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Iran, nuove condanne a morte e 26 anni di carcere al calciatore Azadani: proteste fuori dai penitenziari

La situazione in Iran non accenna a migliorare e si apprende che sono state emanate tre nuove condanne a morte a discapito di tre manifestanti che hanno preso parte alle proteste. Il calciatore Azdani che inizialmente era stato condannato a morte ha scampato l’impiccagione ma la sua condanna parla di 26 anni di carcere.

Manifestazioni in Iran contro il regime islamico – Nanopress.it

La rivoluzione iraniana continua ma con lei anche la repressione governativa, che diventa sempre più spietata. Il governo di Raisi appoggiato fermamente dalla guida Suprema dell’Iran Khamenei chiedono alle autorità di polizia di adottare una linea dura per sedare i dissidenti e placare i tumulti. Nelle più grandi città del mondo, intanto, migliaia di persone hanno manifestato in solidarietà del popolo iraniano appoggiando la richiesta di diritti femminili e parità di genere.

Nonostante l’Occidente abbia chiesto più volte di fermare le esecuzioni, che ad ora sono quattro, continuano a essere emanate sentenze di morte. Per questo si stanno facendo più insistenti le proteste davanti ai carceri dove sono ormai imprigionati quasi 19.000 manifestanti. I morti secondo Iran Human Rights sono arrivati a 517.

Iran, arrivano nuove condanne a morte e il carcere per Azadani

Il popolo iraniano sta manifestando il proprio dissenso contro il governo Raisi e contro il regime islamico, che priva di personalità e diritti dal 16 settembre. Giorno in cui è morta Mahsa Amini, 22enne picchiata per aver indossato male il velo mentre era in custodia dalla polizia morale. La scintilla che ha scatenato la popolazione e, soprattutto le donne, inzialmente che non possono più tollerare abusi e soprusi.

Più la protesta si trasformava in vera rivoluzione e più il governo ha deciso di manifestare la propria posizione e potenza decisionale adottando una repressione violenta e crudele. Oltre a ferire i manifestanti sparando ad altezza uomo sulla folla è diventata prassi, per le guardie della rivoluzione, colpire i giovani in punti simbolici come punizione e le zone prese di mira sono gli occhi e il volto ma sopratutto i organi genitali. La paura aleggia anche tra i medici che vanno poi a curare le ferite, dato che il regime non è d’accordo e ha chiaramente manifestato la sua posizione uccidendo la dottoressa 36enne che curava i manifestanti.

Si tratta di apposite azioni che hanno come scopo infondere paura per placare la rivolta iraniana in atto. Le autorità hanno introdotto la pena di morte anche per alcuni manifestanti e quattro esecuzioni sono già state eseguite. Due 23enni e due 20enni hanno perso la vita e sembra che la lunga lista del boia ora si sia allungata ulteriormente.

Nonostante gli appelli di associazioni per i diritti umani ma anche delle istituzioni internazionali non si ferma la crudeltà. L’obbiettivo è tornare ad avere il popolo sotto controllo e non è previsto nessun miglioramento nelle condizioni di vita delle donne. Il profondo attaccamento del governo di Raisi alle leggi islamiche e il voler seguire minuziosamente la Sharia e le leggi di velo e castità è un modo per tenere sotto controllo le donne, infondendo dolore e paura.

La polizia morale ha avuto pieno potere dal capo di stato già prima della rivoluzione che scuote il Paese ora. Per le donne avere un’opinione o esprimere il proprio pensiero è impossibile e l’uguaglianza di genere non è contemplata in un regime islamico autoritario che è simile a un patriarcato. La guida Suprema dell’Iran Khamenei ha chiesto alle guardie della rivoluzione più azione e di sedare i rivoltosi con tutti i mezzi. Raisi la pensa come lui e ha più volte ribadito che le intromissioni internazionali in una vicenda interna all’Iran non sono ben viste. Ma anzi ha precisato che sono proprio le nazioni occidentali ad alimentare l’odio dei cittadini e una campagna diffamatoria studiata appositamente sta gettando fango sul governo iraniano.

