L’Iran sta vivendo un momento complicato ma segnato da una rivoluzione che mostra la volontà e la forza di un popolo che non vuole rinunciare alla libertà e ai diritti umani. Sono state emanate nuove condanne a morte che un giornale locale ha deciso di pubblicare, mostrando la lista con i nomi.
L’Iran negli ultimi giorni sta assistendo a un repentino peggioramento della repressione che, nonostante le notizie di un adeguamento dell’applicazione delle leggi della Sharia, sta emanando nuove condanne a morte. La prima è stata eseguita per mano delle guardie rivoluzionarie l’8 dicembre all’alba e a morire per impiccagione è stato il ventitreenne Shekari.
Il mondo intero si è indignato per questa scelta fatta dal governo di Raisi che, nonostante gli ammonimenti occidentali pervenuti tramite le autorità internazionali hanno deciso di perseverare nel portare avanti l’attuazione e l’applicazione delle leggi islamiche con il solito regime duro ed autoritario. Si tratta di nuove condanne a morte tra le quali fa parte anche Fahimeh Karimi ovvero la compagna di cella che è stata accanto ad Alessia Piperno durante la sua prigionia al carcere di Evin a Teheran. Le notizie dei giorni scorsi avevano fatto sperare in un possibile rallentamento della repressione, causata dall’attenzione mediatica che si è andata a creare intorno alla rivoluzione iraniana, e che ha così messo pressione su Raisi e sui suoi alleati.
Per cercare di contenere la polemica internazionale le autorità iraniane hanno annunciato un adeguamento in merito all’applicazione delle leggi islamiche pur precisando che, non verrà fatta nessuna marcia indietro sul fatto di avere l’islam come principio fondamentale dello Stato e le sue leggi sono parte della cultura tradizionale e rimarranno sacre ed inviolabili.
Il giornale iraniano Etemad ha rivelato ai lettori e così all’attenzione di tutto il mondo la lista aggiornata delle condanne a morte che il governo iraniano ha deciso di attuare come pena per 2l4 manifesltanti che hanno partecipato alle proteste. Per capire bene la situazione attuale bisogna partire dal principio ovvero dal 16 settembre giorno nel quale Mahsa Amini ha perso la vita a seguito delle percosse ricevute dalla polizia morale che l’avevano arrestata con l’accusa di aver indossato male lo hijab.
Quel giorno è stato il punto di partenza che ha fatto esplodere il popolo, già messo alle strette da molti anni da un regime autoritario islamico fondamentalista che non lascia spazio a libertà personali e si macchia quotidianamente di soprusi contro il genere femminile. Le proteste hanno, già dagli esordi, un cambiamento sostanziale ovvero in piazza sono scesi anche gli uomini che hanno protestato e protestano tuttora per un futuro migliore per le proprie amiche, madri e sorelle.
La repressione a queste proteste da parte del governo è stata violenta e sanguinaria gli arresti si stimano secondo la ong Iran Human Rights in circa 18.000, molti dei quali semplicemente hanno preso parte alle proteste contro il governo ma anche chiunque venga ritenuto dissidente dello Stato può essere incarcerato e addirittura condannato a morte. Nonostante i timidi progressi apparenti, che sembravano essere realtà dopo le dichiarazioni rilasciate dal governo di Teheran, negli ultimi giorni si apprende invece che stanno procedendo con nuove condanne a morte e lo stesso giornale, che pubblica la lista dei nomi, chiede alla magistratura che questo scempio venga fermato.
Processi farsa secondo e media internazionali e associazioni umanitarie sono serviti a emanare queste condanne a morte, che servono come monito per i manifestanti e vengono utilizzate dal governo come arma. Proprio due giorni fa e stato impiccato il primo condannato a morte ovvero il ventitreenne Mohsen Shekari con l’accusa di inimicizia verso lo Stato e di aver bloccato durante le prime proteste a seguito della morte di Amini la strada è aver intralciato le guardie rivoluzionarie.
Una condanna che è stata eseguita perché si tratta di un personaggio noto e di fama nazionale dato che ormai la sua storia era circolata da settimane sul web il governo iraniano non ha mostrato pieta per il giovane e secondo le associazioni umanitarie se non si effettua un cambio repentino dell’approccio che le autorità internazionali stanno portando avanti si rischia che questa sia la prima di tante altre esecuzioni. Ieri anche le istituzioni di diversi stati hanno dichiarato il proprio sdegno in merito alla violenta a repressione e alla condanna a morte del ventitreenne. In primis il nostro ministro degli Esteri Tajani ha condannato duramente l’impiccagione del giovane manifestante e ha precisato che sono necessarie misure atte a contenere la furia del governo di Raisi.
Non è stato il solo a esporsi, dato che sono arrivati dalle nazioni europee, numerosi messaggi di cordoglio verso la famiglia del ragazzo che ha appreso dell’impiccagione eseguita del proprio figlio fuori dal penitenziario dove si erano stabiliti per avere aggiornamenti.
L’associazione Amnesty International che si occupa di diritti umani e di preservare le condizioni delle popolazioni più in difficoltà a livello globale, ha preso parola per condannare duramente e nuovamente le azioni di Raisi e del governo iraniano. L’Iran sta vivendo a causa della propria rivoluzione un momento tragico, che vede condannato a morte nuove persone e potrebbe essere, nel prossimo futuro, che le impiccagioni siano all’ordine del giorno. Questo per dimostrare alla superiorità dello Stato per infondere un sentimento di paura nel popolo.
L’associazione umanitaria ha proposto una petizione che è possibile firmare per tentare di fermare globalmente la repressione in Iran e le esecuzioni previste. Hanno scritto: “Le autorità iraniane usano la pena di morte come mezzo di repressione politica per instillare la paura tra i manifestanti e mettere fine alle proteste. Almeno sei persone sono già state condannate a morte in processi-farsa”.
Precisando che: “le 28 persone sono state sottoposte a processi iniqui: sono stati negati i loro diritti a essere difesi da un avvocato di propria scelta, alla presunzione di innocenza, a rimanere in silenzio non rispondendo alle domande e ad avere un processo giusto e pubblico. Secondo fonti ben informate, numerosi imputati sono stati torturati e le loro confessioni, estorte con la tortura, sono state usate come prove nel corso dei processi. Le TV di stato hanno mandato in onda le ”confessioni” forzate di almeno nove imputati, prima dei loro processi. I tre minorenni sono sotto processo in tribunali per adulti, in violazione della Convenzione dei diritti dell’infanzia, che l’Iran ha ratificato.”
Il titolare della Farnesina ha spiegato come, nonostante l’indignazione, tentasse a volte di prendere il sopravvento sono state attuate negoziati per cercare di far ragionare le autorità iraniane senza adoperare metodi coercitivi ma utilizzando soltanto per ora sanzioni che non hanno però ricevuto l’esito sperato. L’uomo ha poi precisato che : “ma poi c’è questa data, l’8 dicembre, un punto di non ritorno. Il giorno più nero, in cui si è passati a quello che l’Italia condanna da sempre, con forza, in tutto Il mondo. L’esecuzione della prima condanna a morte, quella che ha tolto la vita a Mohsen Shekari, che ha pagato con la vita Il tentativo di esercitare Il suo diritto al dissenso”.
Il ministro Tajani ha poi ricordato anche la ex compagna di cella Piperno e ha dichiarato: “Questa donna non può scomparire nel nulla. Anche Il suo caso, impone al nostro Governo una riflessione ancora più approfondita sulle prossime scelte da compiere nei confronti di Teheran.”
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