
Proteste per la morte di Amini- Nanopress.it

Una vicenda ebbe inizio il 14 settembre, ossia nel momento in cui Mahsa Amini fu arrestata per non avere indossato nel modo sbagliato il velo. La ragazza fu prima chiusa in commissariato e poi portata in ospedale in coma, luogo in cui è morta.

I morti durante la manifestazione

Un bilancio abbastanza preoccupante è quello di 50 vittime le quali hanno trovato la morte proprio durante la repressione delle proteste che in questi giorni stanno avendo luogo in Iran.

Si tratta di manifestazioni avute luogo a seguito della morte della 22enne deceduta nel momento in cui era sotto custodia della polizia morale.

Mahsa Amini era stata arrestata con l’accusa di avere indossato in malo modo lo hijab.

E’ questo ciò che ha condiviso l’Ong Iran Human Rights la cui sede è nella città di Oslo. Il bilancio ufficiale divulgato dalla TV di Stato di Teheran ha parlato, nelle ore precedenti, di 26 morti compresi tra poliziotti e manifestanti, dei numeri che sono raddoppiati nell’arco di una giornata.

In manette importanti giornalisti e attivisti

Le forze di sicurezza in Iran in questo momento sono abbastanza impegnate. Nelle ultime ore hanno arrestato anche uno degli attivisti più importanti della società iraniana, Majid Tavakoli insieme alla giornalista Niloofar Hamedi.

Quest’ultima è stata molto importante per mettere al corrente tutto il mondo di ciò che era accaduto alla 22enne Mahsa Amini, la cui vita è terminata per sempre tra le mani della polizia morale.

Gli arresti continuano ad aumentare man mano che le proteste per Amini si fanno sempre più intense.

Mahsa Amini morta a 22 anni
Mahsa Amini morta a 22 anni- Nanopress.it

In molti sono quei coloro che sono scesi nelle strade per protestare contro la morte della ragazza avvenuta il 16 settembre, dopo tre giorni che era stata arrestata con l’accusa di non aver indossato in modo corretto il velo, un capo obbligatorio per tutte le donne che vivono in Iran.

Le autorità sono impegnate nel reprimere con ogni mezzo le manifestazioni. In base a ciò che condividono le organizzazioni per i diritti umani, si parla di un bilancio di 50 persone rimaste uccise fino ad ora.

Dei numeri davvero allucinanti si pensa al fatto che la polizia, in alcuni casi, sta utilizzando anche dei proiettili veri per sedare la folla.

Numerosi i sostenitori del governo scesi in piazza

In tutto l’iran si contano migliaia di persone scese tra le strade per portare avanti una manifestazione a favore dell’obbligo del velo islamico, delle manifestazioni fortemente volute dal governo.

Lo scopo è quello di dare meno peso alle numerose manifestazioni avute luogo a seguito della morte di Amini. Le numerose proteste anti governative, iniziate sabato 17 settembre, da 6 giorni ormai vengono represse dalle autorità che hanno scelto di utilizzare le maniere forti.

Durante la giornata del 23 settembre, migliaia sono state le persone scese in piazza per sostenere il codice di abbigliamento conservatore che si deve eseguire a Teheran.

L’agenzia Mehr ha scritto che durante le scorse ore si è tenuta una grande manifestazione che ha voluto condannare i “cospiratori e gli atti blasfemi contro la religione“.

Proteste per la morte di Amini (1)
Proteste per la morte di Amini (1)

I manifestanti a favore del governo urlavano a gran voce “Sostenere la fine del velo è fare politica alla maniera degli americani“, una protesta in cui non mancavano dei cartelli di ringraziamento indirizzati alle forze di sicurezza.

In questi scritti si volevano condannare tutte quelle donne che, sia in piazza che sui social, hanno mostrato delle immagini in cui bruciavano l’hijab come segno di protesta.

Le immagini della manifestazione favorevoli all’utilizzo del velo sono state trasmesse sia in TV che sui social mentre, per evitare che il malcontento potesse diffondersi sempre di più, l’accesso ad internet è stato limitato da parte delle autorità.

Infatti si è scelto di bloccare l’accesso a numerosi social media tra cui WhatsApp e Instagram durante la serata di mercoledì così da rispondere alle “azioni compiute attraverso questi social network da controrivoluzionari contro la sicurezza nazionale”

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