Tre manifestanti sono stati condannati a morte per la presunta uccisione di membri delle forze di sicurezza ad Isfahan, durante le proteste in corso da quasi 4 mesi in Iran.

L’ agenzia Irna riporta che le accuse a loro carico erano di “attacco terroristico armato” e di avere ucciso con armi da fuoco tre membri delle forze dell’ordine. Sono stati condannati alla pena di morte per ‘inimicizia contro Dio’ per avere “minato la sicurezza del Paese” contestando loro, inoltre, anche di aver organizzato un gruppo armato rivoltoso.

Il calciatore Azadani invece, arrestato a novembre e inzialmente condannato a morte, è riuscito a scampare al boia ma ha ricevuto una condanna a 26 anni di reclusione. Essere incarcerati Iran vuol dire subire torture continue e stupri ma anche vivere costantemente derisi e oppressi. Si tratta di realtà quotidiana con la quale il popolo iraniano deve convivere e cercare di sopravvivere ma, nonostante la paura per se e di ritorsioni familiari, la resilienza di un popolo che pretende di avere diritti e di non essere schiacciato ulteriormente è qualcosa di straordinario.

Proteste fuori dalle carceri e la reazione di Taremi

In Iran numerosi gruppi di persone si sono radunate davanti alla prigione di Rajaeishahr, nella cittadina di Karaj, dopo le notizie della probabile esecuzione di due giovani, condannati a morte per aver preso parte alle proteste in corso in Iran. In un video condiviso sul web emergono slogan come “ogni manifestante che viene ucciso, migliaia lo sostituiranno” e “la nostra patria non sarà salvata, a meno che i mullah non muoiano”. Il video si conclude con chiari colpi di armi da fuoco.

Il noto calciatore della nazionale dell’Iran Mehdi Taremi ha deciso di condividere la sua opinione dopo le ultime due condanne. Su Twitter ha scritto:Basta, la giustizia non si fa con il cappio. Quale società troverà pace con spargimento quotidiano di sangue ed esecuzioni?”.

Ha continuato spiegando anche:abbiamo tanti criminali in carcere, il cui processo dura diversi anni. Ma poiché questi giovani oppressi provengono da famiglie deboli, li giustizierete per tre capi d’accusa? Quando è troppo è troppo”. Presa di posizione che ha messo in allarme tifosi e autorità per la possibile contromossa del governo di Raisi.

Khamenei e il capo della polizia Radan – Nanopress.it

Nelle prigioni sono in atto numerosi scioperi della fame che hanno coinvolto sia uomini che donne ai quali si sono aggiunti anche gli studenti universitari. Si è aggiunta inoltre la solidarietà di 80 città internazionali che hanno riempito le piazze con manifestazioni che inneggiano ai diritti femminili e alla fine del regime oppressivo del governo iraniano.

 

 

 

Letizia De Rosa

Mi chiamo Letizia De Rosa, ho 35 anni e per molto tempo ho lavorato nell'ambito della mediazione finanziaria e immobiliare. Amo la natura e il suo potere rigenerante. Sono curiosa e ho, da sempre, fame di conoscenza e proprio per questo approfondisco minuziosamente ogni argomento negli ambiti più disparati. Imparare e conoscere è un punto focale della mia vita e ho sfruttato, così, un momento di difficoltà personale per dare finalmente un ruolo concerto alla mia più grande passione ovvero la scrittura, creando un connubio perfetto tra la penna e tematiche che mi appassionano come la geopolitica e i rapporti internazionali e diplomatici. Questo mi ha permesso, con grande orgoglio e dopo aver acquisito anni di esperienza, di occuparmi su Nanopress.it proprio di ciò che amo di più ovvero di news e dinamiche estere, comprese le relazioni tra Stati.

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