In Iran oggi si è festeggiato per la liberazione di Sonia Sharifi ovvero la 17enne prelevata da casa della nonna e portata in carcere, dove stava rischiando l’impiccagione. La folla ha gioito per il suo rilascio, avvenuto su cauzione, tra applausi ed entusiasmo.
Purtroppo però emerge anche contestualmente un grande problema e si tratta di quello delle confessioni estorte ai prigionieri. Sharifi è una delle tante giovani costrette a confessare crimini dopo essere state convinte a forza di botte e minacce. La sua storia, però, ha avuto un esito differente e la felicità del popolo nell’accoglierla rivela quando sia sentita questa questa rivoluzione iraniana.
Dopo la morte di Mahsa Amini, avvenuta il 16 settembre, giorno in cui è stata arrestata per aver indossato male il velo, causata dalla polizia morale per le numerose percorse ricevute, l’Iran e sceso in strada e non ha intenzione di fare marcia indietro.
Si tratta di un momento davvero rivoluzionario in Iran e le proteste entrano oggi nel quarto mese e, di cose, ne sono successe parecchie. Le proteste e la repressione più dura mai attuata negli ultimi tempi stanno attraversando da nord a sud il Paese ma il popolo iraniano, nonostante il pericolo, le minacce e i soprusi subito non si ferma.
La scintilla che ha scoperchiato il vaso di Pandora In Iran, é stata la morte della ventiduenne Mahsa Amini, che ha perso la vita a causa delle numerose percosse ricevute, per mano della polizia morale, dopo essere stata accusata di aver indossato male lo hijab. La morte dell’adolescente ha fatto traboccare il vaso e il popolo iraniano ha deciso, per la prima volta uomini e donne insieme, di protestare contro i soprusi nei confronti delle donne e perché le donne abbiano diritti e libertà personale. Le prime proteste sono scaturite a Teheran ma, nel giro di pochissimi giorni, hanno riempito completamente il territorio iraniano.
Non è tardata però ad arrivare la repressione del governo iraniano, che ha deciso di dare massima libertà di movimento nelle punizioni contro i dissidenti alla polizia morale. La stessa polizia morale per la quale i manifestanti rischiano linciaggi e ritorsioni familiari in piazza. Dall’inizio delle proteste sono circa 18.200 gli arresti effettuati e le persone uccise mentre manifestavano sono circa 485, ma il conteggio aumenta di giorno in giorno.
Una situazione che ha fatto rabbrividire le autorità occidentali, che hanno provato a far ragionare il governo iraniano, ma senza successo. Va precisato che la responsabilità delle proteste e della successiva rivoluzione, vengono attribuite soprattutto a Stati Uniti e alle nazioni occidentali. A nulla sono serviti gli ammonimenti internazionali ma anzi dopo il caos mediatico Raisi ha deciso di fare una votazione parlamentare e il governo ha deciso di introdurre addirittura la pena di morte per alcuni manifestanti, nonostante non corrisponda alla punizione prevista dalle leggi islamiche. Le suddette leggi racchiuse nella Sharia contengono, al loro interno, obblighi e divieti inerenti l’abbigliamento e il comportamento femminile.
Per il capo di stato Raisi si tratta di leggi fondamentali, che non potranno mai essere estirpate in quando fondamento della Repubblica islamica Iraniana. L’islam è strettamente collegato alla legislazione iraniana e ne è il fondamento principale.
Dopo l’attenzione mediatica che hanno attirato personaggi di spicco internazionali ma, soprattutto, volto televisivi e sportivi iraniani, Raisi sembrava disposto a rivedere e a riformare le leggi e la cosa ha fatto sperare in un miglioramento. Ma la realtà mostra tutt’altro.
Le autorità governative hanno spiegato che la polizia morale non fermerà più il popolo per strada e non contesterà pubblicamente Le infrazioni ma verrà inviato un SMS direttamente a chi ha infranto i divieti. Hanno precisato anche che sarà possibile ottenere delle ammonizioni che comprenderanno anche sanzioni pecuniarie. Le guardie della rivoluzione precisano inoltre che, nonostante saranno riformate le leggi in maniera da evitare che vengano male interpretate, ciò non vuol dire che verranno ridotte ma bensì alcune punizioni saranno addirittura più severe.
Per convincere il popolo ad arrestarsi Raisi ha introdotto la pena di morte in maniera da spaventare e indurre al ritiro i manifestanti. Due 23enni sono stati giustiziati e la loro morte ha sollevato l’indignazione internazionale.
Le nazioni europee come ad esempio La Germania, ma anche l’Italia stessa, hanno preso a carico a livello politico alcuni dei condannati a morte per evitare l’esecuzione. In mezzo allo sdegno generale emerge oggi però una buona notizia ed è quella che riguarda la 17enne arrestata e incarcerata a novembre che ha potuto fare oggi ritorno a casa.
Sonia Sharifi è stata arrestata in Iran il 19 novembre con l’accusa di ‘inimicizia contro Dio’ e portata al carcere di Ilam, dove era seriamente a rischio impiccagione. È stata arrestata nel corso delle proteste e portata al penitenziario minorile del Paese e poi di lei non erano più arrivate notizie.
La 17enne è stata ammenettata a casa della nonna, che non ha più saputo nulla fino ad oggi, quando ha potuto riabbracciare la nipote sana e salva. La giovane manifestante è stata accolta con entusiasmo da una folla di cittadini che sono accorsi a darle il bentornata a casa. Durante la sua detenzione secondo la Kurdistan human rights Watch network ha rivelato che Sharifi è stata costretta ad una confessione forzata, che la vedeva coinvolta nella produzione di molotov durante le proteste. Non le è stato permesso di servirsi di un avvocato difensore e, come lei, anche moltissimi altri prigionieri.
Le confessioni estorte stanno divenendo un grande problema che è spesso denunciato delle associazioni per i diritti umani. I prigionieri vengono pestati con crudeltà e violenza per confessare un reato non commesso, che possa così giustificare la loro detenzione e le punizioni assegnate tra cui è compresa l’esecuzione pubblica.
Anche il giovane 23enne Majidreza Rahnavard, ucciso pubblicamente giovedì scorso, è stato costretto ad una confessione dove riferiva di aver ferito delle guardie della rivoluzione. Ma è emerso da fonti locali che prima della confessione è tornato devastato dalle botte in cella. Ha voluto lasciare un testamento dove ha chiesto qualcosa di specifico, alla famiglia e amici, riguardo al suo funerale: “voglio che si festeggi e che si suoni musica allegra” ma ha specificato anche che non voleva che fosse letto il Corano.
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